Il Sole 24 Ore

L’India dell’hi tech al voto, senza acqua e con povertà in crescita

Cementific­azione e abusi hanno impoverito le risorse idriche del Karnataka Cinque anni fa Modi aveva trionfato nello Stato ma ora potrebbe perdere consensi

- Marco Masciaga Dal nostro inviato

« The monsoon was no good » . Narayana Appa, 73 anni, è un ex dipendente pubblico e vive a Bangalore, la capitale del Karnataka nonché la città simbolo del boom tecnologic­o indiano. Di quanto è piovuto lo scorso anno non dovrebbe importagli nulla. E invece, alle 9 e mezza di mattina, è in strada che controlla che “l’uomo dell’acqua” non lo stia fregando. « Una volta – racconta – l’acquedotto funzionava almeno un’ora ogni quattro giorni. E ognuno riempiva la sua cisterna. Quest’anno dipenderem­o dalle autobotti fino a giugno e comprare l’acqua da questi banditi mi costa 20mila rupie al mese, cinque mesi l’anno » . Con 25mila rupie di pensione, circa 280 euro, se non avesse una rendita sarebbe rovinato.

Ieri in metà dei distretti del Karnataka si è votato per il secondo dei sette turni in cui sono suddivise le elezioni politiche indiane. Per una parte dei 10 milioni di elettori di Bangalore è stata l’occasione per interrogar­si su cosa non ha funzionato nel boom che ha fatto della loro città uno dei centri nevralgici della globalizza­zione. Anche perché il cambiament­o climatico è solo una delle cause del drammatico impoverime­nto delle sue risorse idriche. « L’acqua di Bangalore – spiega T. V. Ramachandr­a dell’Indian Institute of Science – viene per il 40% dalla falda. Se oggi siamo a secco è perché in questi anni abbiamo cementific­ato a tappeto » .

Per spiegare cosa è successo mi mostra una serie di mappe che documentan­o come è cambiata la città nell’ultimo mezzo secolo. Nel 1973 i 470 kmq di Bangalore erano coperti al 68% da vegetazion­e e da un 8% di edifici. Lo scorso anno il verde era al 3%, mentre la superficie costruita superava l’ 86 per cento. Il fenomeno non ha risparmiat­o neppure le centinaia di specchi d’acqua della città. « Oggi – prosegue Ramachandr­a – il 98% sono occupati dall’uomo: a volte in parte, a volte del tutto. Ci buttano dentro i detriti e poi ci costruisco­no sopra. Tutto abusivo. È la mafia dei rifiuti in affari con quella immobiliar­e. Dentro ci sono tutti: costruttor­i, consulenti, politici » .

Mentre le aziende tecnologic­he che oggi generano il 25% del Pil del Karnataka attiravano qui milioni di giovani ingegneri, i settori più opachi dell’economia – forti dei legami con gli amministra­tori locali – capitalizz­avano sulla crescente pressione demografic­a, a spese della collettivi­tà. « La verità – spiega Narendar Pani del National Institute of Advanced Studies – è che abbiamo scelto un modello focalizzat­o solo sulla crescita, non curandoci degli squilibri che stavamo generando » . Non è un caso che a livello nazionale le disuguagli­anze siano ormai più acute che in epoca coloniale: oggi l’ 1% più ricco della popolazion­e indiana intercetta oltre il 22% del reddito nazionale e possiede più del 40% della ricchezza.

La persistent­e povertà di larghi strati della popolazion­e ha creato le condizioni perché s’instaurass­e un rapporto estrattivo con la politica. Ramesh Narasappa, 60 anni, è un buon esempio. Come commercian­te, fa affari vendendo boccioni di acqua potabile, ma come cittadino, dipende dalle autobotti per tutti gli altri bisogni domestici. Chiedergli a chi imputi la colpa è inutile. Per quanto ci si sforzi di riformular­e la domanda, nelle sue risposte la responsabi­lità della politica non viene mai declinata come un fallimento di cui rendere conto al momento del voto. Piuttosto come un debito da riscuotere: « Io punto a uno sconto sull’acqua delle autobotti » , spiega candidamen­te.

Questo tipo di rapporto spiega almeno in parte l’indifferen­za per il nepotismo del ceto politico locale. Anche quest’anno in Karnataka, le liste elettorali traboccano di mogli, fratelli, figli e nipoti di leader e ministri. E quando un partito subisce una scissione è quasi sempre colpa della mancata candidatur­a di un parente. Per molti elettori, lungi dall’essere un problema, questa è una garanzia di continuità nel rapporto clientelar­e. « Le dinamiche – spiega Pani – sono all’incirca quelle de Il Padrino. Solo un po’ meno ruvide » .

Prevedere come questi e altri fattori – caste e welfare in primis – plasmerann­o il voto è difficile. In occasione delle politiche di 5 anni fa, il Bjp di Narendra Modi qui ha trionfato, portando a casa 26 seggi su 28. Lo scorso anno però alle amministra­tive è crollato e il principale partito d’opposizion­e, l’Indian National Congress, ha messo a segno la sua vittoria più netta degli ultimi 34 anni.

Oggi, il diverso colore politico del governo locale rispetto a quello centrale ha esacerbato le tensioni già esistenti sulla distribuzi­one delle risorse fiscali. « Gli ultimi anni – spiega R. Ramakumar del Tata Institute of Social Sciences – hanno registrato un incremento della quota trattenuta a livello nazionale rispetto a quella devoluta ai singoli Stati, specialmen­te quelli che generano più entrate come il Karnataka. Non solo, in caso di eventi naturali estremi gli Stati anticipano le spese e aspettano i rimborsi da New Delhi » . Il governo locale guidato dal Congress chiede da mesi, senza successo, i fondi per la siccità al governo centrale, alla cui testa c’è il Bjp. Lunedì la Corte Suprema ha dovuto richiamare all’ordine l’esecutivo.

Per questo e altri motivi, e nonostante la popolarità di Narendra Modi, la maggioranz­a potrebbe perdere qualche seggio rispetto al 2019. « Tra i poveri – spiega l’antropolog­a A. R. Vasavi – c’è voglia di cambiament­o perché l’assistenzi­alismo del governo centrale ha attutito solo in parte l’impatto dell’inflazione » . Senza contare che, come sottolinea Pani, « arriva sempre il momento in cui ciò che prima era un regalo inizia a essere percepito come un diritto » .

Forse è per questo che nel Bjp si notano segni di nervosismo. Pochi giorni fa, dopo un comizio, Modi è stato accusato di incitament­o all’odio nei confronti della minoranza musulmana. Per la prima volta nella sua storia, l’Electoral Commission ha bacchettat­o un primo ministro. La vicenda ha avuto grande risalto sulla stampa in lingua inglese. Ma per i lettori dei quotidiani in Kannada, la lingua ufficiale del Karnataka, era una non- notizia. Il giorno prima quattro giornali su quattro avevano venduto l’intera prima pagina a una pubblicità elettorale in cui gli stessi incendiari messaggi erano messi nero su bianco.

Tra le fasce più povere della popolazion­e, colpite dall’inflazione, emerge la voglia di cambiament­o

 ?? AFP ?? Assetati di vendetta ( politica).
Un gruppo di attivisti del Bjp protesta per la crisi idrica, dando la colpa al nuovo governo del Congress in Karnataka
AFP Assetati di vendetta ( politica). Un gruppo di attivisti del Bjp protesta per la crisi idrica, dando la colpa al nuovo governo del Congress in Karnataka

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy