FERRARI, UTILI RECORD MA IN BORSA È L’ORA DI UN PIT STOP
Nella lunga lista di risultati trimestrali della scorsa settimana, cui hanno fatto seguito reazioni in Borsa da ottovolante, un elemento di novità è la inedita caduta delle azioni Ferrari
(- 6%) dopo l’annuncio dei profitti. Che cosa è accaduto e che prospettive ci sono per le quotazioni della “rossa”? L’utile netto è stato di 352 milioni di euro (+ 19%) e ha superato le stime di consenso degli analisti. Ferrari ha inoltre confermato le previsioni reddituali per fine anno, mantenendo invariata la guidance. Perché allora il titolo è caduto sul listino? Perché per mantenere il picco di valutazione in Borsa ( Ferrari quota a un rapporto prezzo/ utile di 48 volte), gli analisti si aspettavano sorprese positive sull’outlook full year 2024. O quantomeno dati trimestrali ancora migliori di quelli annunciati che inducessero a prevedere un rialzo dell’utile futuro. Invece, come documentato da Hsbc, le vendite trimestrali di auto sono state pari a 3.560 unità (- 1,5%) mentre i ricavi per 1,6 miliardi hanno superato solo dello 0,9% il consenso. Insomma: utili record e ricavi in linea. Ma non tali da giustificare una nuova corsa del titolo in Borsa.
Anche perché, secondo gli analisti di Barclays, i margini reddituali registrati nel primo trimestre ( 27,9%) potrebbero rappresentare il picco annuale lasciando pochi spazi a inattesi balzi di profitti. Da qui la previsione di un temporaneo pit stop in Borsa.
La caduta settimanale delle quotazioni azionarie ha fatto perdere a Ferrari la posizione di capoclassifica per capitalizzazione di Piazza Affari ( 67,5 miliardi) subendo il sorpasso di Enel ( 68,3 miliardi) e intravedendo ormai nello specchietto retrovisore l’avvicinarsi di Intesa Sanpaolo ( 65,8).
A parte la gara temporanea per la leadership del ( mini) mercato azionario italiano, resta il fatto che Ferrari rappresenta la più grande creazione di valore in Borsa dell’era recente. La ex Fiat ( ormai già Fca) quotò il 10% a Wall Street nell’ottobre 2015 con una valutazione di 10 miliardi. Pochi mesi dopo, all’inizio del 2016, il titolo fu quotato anche a Milano a seguito della scissione a favore degli azionisti - tra cui il principale, Exor - del restante 80% di Ferrari ( il rimanente 10% era ed è tuttora di Piero Ferrari, figlio del fondatore della “rossa” di Maranello).
Se otto anni fa quella quota non fosse stata di fatto regalata agli azionisti, oggi la ex Fiat si sarebbe trovata con un tesoretto cash di oltre 50 miliardi da utilizzare per investimenti o per finanziare la crescita attraverso acquisizioni. Ma questa è un’altra storia.