Oggi il voto sull’elezione diretta, si tratta con la Lega
Per Fdi occorre rendere più chiaro il potere di scioglimento del premier
« Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni » . È il cuore del premierato che la premier Giorgia Meloni vuole portare davanti ai cittadini con il referendum confermativo che il governo prevede nel 2026 ( già domani si formeranno su iniziativa di Fratelli d’Italia i primi « comitati civici per il premierato » ). Ed oggi la commissione Affari costituzionali del Senato comincerà a votare proprio l’articolo 3 della Ddl Casellati, quello che modifica l’articolo 92 della Costituzione e introduce appunto l’elezione diretta con il limite però di due mandati consecutivi, come chiesto dalle opposizioni. Nonostante le proteste delle opposizioni e le perplessità di alcuni membri della maggioranza come l’ex presidente del Senato Marcello Pera ( ora senatore di Fratelli d’Italia), che avrebbero voluto fissare in Costituzione il principio dell’elezione a maggioranza assoluta con eventuale ballottaggio sotto il 50%, le modalità di elezione del premier restano invece demandate alla futura legge elettorale ( si veda il Sole 24 Ore del 30 marzo). Il testo riformulato dal governo prevede solo « un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio » . La soglia necessaria a far scattare il premio, l’eventuale ballottaggio se nessuno raggiunge la soglia, come conteggiare il voto dei 5 milioni di italiani all’estero: tutto rimandato.
Ma se l’articolo 3 del Ddl Casellati resterà invariato e sarà approvato entro questa settimana, la maggioranza sta già studiando come e se intervenire sull’articolo successivo che regola i meccanismi della sfiducia e dello scioglimento delle Camere. Al momento il testo prevede due casistiche: in caso di revoca della fiducia al premier eletto mediante mozione motivata il presidente della Repubblica scioglie le Camere; mentre in caso di dimissioni volontarie il premier può chiedere e ottenere lo scioglimento delle Camere oppure passare la mano ad un altro parlamentare della maggioranza sul modello inglese. E se le dimissioni non fossero volontarie ma obbligate in seguito a mancata fiducia su un provvedimento? Questo caso, per volontà della Lega, non è stato normato. Esponendo così il premier eletto - secondo i critici - alle ” imboscate” di uno o più partiti della maggioranza per sostituirlo senza tornare alle urne. La prossima settimana, quando si voterà l’articolo 4, la soluzione potrebbe venire da un emendamento presentato dal capogruppo del Misto, Giuseppe De Cristofaro, di Sinistra italiana, che si limita a cancellare la parola « volontarie » . Il governo potrebbe dare parere favorevole a questo emendamento oppure proporre una riformulazione che aggiunga « in tutti gli altri casi di dimissione » . Nei prossimi giorni la trattativa con la Lega del presidente meloniano della prima commissione Alberto Balboni e della ministra azzurra delle Riforme Elisabetta Casellati sarà serrata, e il fatto che l’Autonomia differenziata cara alla Lega sia stata calendarizzata per l’Aula di Montecitorio per il sì definitivo il 29 aprile, in tempo dunque per le elezioni europee, rientra nella trattativa: i tempi dell’Aula possono sempre cambiare all’ultimo momento.