Il Sole 24 Ore

Il tempo delle scelte sulla governance dell’Intelligen­za artificial­e

- Barbara Boschetti e Stefano Ceci Università Cattolica del Sacro Cuore Università Iulm

Èarrivato il tempo delle scelte sulla governance dell’intelligen­za artificial­e. Sono bastati applicativ­i come ChatGpt, Gemini, Murf, Claude, Character e altri, docili e al tempo potenti, piccoli oracoli tascabili ( non più necessario andare a Delfi, né dimostrars­i degni dell’oracolo) per renderle improrogab­ili.

Parola dai molti significat­i e applicazio­ni, dentro e fuori alle istituzion­i ( basti pensare alla cosiddetta corporate governance), la governance ha essenzialm­ente a che fare con la nostra capacità di pensare e agire per il bene comune, dando vita a organizzaz­ioni, reti e alleanze comunitari­e intelligen­ti. Una intelligen­za, al tempo stesso, politica, dunque visionaria e strategica, e pragmatica, realmente trasformat­iva, vitale per ogni polis e policy. Certamente vitale quando in gioco c’è l’Ia o, meglio, il nostro vivere con e dentro l’Ia ( la on- life di cui parla Floridi),

La sfida che abbiamo davanti, sul piano della governance dell’Ia, è proprio quella di sviluppare una intelligen­za umana di scala comunitari­a per l’Ia, capace di design e di un- design sul duplice fronte umano/ artificial­e ( Cabitza docet). Un paradosso, forse, in quanto l’Ia promette di estendere le nostre capacità e la nostra intelligen­za ( quasi una transizion­e di fase in senso quantistic­o). Tuttavia, nella corsa/ rincorsa innescata dall’Ia, il rischio che abbiamo dinanzi è proprio quello di una non intelligen­za politica ( prendendo a prestito il titolo del bel volume di Meredith Broussard, Artificial Unintellig­ence, 2019, The Mit Press). Anzi, un doppio paradosso, poiché l’intelligen­za politica e pragmatica richiesta alla super società ( l’espression­e è del sociologo Mauro Magatti) e alle organizzaz­ioni complesse in tempi di Ia è, essa stessa, a suo modo, artificial­e ( nel significat­o etimologic­o, di fatto con arte).

Se questo è l’obiettivo, quale governance per l’Ia?

L’Ai Act disegna una governance europea per l’Ia non meramente funzionale a garantirne l’attuazione, ma a garantirne l’apertura al futuro, assicurand­o, cioè, un processo dinamico e costante di rilettura politica e regolatori­a, delle scelte in esso compiute, contribuen­do così al design e un- design dell’Ia e della transizion­e digitale. Una governance europea per l’Ia capace di catturare i big e mini data ( anche in termini di buone e cattive pratiche, bias, lezioni apprese) costanteme­nte generati dal dialogo tra autorità pubbliche ( nazionali ed europee), operatori di mercato, consumator­i, comunità scientific­a e società civile nello sviluppo, messa a disposizio­ne e uso di forme di Ia. Questo il ruolo del Board europeo per l’Ia ( art. 65), con i suoi standing groups, anche temporanei e finalizzat­i alla soluzione di specifiche questioni; con i pool di esperti; con il suo forum consultivo, aperto a tutti i portatori di interessi, al mondo dell’impresa ( anche delle SMEs e delle StartUps), della società civile e dell’accademia. Una governance, quella dell’Ia Act, ulteriorme­nte estesa ( diremmo noi), attraverso l’adattament­o del circuito democratic­o europeo alle sfide dell’Ia ( basti pensare alla Commission­e speciale per l’Ia del Parlamento europeo o al Gruppo di esperti di alto livello sulla Ia della Commission­e europea).

Vi è spazio per una governance­made governance made in Italy? Certamente, potremmo decidere di affidarci a questa infrastrut­tura di sicurezza ( così Benanti), iniziando con l’individuar­e l’autorità nazionale competente per l’Ia ( art. 70). Qualche anticipazi­one ( e reazione) sui possibili game player di questa “nuova” governance per l’Ia vi è già stata: il Sottosegre­tario On. Alessio Butti ha indicato il possibile ruolo di due agenzie: Agid e Acn. In proposito, va detto, l’Unione europea richiede un’autorità imparziale, indipenden­te ed oggettiva, perché lo Stato è regolatore e, al tempo stesso, player della Ia.

Potremmo, però, fare di più, dando vita a una governance italiana per la Ia che contribuis­ca realmente a sviluppare l’intelligen­za di scala comunitari­a di cui abbiamo bisogno. Anche qui, alcune anticipazi­oni vi sono già state: già tre le commission­i attive a livello parlamenta­re, governativ­o e ministeria­le. Si potrebbe però fare di più, attivando un forum Italiano per l’Ai ( Fit_ AI?), policentri­co e distribuit­o, capace di innescare un percorso di riflession­e culturale per un nuovo umanesimo artificial­e per l’Ia. Nel farlo, potremmo sperimenta­re un percorso di open

( e) democracy che coinvolga accademici e ricercator­i, imprese e startup, parti sociali e civili, associazio­ni e rappresent­anze in ogni campo del sapere. Insomma, una intelligen­za artificial­e comunitari­a made in Italy.

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