Odore di fritto oltre il limite di accettabilità, chiusa la friggitoria
Le prove contro l’esercizio raccolte da un consulente tecnico d’ufficio La normativa regionale stabilisce i parametri di tollerabilità
In un condominio l’amministratore e alcuni condòmini chiedevano al Tribunale, ex articolo 844 del Codice civile, la cessazioni delle immissioni odorose di frittura provenienti da un esercizio commerciale. Il giudice nominava un consulente tecnico d’ufficio ( Ctu) e ascoltava alcuni testimoni.
Questi ultimi riferivano agli atti in particolare di « avvertire per tutto il giorno persistente odore di fritto che veniva sentito anche da chi entrava dal cortile e all’apertura delle finestre. Queste ultime andavano pulite con frequenza perché, sulla parte esterna del vetro, risultava esserci una sostanza appiccicosa » . Si tratta di situazioni purtroppo frequenti e pertanto appaiono interessanti le conclusioni cui giunge la sentenza del Tribunale di Milano 2314/ 2024.
In un giudizio relativo ad immissioni, i mezzi di prova innanzitutto consistono in accertamenti di natura tecnica, compiuti mediante consulenza tecnica d’ufficio con funzione percipiente, cioè basandosi su elementi già allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico è in grado di accertare . Anche la prova testimoniale rimane ammissibile quando verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale di chi depone.
Il consulente precisava che durante i rilievi presso le unità abitative del condominio « una quota rilevante di soggetti, ovvero il 42%, aveva percepito nei locali all’apertura delle finestre l’immissione di odore di pizza fritta » . Verificata la sussistenza delle emissioni nei termini precisati dal Ctu, si dava conto che pur non rinvenendosi una normativa specifica per le emissioni di odore da esercizi commerciali di ristorazione, valeva la deliberazione della giunta regionale della Lombardia del 15 febbraio 2012 - numero IX/ 3018 .
La normativa regionale considera il 98° percentile come limite di frequenza da rispettare per le immissioni, ovvero un odore non deve essere percepito al ricettore per più del 2% delle ore annue. Concludeva perciò il perito che « le immissioni del palazzo in questione superavano il limite di accettabilità » . Richiamando Cassazione 23754/ 2018, secondo la quale è prevalente il soddisfacimento di un interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione, è opportuno - scrivono i giudici - che « venga disposta l’inibizione di tutte quelle esalazioni che pregiudicano l’impiego residenziale delle unità abitative » .
Da inibire le attività che producono esalazioni che pregiudicano la qualità di vita nelle abitazioni