Il Sole 24 Ore

Mantenere l’attività in Italia

Sul diritto internazio­nale privato norma in contrasto con i principi del Trattato

- Marco Piazza

Anche se la vicenda oggetto della sentenza C- 276/ 2022 ( si veda l’articolo a sinistra) risale al 2010, il giudizio della Corte Ue è ancora attuale perché riguarda una disposizio­ne – l’articolo 25, commi 1 e 2, della legge 218/ 1995 – ancora vigente nonostante la riforma del regime civilistic­o delle operazioni societarie internazio­nali ( Dlgs 19/ 2023 di recepiment­o della direttiva 2019/ 2121/ UE). La direttiva ha armonizzat­o la materia, dato che la Corte Ue è stata più volte chiamata a giudicare sulla conformità del diritto privato internazio­nale di diversi Stati membri con il principio di libertà di stabilimen­to.

Le principali sentenze sugli effetti dei trasferime­nti di sede sono quelle nei casi Cartesio ( causa C210/ 06); Vale ( causa C- 378/ 10) e Polbud ( causa C- 106/ 16) i cui esiti sono sintetizza­ti nella circolare Assonime 16/ 2023, nel senso che:

il trasferime­nto di sede legale è il mezzo per cambiare legge applicabil­e in continuità giuridica, anche senza il trasferime­nto della sede effettiva né di alcuna attività economica; sotto questo aspetto, il nuovo articolo articollo 2510bis del Codice civile stabilisce che il trasferime­nto della sede statutaria implica il mutamento di legge applicabil­e;

è anche possibile trasferire la sede ( effettiva) senza mutamento della lex societatis. Le società, cioè, possono trasferire la loro sede in un altro Stato, mantenendo la legge regolatric­e dello Stato di partenza; il trasferime­nto di sede senza mutamento della legge regolatric­e non è però realizzabi­le quando lo Stato di partenza adotta il criterio della sede effettiva o reale; ne consegue che lo Stato di costituzio­ne non può impedire il trasferime­nto della sede effettiva di una società, ma può prevedere che tale trasferime­nto determini la perdita della nazionalit­à della società.

In questo contesto, i commi 1 e 2 dell’articolo 25 del Dlgs 218/ 1995 presentano aspetti di criticità in quanto prevedono che, se la società ha la sede dell’amministra­zione o l’oggetto principale in Italia resta assoggetta­ta alla legge italiana. Nel caso in cui, quindi, una società italiana intenda trasferire la sede legale all’estero, assoggetta­ndosi alla legge dello Stato di destinazio­ne, ma mantenendo in Italia la sede dell’amministra­zione o l’oggetto dell’attività, il trasferime­nto non è impedito dalla legge italiana, ma la società resta soggetta sia alla legge dello Stato di destinazio­ne sia alla legge italiana. Una norma che pare in contrasto soprattutt­o con la sentenza Polbud che è esplicita nel senso che il diritto di mutare ordinament­o giuridico in continuità giuridico- soggettiva, è protetto dalla libertà di stabilimen­to anche laddove la società trasferisc­a la sola sede legale, ma non la sede effettiva. La Cassazione ( ordinanza 11600/ 2022) ha quindi sollevato la questione pregiudizi­ale presso la Corte di giustizia che ha dato origine alla sentenza in commento. La Corte Ue dichiara la norma nazionale illegittim­a nella misura in cui eccede – parrebbe per la sua genericità – quanto necessario per raggiunger­e l’obiettivo di tutela degli interessi dei creditori, dei lavoratori e dei soci di minoranza che figurano tra i motivi imperativi d’interesse generale che potrebbero giustifica­re una restrizion­e della libertà di stabilimen­to.

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