Riserve in sospensione, la sostitutiva al 10% rilancia l’affrancamento
La bozza di decreto Irpef/ Ires punta ad agevolare le poste già presenti in bilancio
La bozza di decreto di riforma su Irpef e Ires approvata in prima lettura dal Consiglio dei ministri del 30 aprile contiene una disposizione che il mondo delle imprese aveva richiesto invano nell’ambito delle scorse leggi di Bilancio: la possibilità di affrancare con un’imposta sostitutiva le riserve in sospensione già presenti nei bilanci, in particolare ( ma non solo) quelle legate alle varie leggi di rivalutazione.
le caratteristiche
L’articolo 14 della bozza dispone che « i saldi attivi di rivalutazione, le riserve e i fondi, in sospensione di imposta, esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 » possono essere affrancati, anche solo parzialmente, con l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap del 10 per cento. Tale imposta, liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, va pagata obbligatoriamente in quattro rate di pari importo, in corrispondenza del versamento dei saldi d’imposta dal 2024 in poi.
La misura della sostitutiva è analoga a quella con cui era possibile affrancare le riserve all’atto della loro iscrizione in occasione delle ultime leggi di rivalutazione ( e solo in quel momento): opzione raramente sfruttata dalle imprese, che vedevano in questo pagamento un onere certo a fronte di un vantaggio incerto e, comunque, non di breve periodo. Infatti, le riserve di rivalutazione non sono soggette a imposizione in caso di utilizzo per copertura perdite ( anche se civilisticamente sorge l’obbligo del ripristino, salva delibera di riduzione assunta con assemblea straordinaria), e scontano le im
poste sui redditi ( sia sulla società che sui soci) solo in caso di distribuzione. Inoltre, correggendo l’impostazione
tenuta in passato, l’Agenzia, con la circolare 6/ E/ 2022 ( paragrafo 3), ha ri
conosciuto la non imponibilità di una riserva in sospensione “scomparsa” dal bilancio a seguito di fusione con disavanzo o, comunque, in assenza di un avanzo capiente.
la convenienza
Nel corso del tempo le imprese si sono accorte che quella che inizialmente sembrava una buona scelta non lo è più nel medio/ lungo periodo, ossia quando, per i più diversi motivi ( esigenze dei soci, liquidazione, eccetera), si prospetta la distribuzione della riserva non affrancata con un carico fiscale che somma l’Ires sulla società con l’imposizione del dividendo in capo al socio. Ancora più “salato” è il conto nelle società di persone ( in contabilità ordinaria al momento della costituzione della riserva), per le quali il carico fiscale in caso di distribuzione coincide con l’aliquota marginale Irpef dei soci. Ben venga, quindi, il 10% previsto dalla bozza di decreto delegato, che, mentre per le società di capitali dovrebbe sostituire l’Ires ma non il 26% a carico del socio ( laddove, in sede di assegnazione, la sostitutiva del 13% era, invece, totalmente liberatoria: circolare 37/ E/ 2016, paragrafo 3.1), per le società di persone dovrebbe rendere liberamente disponibile la riserva senza ulteriori costi fiscali.
Dovrebbe essere definitivamente chiaro che l’importo della riserva da affrancare è quello al netto e non al lordo dell’imposta versata sulla rivalutazione e imputata a decurtazione della riserva stessa ( circolare 6/ E/ 2022, par. 4.7, che finalmente accoglie le massime della Cassazione), al contrario di quanto avviene ordinariamente all’atto della distribuzione.
Non sono interessate dal provvedimento le imprese che hanno realizzato la rivalutazione solo contabile, senza rilevanza fiscale, e quelle che erano in contabilità semplificata al momento della rivalutazione.