Il Sole 24 Ore

Legumi, vendite in crescita nonostante l’aumento dei prezzi

Listini lievitati del 30% in tre anni, ma nei supermerca­ti sono state acquistate 501 milioni di confezioni per una spesa di 723 milioni (+ 9,6%). Pesano sul settore aumenti dei costi e crisi di Suez

- Manuela Soressi

Non solo gli angeli mangiano fagioli ( come dice il titolo di un popolare film) ma anche gli italiani. E tanto rispetto agli altri paesi europei, come per tutti i legumi in genere: 9,2 kg annui pro capite, rileva Ismea, contro i 3,4 kg degli spagnoli e i 2,5 kg dei francesi. Oltretutto da qualche tempo i consumi hanno ripreso ad aumentare (+ 33% sul 2016), invertendo il calo iniziato negli anni ’ 70.

« La riscoperta dei legumi è guidata dalla passione per la cucina tradiziona­le e dall’interesse per piatti più moderni, come l’hummus o le poke » , dichiara Laura Bettazzoli, direttrice marketing di Bonduelle Italia, per cui i legumi valgono il 20% del giro d’affari ( 50% nelle conserve) e rappresent­ano un asset importante nel percorso verso un’alimentazi­one più sostenibil­e e adeguata ai nuovi stili di consumo, come il flexitaria­nesimo.

Su questi aspetti ceci, lenticchie, fagioli e piselli sono promossi a pieni voti e sono campioni anche di sostenibil­ità economica, perché sono poco costosi: il prezzo medio in Gdo è di 2,86 euro/ kg ( fonte NielsenIQ). Anche per questo, nonostante un 30% circa di aumento nell’ultimo triennio, gli acquisti non ne hanno risentito, dimostrand­o una bassa elasticità della domanda al prezzo. Nell’anno finito a febbraio 2024 nella Gdo ne sono stati venduti 501 milioni di confezioni per un giro d’affari superiore a 722,6 milioni (+ 9,6% annuo).

I legumi sono molto diffusi, visto che il 74% delle famiglie li compra e mangia due volte a settimana quelli secchi ( fonte SG Marketing), ma iniziano solo ora a perdere l’immagine di prodotto umile e povero, anche a causa del loro prezzo basso, in particolar­e nelle private label. È il paradosso dei legumi, in particolar­e di quelli in scatola, i protagonis­ti del settore con il 74% dei volumi venduti nella Gdo, ben distanti dai surgelati ( 18,9%) e dai freschi ( 7,1%), come rileva NielsenIQ. « In effetti i legumi sono la Cenerentol­a delle conserve italiane - ammette Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav, l’associazio­ne nazionale dei produttori di conserve vegetali – anche perché scontano il ruolo ‘ ingombrant­e’ delle conserve di pomodoro, di cui siamo i numeri uno al mondo e che generano un fatturato cinque volte maggiore rispetto agli 1,1 miliardi raggiunti dai legumi in scatola nel 2023 » .

Così come accade per le conserve di pomodoro, all’estero ci viene riconosciu­ta un’expertise storica anche nella trasformaz­ione dei legumi. Difatti importiamo grandi quantitati­vi di legumi secchi ( in particolar­e fino al 90% dei fagioli, come i borlotti che arrivano dal Sudamerica o dall’Egitto), li reidratiam­o, lavoriamo, confezioni­amo e rivendiamo in tutto il mondo, portando ovunque il sapore della cucina italiana: dai piselli, che spopolano in Germania e crescono nell’Africa occidental­e, fino ai fagioli, i nostri best seller soprattutt­o nel Regno Unito e in forte sviluppo in Australia ed Emirati Arabi. Complessiv­amente, stima Anicav, nel 2023 l’export di legumi in scatola ha raggiunto i 650 milioni di euro, l’ 8% in più rispetto al 2022 a sostanzial­e parità di volumi, a conferma che i mercati internazio­nali ne riconoscon­o la qualità e la distintivi­tà.

Ma non mancano le criticità, dettate dalle tensioni sul mar Rosso, che stanno provocando difficoltà e ritardi su forniture e trasporti, oltretutto in un contesto in cui l’Italia dipende sempre più dalle importazio­ni, a causa del costante calo della produzione nazionale, scesa a 172mila tonnellate, un quinto in meno rispetto al 2018, secondo Ismea. Una conseguenz­a della riduzione delle superfici dedicate ( 89.283 ettari, - 16% in cinque anni), per fare spazio a coltivazio­ni più richieste e redditizie, come girasole e cereali. « Per evitare l’abbandono dei legumi abbiamo dovuto riconoscer­e ai nostri soci conferitor­i un aumento consistent­e dei prezzi, non giustifica­to da una crescita dei costi produttivi » , commenta Federico Cappi, direttore marketing di Conserve Italia, che copre circa il 50% del suo fabbisogno con i legumi coltivati in Italia. Il gruppo cooperativ­o è uno dei pochi a coltivare piselli e borlotti, che lavora da freschi, e dal prossimo settembre avrà il 100% di soia edamame prodotta in Italia. Un plus comunicato anche ai consumator­i, grazie a un QR inserito sulle etichette dei legumi Valfrutta con cui si può risalire all’azienda agricola da cui provengono.

L’Italia resta leader nella lavorazion­e in scatola, ma calano gli ettari coltivati (- 16% negli ultimi 5 anni)

IL TREND Oltre che dalla cucina tradiziona­le la riscoperta è guidata da piatti come hummus e poke

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Gli italiani consumano 9,2 kg annui di legumi pro capite contro i 3,4 kg degli spagnoli e i 2,5 kg dei francesi, in aumento del 33% rispetto al 2016 ( con i fagioli protagonis­ti)
ADOBESTOCK Il primato. Gli italiani consumano 9,2 kg annui di legumi pro capite contro i 3,4 kg degli spagnoli e i 2,5 kg dei francesi, in aumento del 33% rispetto al 2016 ( con i fagioli protagonis­ti)

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