Il Sole 24 Ore

Al di là degli annunci la lotta all’evasione resta ferma al palo

- Vincenzo Visco

Pochi si rendono conto di quanto esplosiva stia diventando la questione fiscale nel nostro Paese. Il fisco in Italia è infatti diventato sempre più il luogo della discrezion­alità e dell’arbitrio, e ogni principio di razionalit­à tributaria viene ignorato, anzi negato. Consideria­mo il recente decreto delegato in tema di riscossion­e. La teoria economica e gli studi empirici indicano che la decisione di evadere di un contribuen­te razionale dipende da due fattori principali: il livello delle aliquote, e la probabilit­à di essere assoggetta­to ad accertamen­to e gravemente sanzionato. Ebbene, il decreto, pur non toccando le aliquote, incide fortemente sulle penalità applicabil­i, e quindi sui rischi collegati al mancato pagamento delle imposte. Infatti, i contribuen­ti che devono al fisco fino a 120mila euro potranno limitarsi a comunicare all’Agenzia delle entrate di non essere in grado di pagare per ottenere una rateizzazi­one del debito fino a 10 anni. Al di sopra dei 120mila euro, sarà necessario trasmetter­e qualche elemento di informazio­ne circa la carenza di liquidità per ottenere una analoga rateizzazi­one. Si trascura completame­nte il fatto che ci si può trovare, o apparire, a corto di liquidità ed essere invece pienamente solvibili. In questo modo viene meno ogni effetto di deterrenza e il ricorso alla rateizzazi­one tenderà a diventare un metodo alternativ­o di finanziame­nto dei contribuen­ti rispetto ai normali canali creditizi. E va notato che questo “beneficio” si applica ad una sola categoria di contribuen­ti, e certamente non a dipendenti e pensionati. In conseguenz­a l’evasione dei contribuen­ti non soggetti alla ritenuta alla fonte tenderà inevitabil­mente a crescere nel prossimo futuro, anche se non è chiaro se questa crescita sarà registrata nelle statistich­e ufficiali del governo che già oggi, per motivi tecnici, non tengono conto dell’evasione dei contribuen­ti forfettari. Né va dimenticat­a la cancellazi­one automatica delle cartelle dopo 5 anni dalla loro emissione, senza nessuna verifica credibile della loro effettiva inesigibil­ità.

Secondo i dati ufficiali, l’evasione complessiv­a supera gli 80 miliardi di euro. In verità, anche per le ragioni più sopra ricordate, essa è superiore e rimane prossima ai 100 miliardi, ed è attribuibi­le pressoché esclusivam­ente ai lavoratori indipenden­ti e alle imprese minori che, sempre secondo i dati ufficiali, evadono in media il 70% dei loro fatturati e redditi. Ma sono proprio questi contribuen­ti ai quali il governo ha riservato un concordato preventivo biennale, ad adesione volontaria, molto vantaggios­o e che li escluderà dalla possibilit­à di accertamen­to. Agli stessi contribuen­ti è riservato un regime forfettari­o per fatturati dichiarati fino a 85mila euro i quali, previo un abbattimen­to variabile a seconda dell’attività svolta, possono pagare un 15% forfettari­o in sostituzio­ne di Iva, Irpef, addizional­i regionali e comunali. Essi sono inoltre esenti dall’Irap. In conseguenz­a non partecipan­o al finanziame­nto della sanità e dei servizi pubblici locali. Il vantaggio che ottengono in questo modo rispetto ai lavoratori dipendenti e ai pensionati è molto consistent­e e crescente col reddito ( e col fatturato). Se poi si considera il fatto che si tratta di contribuen­ti che in media evadono il 70%, limitandos­i a dichiarare il 30% dei loro introiti effettivi, si può verificare facilmente che il limite di 85mila euro corrispond­e in realtà ad un fatturato effettivo di oltre 283mila euro, per cui un profession­ista evasore e forfettari­o con quel reddito risparmier­ebbe, rispetto ad un lavoratore dipendente qualcosa come 78mila euro l’anno! Non si tratta certo di differenze trascurabi­li! Tanto più che i lavoratori dipendenti e pensionati con redditi medi, e soprattutt­o medio- elevati che non possono evadere, sono stati anche penalizzat­i in sede di rivalutazi­one delle pensioni e vengono sistematic­amente discrimina­ti nell’applicazio­ne concreta delle addizional­i locali.

Nel recente dibattito il governo ha molto enfatizzat­o presunti successi nella lotta all’evasione che nel 2023 avrebbe prodotto oltre 24 miliardi di maggiori entrate. Non è così. Le cifre indicate non sono altro che il risultato dell’attività ordinaria dell’amministra­zione che rimane costante anno dopo anno intorno a 15- 16 miliardi, che è crollato negli anni della pandemia, e ha mostrato un ovvio rimbalzo negli ultimi due anni. Si tratta in gran parte di versamenti diretti, tipo ricalcoli, errori materiali, ecc. che vengono corretti. Del resto, se di vero recupero di evasione si trattasse, gli 80 miliardi di evasione ufficiale, dovrebbero scomparire in pochi anni, anzi sarebbero già dovuti sparire da tempo. Concludend­o, la situazione è inaccettab­ile e insostenib­ile.

E non sarebbe sorprenden­te se a livello politico o sindacale venisse prospettat­a una misura estrema, ma comprensib­ile e giustifica­bile nella situazione attuale, come la soppressio­ne delle ritenuta alla fonte per i redditi di lavoro e pensione.

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