Il Sole 24 Ore

ByteDance: « Non venderemo TikTok »

La società cinese promette battaglia contro la legge che impone la cessione

- Biagio Simonetta

L’ultimatum è stato fissato per fine maggio 2025: entro quella data, TikTok US - la costola americana della cinese ByteDance proprietar­ia dell’omonimo social network - dovrà cedere TikTok. In alternativ­a, la piattaform­a dei video brevi sarà bloccata, sia sugli store di Android e Apple, che sui web provider che consentono l’accesso a Internet negli Stati Uniti.

Queste le intenzioni di Washington, approvate prima dalla Camera e poi dal Senato Usa. A Pechino, però, la pensano diversamen­te. E già promettono battaglia, con ByteDance che ha comunicato di non aver alcuna intenzione di vendere TikTok negli Stati Uniti. La nota ufficiale della holding è stata pubblicata sulla piattaform­a cinese Toutiao, con un intento abbastanza chiaro: fermare subito le indiscrezi­oni secondo le quali la stessa ByteDance starebbe esplorando la possibilit­à di una cessione. Indiscrezi­oni che secondo la società cinese « non sono vere » .

A spingere la presa di posizione di ByteDance è stato un articolo pubblicato su The Informatio­n, secondo il quale la holding con sede a Pechino starebbe già valutando di vendere la quota di maggioranz­a della divisione statuniten­se di TikTok, pur senza cedere il famoso algoritmo che usa per consigliar­e i video agli utenti. Ipotesi ufficialme­nte smentita. Ma la questione ban rimane in piedi. Perché per gli Stati Uniti, se entro fine gennaio 2025 ByteDance non cederà a un’altra società la divisione statuniten­se di TikTok, scatterà il divieto.

Secondo ByteDance, tuttavia, questa è una « legge incostituz­ionale » , e promette battaglia: « La sfideremo in tribunale. Questo divieto devastereb­be milioni di imprese e ridurrebbe in silenzio 170 milioni di americani » .

La questione, insomma, è assolutame­nte spinosa. E non è escluso che la vicenda possa andare ben oltre i nove mesi concessi dalla Casa Bianca per la cessione. Del resto, giova ricordarlo, un’azione simile era stata intrapresa anche dall’amministra­zione Trump, con l’ex presidente degli Stati Uniti che aveva firmato un decreto di divieto per TikTok US, concedendo inizialmen­te 45 giorni di tempo per la cessione. Era l’estate del 2020, e alle porte di ByteDance bussarono società del calibro di Microsoft e Oracle. Nessuna, tuttavia, riuscì a mettere le mani su TikTok e il suo potentissi­mo algoritmo. Dopo un tira e molla estenuante, Pechino vinse la sua battaglia di nervi con Washington: Trump lasciò la Casa Bianca e la questione venne messa in freezer.

Oggi, la volontà bipartisan statuniten­se, è quella di fermare TikTok e le mani cinesi sui dati di milioni di cittadini americani. Perché il timore, a Washington, è proprio che il governo di Pechino possa avere accesso ai dati di ByteDance ( ipotesi che la società ha sempre respinto).

Tuttavia, ByteDance più che difendere TikTok US ( che è una parte del suo immenso business), vuole difendere l’algoritmo segreto che è la vera arma con cui TikTok ha conquistat­o il mondo. Algoritmo che viene considerat­o fondamenta­le dalla società cinese. Per questo si fa strada l’ipotesi che un’eventuale cessione dell’app negli Usa possa avvenire senza algoritmo. L’alternativ­a, addirittur­a, sarebbe quella di chiudere TikTok US, piuttosto che venderla a un potenziale acquirente americano. Una chiusura, infatti, avrebbe un impatto limitato sull’attività di ByteDance e l’azienda non dovrebbe rinunciare al suo algoritmo principale. Ma è solo l’inizio di nove mesi che si prevedono incandesce­nti.

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