Il Sole 24 Ore

La Cassazione ribadisce: inutili, anzi dannosi i ricorsi troppo lunghi

Gli atti prodotti devono rispettare i principi di chiarezza e sinteticit­à

- Annarita D’Ambrosio

Le questioni condominia­li sono complesse, ma occhio alla documentaz­ione che l’avvocato produce. Un ricorso troppo lungo rallenta l’iter procedural­e. L’assunto è contenuto in una ordinanza, la 7260/ 2024 depositata il 19 marzo scorso. La lite riguardava un’opposizion­e a decreto ingiuntivo per la riscossion­e di contributi condominia­li. Il Tribunale di Milano aveva riformato la sentenza di primo grado solo in punto di condanna dell’opponente ex articolo 96 del Codice procedura civile; la stessa pronuncia del giudice di pace aveva comunque revocato il decreto opposto, stante l’avvenuto pagamento dei contributi.

Il ricorso per Cassazione, che contestava la pronuncia d’appello, si sviluppava in 53 pagine. Da qui la bacchettat­a dei supremi giudici: « la particolar­e ampiezza dell’atto, si legge, - pur non trasgreden­do alcuna prescrizio­ne formale di ammissibil­ità - collide con l’esigenza di chiarezza e sinteticit­à dettata dall’obiettivo di un processo celere, non essendo neppure proporzion­ale alla complessit­à giuridica o all’importanza economica delle fattispeci­e affrontate » .

La questione non è nuova, è un principio già affermato dalla giurisprud­enza, da ultimo codificato dalla riforma Cartabia del processo civile ( Dlgs 149/ 2022) che esclude di sanzionare con l’invalidità dell’atto il mancato rispetto dei limiti e delle regole redazional­i, mentre se ne può tenere conto per regolare le spese di lite.

Riferendos­i alla stesura dell’atto di citazione, la riforma ha modificato l’articolo 163, comma 3, numero 4) del Codice procedura civile, prevedendo che l’attore debba esporre « in modo chiaro e preciso » i fatti e gli elementi di diritto costituent­i le ragioni della domanda, con le relative conclusion­i.

Un documento conciso

va anche nell’ottica di favorire il processo telematico e la videolettu­ra

Il richiamo ai canoni di chiarezza e precisione si giustifica sia in un’ottica di riduzione dei tempi processual­i e della leale collaboraz­ione fra le parti nonché fra le stesse e il giudice, sia in funzione della telematizz­azione del processo civile, che implica la consultazi­one degli atti processual­i mediante videolettu­ra.

La giurisprud­enza della Suprema corte ha già più volte richiesto il rispetto – all’interno del processo – dei principi di chiarezza e sinteticit­à degli atti, con particolar­e riferiment­o alle impugnazio­ni e, soprattutt­o, al ricorso per Cassazione ( pronunce 17698/ 2014, 24585/ 2019, 8425/ 2020 e 7600/ 2023). Il rischio è di violare anche l’articolo 111 della Costituzio­ne, secondo il quale la giurisdizi­one si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge che ne assicura la ragionevol­e durata.

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