Auto elettrica, Fisker in crisi verso il delisting I sauditi salvano Lucid
La selezione darwiniana dei produttori: i due gruppi in forte difficoltà
La selezione darwiniana dell’auto elettrica inizia dai pesci piccoli. Dopo Lordstown Motors in Chapter 11 a giugno scorso ( abbandonata dal partner taiwanese Foxconn) ecco Fisker, seconda avventura - la prima è fallita nel 2013 - del designer danese Henrik Fisker ( lanciata nel 2016 in California. Il titolo si è ridotto ai minimi termini dopo avere perso il 90% del valore a 0,09 centesimi di dollaro e il Nyse dovrebbe delistare. Si aprirà poi il capitolo del possibile fallimento, dal momento che sono andati esauriti i tentativi di trovare un cavaliere bianco, una grande casa automobilistica ( si era parlato di Nissan), per salvare la produttrice del suv « sostenibile » Ocean, sulla carta competitor di Tesla Model Y.
In caso di delisting, l’azienda dovrà offrire il riacquisto delle sue obbligazioni convertibili non garantite al 2,50% con scadenza 2026 e si verificherà un evento di default per le sue obbligazioni convertibili senior garantite con scadenza 2025. « Attualmente non disponiamo di riserve di liquidità o di fonti di finanziamento sufficienti a soddisfare tutti gli importi dovuti in base alle obbligazioni 2026 o alle obbligazioni 2025 » , ha dichiarato la società. La notizia arriva una settimana dopo che l’azienda di Manhattan Beach ha messo in pausa la produzione di veicoli elettrici, alimentando una crescente incertezza sul suo futuro.
Henrik Fisker si è fatto un nome come progettista della Bmw Z8 di 007 ( anno 1999) e dell’Aston Martin V8 Vantage. Ed è stato consulente di design per la Tesla di Elon Musk ( con il quale ha litigato, al punto che quando Musk si è preso Twitter, Fisker ha lasciato il social) ma questo non è bastato a evitare che il business non funzionasse secondo le attese. Nel 2023 la casa californiana - che pure al debutto a Wall Street ( ottobre 2020) aveva raccolto un miliardo con l’Ipo - ha incassato solo 273 milioni di dollari nel 2023 a fronte di perdite nette per 762 milioni. Sempre l’anno scorso sono stati prodotti 10.193 esemplari dell’Ocean, suv elettrico da 700 km di autonomia assemblato da Magna, e ne sono stati venduti appena 4.929.
Le ragioni del naufragio? Costi di produzione troppo alti per un solo modello di serie e a fronte di tanta concorrenza nel segmento suv di lusso; la fase di lancio dell’Ocean ha coinciso con la mancanza di microchip post- Covid nel 2022; la crisi della domanda attraversata dalle auto elettriche.
Altro destino per un’altra start up elettrica made in Usa, Lucid, che ha trovato l’angelo custode giusto. Lucid Group riceverà un’iniezione di liquidità di 1 miliardo di dollari da Ayar Third Investment, controllata del Fondo Pubblico di Investimento dell’Arabia Saudita ( Pif).
Il nuovo finanziamento saudita avviene sotto forma di collocamento privato di azioni privilegiate convertibili. Lucid, guidata dal ceo Peter Rawlinson, aveva iniziato bene la settimana ma ieri è nuovamente affondata a Wall Street. Il rosso è di oltre il 60% da un anno. Il mese scorso l’azienda ha comunicato che nel 2024 avrebbe costruito circa 9mila vetture premium Air, un numero solo di poco superiore alle 8.500 costruite l’anno scorso e ben lontano dalle decine di migliaia auspicate. Il produttore di Newark, California, ha dichiarato di avere liquidità sufficiente per continuare le operazioni « almeno fino al 2025 » .