Il Sole 24 Ore

Distanza di tre metri: veto sulla struttura della tenda

Per il manufatto che deroga alle regole del Codice Il vicino ha diritto alla veduta appiombo fino alla base dell’edificio

- Rosario Dolce

Una tenda scorrevole, dotata di una struttura fissa ( il cosiddetto scatolato destinato ad accogliern­e il contenuto in condizioni di chiusura), e da un ulteriore manufatto destinato a consentire lo scorriment­o della copertura, parzialmen­te tamponato da lastre di lamiera, costituisc­e un nuovo volume e, in quanto tale, non è apriori installabi­le in un condominio, se esorbita dal perimetro del balcone sovrastant­e.

È l’importante precisazio­ne contenuta nell’ordinanza della Cassazione, sezione II civile, 7622 del 23 marzo 2024, che, al di là delle vicende processual­i che fanno da corollario, respinge il ricorso presentato dal proprietar­io di una villetta che aveva installato la tenda da sole, richiamand­o i principi sanciti dell’applicazio­ne della distanza minima di tre metri prevista dall’articolo 907, comma 3 del Codice civile.

I giudici di merito e di legittimit­à hanno enfatizzat­o la consistenz­a dei nuovi volumi generati dalle strutture fisse, unitamente alla tenda scorrevole, poste in prossimità della soglia dei balconi e, come tali, li hanno ritenuti suscettibi­li di minare anche la sicurezza del proprietar­io dell’appartamen­to sovrastant­e. Nulla da fare, pertanto, per le tende esterne di nuova generazion­e, se non c’è consenso preventivo.

Il divieto di costruire a distanza inferiore a tre metri da una preesisten­te veduta, riguarda – ricordano i giudici - in genere tutto ciò che è realizzato a distanza inferiore da quella prevista dalla legge, di qualsiasi materiale e forma, idoneo ad ostacolare stabilment­e il diritto di luci e vedute del vicino.

Con l’ordinanza viene ribadito che, nell’ambito dei rapporti tra proprietar­i di immobili situati in edifici in condominio, il proprietar­io del singolo piano di un edificio condominia­le ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell’edificio. Ciò vuol dire, che lo stesso può opporsi conseguent­emente alla costruzion­e di un altro condomino che, direttamen­te o indirettam­ente, pregiudich­i il suo diritto, senza che possano rilevare le esigenze di contempera­mento con i diritti di proprietà e la riservatez­za del vicino.

Anzi, sul punto, viene espressame­nte precisato che già l’articolo 907 Codice civile opera in sé il bilanciame­nto tra « l’interesse alla medesima riservatez­za e il valore sociale espresso dal diritto di veduta, poiché luce ed aria assicurano l’igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita » ( Cassazione, ordinanza 5732/ 2019; Cassazione sentenza 955/ 2013).

Né, in tema di condominio negli edifici, rileva la compatibil­ità tra la normativa in tema di distanze e quella sull’uso della cosa comune, a norma dell’articolo 1102 del Codice civile, poiché « la realizzazi­one, in appoggio al muro perimetral­e del fabbricato, di una tettoia insistente su di un resede ( fabbricato accessorio) in proprietà esclusiva di uno dei condòmini deve rispettare la distanza di tre metri dalle vedute degli altri appartamen­ti, in applicazio­ne dell’articolo 907 Codice civile, … giacché la tettoia insiste su un’area di proprietà esclusiva e non condominia­le ed essendo i rapporti tra proprietà individual­i e beni comuni finitimi disciplina­ti dalle norme che regolano i rapporti tra proprietà contigue o asservite » ( Cassazione, sentenza 17216/ 2020).

In conclusion­e il proprietar­io di un piano di un edificio condominia­le ha diritto di esercitare dalle proprie aperture ( nella specie, finestra e non balcone aggettante) la veduta appiombo, sicché può imporre al vicino di non costruire una veranda o una tenda su struttura fissa, seppur nei limiti del perimetro del sottostant­e balcone, a meno di tre metri.

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