Sovranità digitale, confronto tra poteri pubblici e privati
Big Tech/ 1
IL’EUROPA SI CARATTERIZZA PER UN APPROCCIO REGOLATORIO EX ANTE, PIUTTOSTO CHE LIMITARSI AI RIMEDI EX POST
l recente procedimento intrapreso contro Apple dal Dipartimento di Giustizia statunitense rappresenta solo l’ultimo di una serie di casi che, in tutto il mondo, hanno visto le Autorità pubbliche colpire le Big Tech con indagini antitrust e multe milionarie. Sotto accusa, questa volta, l’ecosistema di Apple come sistema chiuso. E questa inchiesta si segnala anche perché viene proprio dalla terra d’origine delle grandi corporation informatiche. Numerose sono state le decisioni europee che si sono intensificate, quantomeno a partire dal 2017 a oggi, contro Google, Meta, Amazon e Apple, con molti procedimenti ancora in corso.
Altrettanti i casi statunitensi contro questi e altri grandi player.
Meno noti forse i casi aperti in India e in Brasile, contro Google e contro Apple, mentre in Cina nel 2021 le autorità cinesi hanno inflitto una multa di 18,2 miliardi di yuan, pari a circa 2,6 miliardi di dollari, ad Alibaba Group per aver violato la Anti- Monopoly Law.
I procedimenti citati, sostanzialmente, hanno ad oggetto la contestazione alle Big Tech di abuso di posizione dominante per favorire i propri servizi e le proprie applicazioni o per rendere più difficoltoso l’utilizzo di servizi di terzi, di ricerca o pubblicitari.
Antitrust vs. Big Tech, in estrema sintesi, in tutto il mondo. Si aggiungono poi, in Europa, indagini riguardanti aspetti specifici dell’applicazione della normativa sulla protezione dei dati personali, del Digital Services Act e del Digital Markets Act, che hanno visto anche le autorità italiane, il Garante per la protezione dei dati personali e l’Agcom, protagoniste.
A prescindere dai singoli procedimenti che inevitabilmente seguiranno il loro corso e approderanno a esiti differenti, si può leggere una tendenza globale a contenere e limitare le grandi corporation, di volta in volta con diversi strumenti giuridici. E, allargando lo sguardo, tutto questo si può leggere anche come un confronto sulla sovranità digitale fra poteri pubblici e poteri privati.
Dagli anni 90, quando la rete cominciò a essere utilizzata per scopi commerciali, ad oggi, lo scenario è cambiato. La nostra vita è ormai onlife, sempre di più, e il digitale fa parte prepotentemente della nostra esistenza. Trent’anni fa l’obiettivo dei legislatori di tutto il mondo era quello di fare sviluppare il commercio elettronico, senza troppi vincoli normativi. In questo senso si possono leggere il Communications Decency Act statunitense del 1996 e la Direttiva europea 2000/ 31/ CE sul commercio elettronico, che statuirono una sostanziale esenzione di responsabilità del provider. Gli Usa guidavano in questa direzione, poiché avevano un vantaggio specifico a tutelare gli interessi delle loro imprese, anche a dettare le regole del gioco. Le norme erano, essenzialmente, quelle dettate dai contratti e dalla tecnologia, dunque regole di fonte privatistica. In questi anni, non solo il mercato digitale si è sviluppato, ma le grandi corporation hanno assunto sempre di più le caratteristiche dei poteri privati.
Ciò ha condotto a parlare di sovranità digitale privata, volendo fare così riferimento a una presenza forte dei poteri privati nel web.
In reazione a questo fenomeno, negli ultimi anni, il potere pubblico ha cercato e sta cercando di riappropriarsi della sovranità digitale, attraverso nuove regolazioni. Lo dichiarò, nel 2020, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, quando nel discorso sullo stato dell’Unione affermò: « È in gioco la sovranità digitale dell’Europa, sia su piccola che su larga scala » .
In Europa, questo è avvenuto con il Digital Services Act e con il Digital Markets Act, che ridefiniscono i poteri e i doveri delle piattaforme, non soltanto in termini sostanziali, ma anche di enforcement e di governance. Ma, come appare evidente, in tutto il mondo lo strumento offerto dalla legislazione antitrust è certamente quello più utilizzato.
È l’Europa, infatti, che si caratterizza soprattutto nel cercare un approccio regolatorio ex ante, piuttosto che limitarsi ai rimedi ex post. Così è anche, d’altronde, per il nuovo campo di gioco, costituito dall’intelligenza artificiale, in cui l’AI Act appena approvato, con le sue 459 pagine, ha l’ambizione di definire le regole di una partita globale. Ma inevitabilmente, anche in questo caso, le norme e l’enforcementnon l’enforcement non potranno che essere multilivello, in un confronto permanente e necessario fra pubblico e privato.