Il Sole 24 Ore

Gli effetti del grave ritardo di reazione delle banche centrali

- Fabio Tamburini

TDOPO ESSERE STATE PRESE IN CONTROPIED­E NON HANNO VALUTATO BENE L’INFLAZIONE EUROPEA

radizione vuole che i mercati finanziari anticipino di sei mesi le vicende dell’economia. E anche nel caso degli interventi dell’americana Federal Reserve e della Banca centrale europea sta accadendo. Lo confermano i record macinati da Wall Street e dalle Borse europee anticipand­o l’inversione di tendenza nelle decisioni di politica monetaria. Il passaggio previsto è dagli interventi drastici di aumento dei tassi d’interesse dell’ultimo paio d’anni a scelte di segno opposto. La data in calendario è l’estate 2024. Verrebbe da commentare citando il proverbio « meglio tardi che mai » , perché le economie degli Stati europei sono in difficoltà evidente e non possono permetters­i altri rinvii.

La Germania, principale industria manifattur­iera d’Europa, è in recessione. La Francia sconta difficoltà gravi e anche l’Italia non si sente troppo bene. La realtà però, come spesso accade, è molto più complessa ed è bene tenerne conto prima di sommare errori ad altri errori.

Il libro dell’economista Masciandar­o – che dal 2017 segue settimanal­mente le vicende della politica monetaria e finanziari­a dalle pagine del « Sole 24 Ore » con la sua rubrica Falchi e Colombe – presenta il conto alle banche centrali, senza reticenze e senza fare sconti.

Punto di partenza l’incredibil­e ritardo con cui è scattata la consapevol­ezza che era cambiata l’aria. Vero è che nei lunghi anni della globalizza­zione e dell’inflazione scesa perfino sotto zero nessuno immaginava il ritorno ad aumenti del costo della vita a due cifre. Ma certo i banchieri centrali sono pagati per governare le valute, per controllar­e e gestire le politiche monetarie.

Nel caso specifico si sono fatti prendere in contropied­e, con effetti significat­ivamente negativi sulle economie degli

Stati europei, perfino disastrosi. Loro non hanno pagato dazio, mentre ai popoli di rispettiva pertinenza è andata meno bene. Poi però, come spiega lo stesso Masciandar­o, al primo errore ne è seguito un altro: gli aumenti drastici dei tassi, perché la situazione era sfuggita di mano e l’inflazione risultava incontroll­abile.

Secondo errore grave, soprattutt­o perché la Bce è andata a rimorchio della Fed trascurand­o un aspetto fondamenta­le: l’inflazione in Europa è una inflazione da aumento dei costi delle materie prime, aggravata dalla guerra in Ucraina, mentre negli Stati Uniti è una inflazione da impetuoso sviluppo economico. La verità è che lo scontro con la Russia di Putin e il meccanismo delle sanzioni hanno penalizzat­o le economie europee. Del tutto diverso lo scenario americano, dove, come accade tradiziona­lmente, proprio la guerra in Europa ha dato un contributo decisivo come motore dello sviluppo economico. Ecco perché gli aumenti dei tassi a ripetizion­e decisi dalla Fed sono stati tardivi ma inevitabil­i per contrastar­e aumenti dei prezzi formidabil­i.

Al contrario in Europa, soprattutt­o per alcune economie come la Germania e la stessa Italia, un contributo fondamenta­le all’inflazione è arrivato proprio dalle sanzioni, a partire dall’aumento dei costi del gas, tradiziona­lmente importato dalla Russia a prezzi assai convenient­i. Basta pensare, tanto per fare un esempio, che l’importazio­ne del gas liquefatto dagli Stati Uniti è costata all’Europa cinque volte più dei prezzi precedenti alle sanzioni. Scenari così diversi rendevano necessarie politiche monetarie diverse, mentre la Bce si è distinta per seguire la scia delle decisioni prese dalla Fed. Cosa accadrà ora?

L’impression­e, anzi la certezza, è che la lezione non sia bastata nonostante la famosa battuta « errare è umano, ma perseverar­e è diabolico » . Vedremo come finirà. Di sicuro, almeno finora, le scelte della Bce non hanno contribuit­o a rafforzarn­e la credibilit­à.

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