Assange, Londra chiede garanzie a Washington per decidere sull’appello
L’Alta Corte rinvia: se non ci saranno assicurazioni sui diritti, concederà il ricorso
L’ultimo capitolo della lunga storia di Julian Assange deve essere ancora scritto. L’Alta Corte di Londra ieri ha rinviato la decisione sull’estradizione negli Stati Uniti del fondatore di Wikileaks, lasciando però aperta la possibilità di concedere un ultimo appello in Gran Bretagna.
I due giudici, che avrebbero dovuto comunicare il loro verdetto finale, hanno invece deciso di dare tre settimane di tempo alle autorità Usa per dare « assicurazioni ulteriori » sul trattamento di Assange se sarà estradato, imprigionato e processato negli Stati Uniti.
L’Alta Corte chiede in particolare garanzie che Assange, se ritenuto colpevole, non sia condannato alla pena capitale, che non sia penalizzato perché non è cittadino americano ma australiano e che possa ricorrere al primo emendamento della Costituzione Usa, che tutela la libertà di espressione.
« Se non riceveremo queste assicurazioni, allora concederemo il diritto all’appello e ci sarà una nuova udienza il 20 maggio » , hanno scritto i giudici.
Il Governo americano chiede da anni l’estradizione di Assange, che intende processare per spionaggio e pirateria informatica. Wikileaks nel 2010 e 2011 aveva pubblicato centinaia di migliaia di documenti e video riservati relativi alle guerre in Afghanistan e in Iraq, oltre a comunicazioni segrete tra diplomatici Usa. Contro di lui ci sono 18 capi di imputazione, per ognuno dei quali potrebbe essere condannato a dieci anni di carcere.
La decisione dei giudici è « sconvolgente » , ha detto ieri la moglie Stella Assange, definendo il marito « un prigioniero politico » .
I legali di Assange hanno sempre insistito che Wikileaks ha pubblicato i documenti nell’interesse pubblico per rivelare crimini di guerra e abusi dei diritti umani da parte di soldati e personale Usa che altrimenti sarebbero rimasti segreti. Come il video che dimostra che nel 2007 un elicottero militare Apache ha ucciso numerosi civili a Baghdad.
« La battaglia continua - ha detto ieri Simon Crowther, il consulente legale di Amnesty International che, come altre ONG, si è schierata dalla parte di Wikileaks -. Tentando di incarcerare Assange, gli Usa vogliono inviare un chiaro messaggio a editori e giornalisti ovunque che potrebbero essere presi di mira se pubblicano notizie riservate, anche se nell’interesse pubblico » .
Le prospettive però non sembrano rosee per Assange: i giudici infatti hanno respinto sei dei nove motivi di ricorso presentati dai suoi avvocati e in particolare non hanno accettato la tesi della difesa che è stato « perseguitato » per motivi politici. « Sicuramente Assange ha agito per convinzione politica, ma questo non vuol dire che la richiesta di estradizione sia dovuta alle sue opinioni politiche » , hanno scritto i giudici.
La palla ora passa nelle mani delle autorità Usa. Ieri il dipartimento di Giustizia non ha voluto fare commenti.
Gli esperti legali sono divisi: secondo alcuni i giudici britannici hanno chiesto l’impossibile agli Usa: garanzie « solide » prima ancora che il processo contro Assange sia iniziato.
Secondo altri, invece, la mossa è solo un modo di tutelare il sistema giudiziario britannico mostrando che sta facendo tutto il possibile per evitare violazioni della libertà di espressione e dei diritti umani.
È difficile infatti immaginare che dei giudici britannici possano respingere come inadeguate delle assicurazioni da parte del più stretto alleato della Gran Bretagna. Sia il Governo conservatore che la Corte Suprema avevano già dato luce verde all’estradizione di Assange nel 2022.
Il fondatore di Wikileaks è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh a Londra da cinque anni. Per sette anni si era rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per sfuggire all’estradizione. Nel 2019 però l’Ecuador gli aveva tolto lo status di rifugiato politico e Assange era stato arrestato dalla polizia britannica e trasferito a Belmarsh.