Aziendale peggiorativo del Ccnl
Congelati per 37 mesi gli aumenti di anzianità e modificata la base del Tfr
È legittimo un accordo aziendale che, per evitare dei licenziamenti, stabilisce delle condizioni temporanee incidenti sulla retribuzione e il calcolo del Tfr, in senso peggiorativo rispetto a quanto stabilito dal Ccnl applicato. Così si è espresso il Tribunale di Napoli ( sentenza del 22 febbraio 2024) in merito al contenzioso avviato da alcuni dipendenti nei confronti del loro ex datore di lavoro.
Per salvaguardare il livello occupazionale in uno dei suoi siti produttivi, un’azienda ha sottoscritto con i sindacati un accordo che per 37 mesi ha previsto:
il mancato pagamento degli aumenti periodici di anzianità già maturati;
la sospensione della maturazione degli aumenti di anzianità in corso di maturazione;
la modifica della base di computo del Tfr;
Al termine del periodo di sospensione sarebbero state reintrodotte le regole ordinarie, ma senza effetto retroattivo.
Inoltre l’accordo ha stabilito che ogni sei mesi, se si fosse raggiunto il punto di equilibrio economico, sarebbero stati erogati dei trattamenti una tantum a compensazione, almeno parziale, delle perdite economiche subite dai dipendenti nel periodo considerato per effetto dell’accordo stesso. Situazione che poi si è concretizzata almeno in due periodi. L’accordo è stato preventivamente sottoposto a referendum tra i lavoratori, con esito positivo.
Secondo il Tribunale di Napoli, l’intesa è lecita in quanto la contrattazione collettiva, anche territoriale o aziendale, può derogare in peggio le disposizioni di un Ccnl. Inoltre, a fronte della coesistenza di più fonti contrattuali collettive, non esiste tra loro una vera e propria gerarchia, ma prevale l’ultima pattuizione. « Ne consegue che il sopravvenuto contratto aziendale o territoriale, nei limiti della sua efficacia soggettiva, può liberamente prevedere una disciplina diversa, anche peggiorativa, rispetto a quello precedente » .
A questo riguardo il giudice ricorda che l’articolo 7 dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 prevede che i contratti collettivi aziendali possano definire, a fronte di situazioni di crisi o particolari esigenze produttive, intese che modifichino le regolamentazioni contenute nel Ccnl e il contratto delle Telecomunicazioni, applicato nel caso specifico, consente di intervenire su alcuni istituti per sostenere o migliorare la competitività dell’impresa e la sua occupazione.
Quanto, in particolare, alla riduzione della base del Tfr, la Cassazione ha chiarito che su di essa può intervenire la contrattazione collettiva e l’articolo 2120 del Codice civile « non prevede l’intangibilità della contrattazione nazionale » . L’intesa raggiunta tra azienda e sindacati, secondo il giudice, rispetta i requisiti declinati dalla giurisprudenza, in quanto specifica, « in modo chiaro e univoco, che per un periodo limitato di tempo viene modificata la base di computo del Tfr con espressa esclusione dei trattamenti spettanti a titolo di retribuzione minima contrattuale e di ex indennità di contingenza » .