L’unione economica è l’architrave per il benessere
L’Europa è a un bivio: o riuscirà a rilanciare la propria economia e le sue istituzioni democratiche o si avvierà verso un inesorabile declino che la spingerà all’irrilevanza nella politica internazionale e metterà a rischio la sua sicurezza, minacciata dalla Russia. Una più forte integrazione tra i Paesi del vecchio Continente non è più un’opzione ma una necessità. Dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, per circa 50 anni le principali economie europee, tra cui l’Italia, hanno reagito con vigore e conseguito un considerevole aumento della produttività raggiungendo gli Usa; successivamente è cominciato il declino della produttività rispetto agli Stati Uniti e poi la sua sostanziale stagnazione. Tra le varie spiegazioni del deludente sviluppo delle aziende europee rispetto alle concorrenti americane, quella che appare più rispondente al vero è il differente grado di utilizzo e di diffusione, negli anni a cavallo tra la fine del secolo scorso e gli inizi di quello corrente, delle innovazioni tecnologiche nel campo dell’informatica e delle comunicazioni.
Ora siamo in una fase simile a quella della fine del Novecento dal punto di vista del progresso scientifico: nei prossimi anni le tecnologie digitali, l’intelligenza artificiale, gli algoritmi fondati sulla fisica quantistica, l’energia nucleare pulita e processori velocissimi cambieranno lo scenario competitivo non solo tra le imprese ma anche tra gli Stati. In questo contesto sono nettamente avvantaggiate le aziende più grandi che dispongono di dati e informazioni e sono in grado di investire ingenti capitali in tecnologie, talenti e formazione delle risorse umane.
Bisogna quindi unire le forze per accrescere le dimensioni operative delle aziende aumentando il grado di integrazione del mercato europeo, oggi ancora molto segmentato, soprattutto nel settore servizi. Un approccio pragmatico, simile a quello che ci ha condotto alla moneta comune, l’euro, inizialmente scelta da 11 Stati e ora diventati 20, è l’unico compatibile con le diversità di idee, tradizioni e culture dei vari Paesi dell’Ue e l’urgenza richiesta dai mutamenti tecnologici e dallo scenario geopolitico. L’unione delle economie è l’architrave che potrà sostenere gli enormi investimenti privati e pubblici necessari per garantire agli europei benessere e sicurezza anche in futuro. Per cominciare si dovrebbe completare l’unione bancaria perché da un lato nel nostro Continente gli enti creditizi sono l’asse portante del finanziamento delle imprese e dall’altro i passi da compiere non sono molti: devono diventare operativi il Mes e lo schema europeo di assicurazione dei depositi in maniera da consentire ai gruppi bancari di usare il capitale e la liquidità senza vincoli territoriali. In queste condizioni le banche attraverso fusioni “cross border” all’interno dell’Ue potrebbero conseguire sinergie derivanti da economie di scala e servire i clienti in vari Paesi con modalità e tecniche uniche. Il processo di concentrazione tra banche europee creerebbe istituti più forti in condizioni di sostenere finanziariamente, e anche culturalmente, lo sviluppo di
“campioni europei” in diversi settori industriali. L’integrazione del mercato bancario trascinerebbe quella del mercato dei capitali in generale, agevolando lo sviluppo di un’industria europea dell’asset management ( nel settore del venture capital, del private equity e in quello degli investimenti in titoli quotati) che è l’altra asse portante del finanziamento dell’economia. La forte integrazione del sistema finanziario europeo e delle industrie ad alta tecnologia potrebbe spingere verso l’emissione di titoli di debito comuni che è il passo decisivo per realizzare investimenti infrastrutturali e militari di interesse europeo. L’unione del sistema finanziario non è tutto, ovviamente, ma potrebbe essere un’ulteriore spinta verso la sempre più necessaria integrazione economica e politica dell’Europa.
SI COMINCI DA UN’INTEGRAZIONE BANCARIA CHE CONSENTA DI USARE CAPITALE E LIQUIDITà SENZA VINCOLI TRA PAESI