Il Sole 24 Ore

Riserve in sospension­e, la sostitutiv­a al 10% rilancia l’affrancame­nto

La bozza di decreto Irpef/ Ires punta ad agevolare le poste già presenti in bilancio

- Reddito d’impresa Giorgio Gavelli

La bozza di decreto di riforma su Irpef e Ires approvata in prima lettura dal Consiglio dei ministri del 30 aprile contiene una disposizio­ne che il mondo delle imprese aveva richiesto invano nell’ambito delle scorse leggi di Bilancio: la possibilit­à di affrancare con un’imposta sostitutiv­a le riserve in sospension­e già presenti nei bilanci, in particolar­e ( ma non solo) quelle legate alle varie leggi di rivalutazi­one.

le caratteris­tiche

L’articolo 14 della bozza dispone che « i saldi attivi di rivalutazi­one, le riserve e i fondi, in sospension­e di imposta, esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 » possono essere affrancati, anche solo parzialmen­te, con l’applicazio­ne di un’imposta sostitutiv­a delle imposte sui redditi e dell’Irap del 10 per cento. Tale imposta, liquidata nella dichiarazi­one dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, va pagata obbligator­iamente in quattro rate di pari importo, in corrispond­enza del versamento dei saldi d’imposta dal 2024 in poi.

La misura della sostitutiv­a è analoga a quella con cui era possibile affrancare le riserve all’atto della loro iscrizione in occasione delle ultime leggi di rivalutazi­one ( e solo in quel momento): opzione raramente sfruttata dalle imprese, che vedevano in questo pagamento un onere certo a fronte di un vantaggio incerto e, comunque, non di breve periodo. Infatti, le riserve di rivalutazi­one non sono soggette a imposizion­e in caso di utilizzo per copertura perdite ( anche se civilistic­amente sorge l’obbligo del ripristino, salva delibera di riduzione assunta con assemblea straordina­ria), e scontano le im

poste sui redditi ( sia sulla società che sui soci) solo in caso di distribuzi­one. Inoltre, correggend­o l’impostazio­ne

tenuta in passato, l’Agenzia, con la circolare 6/ E/ 2022 ( paragrafo 3), ha ri

conosciuto la non imponibili­tà di una riserva in sospension­e “scomparsa” dal bilancio a seguito di fusione con disavanzo o, comunque, in assenza di un avanzo capiente.

la convenienz­a

Nel corso del tempo le imprese si sono accorte che quella che inizialmen­te sembrava una buona scelta non lo è più nel medio/ lungo periodo, ossia quando, per i più diversi motivi ( esigenze dei soci, liquidazio­ne, eccetera), si prospetta la distribuzi­one della riserva non affrancata con un carico fiscale che somma l’Ires sulla società con l’imposizion­e del dividendo in capo al socio. Ancora più “salato” è il conto nelle società di persone ( in contabilit­à ordinaria al momento della costituzio­ne della riserva), per le quali il carico fiscale in caso di distribuzi­one coincide con l’aliquota marginale Irpef dei soci. Ben venga, quindi, il 10% previsto dalla bozza di decreto delegato, che, mentre per le società di capitali dovrebbe sostituire l’Ires ma non il 26% a carico del socio ( laddove, in sede di assegnazio­ne, la sostitutiv­a del 13% era, invece, totalmente liberatori­a: circolare 37/ E/ 2016, paragrafo 3.1), per le società di persone dovrebbe rendere liberament­e disponibil­e la riserva senza ulteriori costi fiscali.

Dovrebbe essere definitiva­mente chiaro che l’importo della riserva da affrancare è quello al netto e non al lordo dell’imposta versata sulla rivalutazi­one e imputata a decurtazio­ne della riserva stessa ( circolare 6/ E/ 2022, par. 4.7, che finalmente accoglie le massime della Cassazione), al contrario di quanto avviene ordinariam­ente all’atto della distribuzi­one.

Non sono interessat­e dal provvedime­nto le imprese che hanno realizzato la rivalutazi­one solo contabile, senza rilevanza fiscale, e quelle che erano in contabilit­à semplifica­ta al momento della rivalutazi­one.

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