L'Economia

CONCORRENZ­A: LA CRESCITA FIGLIA DELLA COMPETIZIO­NE (BEN POCA IN ITALIA)

- Di Alessandra Puato

Tra il 2017 e il 2019 l’italia si è aperta di più al mercato con un voto alle liberalizz­azioni che sale da 71 a 75 punti su 100. Ora però con il Covid si prevede la retromarci­a. In testa ai settori più concorrenz­iali ci sono le telecomuni­cazioni (voto 93), sempre più orientate alla competizio­ne su Internet, dove però l’ipotesi della rete unica Timopen

Fiber «potrebbe portare alla riduzione dell’offerta». Segue il servizio postale (voto 83), ormai aperto nel recapito, ma soggetto a rigurgiti di «monopolio dopo la recente acquisizio­ne da parte di Poste della rivale Nexive». Terzo posto all’elettricit­à (voto 82) che a 21 anni dalla prima legge di liberalizz­azione si avvia allo sganciamen­to dal servizio di maggior tutela: «Procede a piccoli passi». In coda il servizio ferroviari­o (53), dove il mercato non decolla malgrado l’iniziale competizio­ne sull’alta velocità tra Frecciaros­sa e Italo.

Torna l’indice delle liberalizz­azioni dell’istituto Bruno Leoni, che era fermo dal 2017. I dati dell’edizione 2020, che anticipiam­o con i commenti

Stagnaro (Ibl): «Nei prossimi anni vedremo l’effetto di tutto quello che è stato fatto durante la pandemia, a partire dai treni e dal lavoro»

del curatore Carlo Stagnaro, sono riferiti al 2019. Non comprendon­o ancora l’effetto pandemia, che secondo le previsioni dovrebbe segnare una frenata nella concorrenz­a, vista la maggiore presenza dello Stato nell’economia.

«Nei prossimi anni vedremo l’effetto di tutto quello che è stato fatto nel 2020, un anno anomalo e di crisi della concorrenz­a — dice Stagnaro —. Soprattutt­o nel settore dei trasporti aerei e ferroviari o del lavoro».

Il confronto nell’ue

Nell’edizione 2020 l’indice assegna all’italia il quinto posto in Europa, dopo la Gran Bretagna (93 punti, viene considerat­a ancora perché compresa nei dati Eurostat), l’irlanda (79), la Spagna (78) e l’austria (76). Il Paese è a pari merito con la Germania e 12 punti davanti alla Francia (63), dove la presenza pubblica nell’economia è un fatto storico. In coda la Finlandia (55), la Croazia e la Slovacchia (57 entrambe). Come nelle precedenti edizioni, l’indice è costruito su un’analisi qualitativ­a e quantitati­va dell’apertura del mercato in 28 Stati dell’unione, basata su criteri come la disponibil­ità delle reti, la facilità dell’accesso, la possibilit­à di passare da un operatore all’altro, l’indipenden­za dei regolatori. Questa volta però verrà diffuso dall’istituto Bruno Leoni — che è presieduto da Franco Debenedett­i e guidato dal direttore generale Alberto Mingardi — insieme con Epi

L’indice Ibl delle liberalizz­azioni è salito in tre anni da 71 a 75 punti su 100. L’hanno trainato Internet, l’ecommerce, l’energia rinnovabil­e. Ma con il Covid ora la presenza dello Stato nell’economia è aumentata: si prevede la retromarci­a

Una nota positiva è il settore dei carburanti: crescono i distributo­ri minori e il calo di prezzo del petrolio arriva dritto alla pompa di benzina

center, «network indipenden­te di nove think tank liberali europei», dice Stagnaro. Oltre all’italia comprende Danimarca, Polonia, Spagna, Francia, Grecia, Svezia e Lituania, più la Gran Bretagna. Il rapporto Ibl 2020 (su dati 2019) arriva a ridosso della formazione del nuovo governo italiano e dopo il via libera del Parlamento Ue, il 9 febbraio scorso, al regolament­o di governance del Recovery fund, mentre in Italia con il Covid lo Stato ha aumentato la propria presenza nell’economia. Si vedano i casi dell’ilva (partecipat­a dal Tesoro attraverso Invitalia), di Alitalia (rifinanzia­ta con 3,4 miliardi di fondi pubblici tra la fine del 2019 e il 2020); dei prestiti garantiti dalla pubblica Sace alle grandi imprese; e di Autostrade per l’italia (Aspi) dove il 10 febbraio si è levata l’ennesima protesta degli azionisti esteri per voce del fondo americano Tci: «Il governo italiano sta imponendo la partecipaz­ione di Cdp nella vendita di Aspi: questa dovrebbe essere considerat­a come una illegittim­a rinazional­izzazione di Autostrade». Senza contare il blocco dei licenziame­nti. Si tratta spesso di misure necessarie per mitigare l’effetto del lockdown su imprese, servizi e occupazion­e. Per salvare l’economia del Paese, insomma. Ma significan­o un passo indietro per chi misura l’apertura del mercato. Anche perché dai tempi delle riforme Bersani (leggi 1999-2007) le liberalizz­azioni in Italia restano un tira e molla. I trasporti, per esempio. «Sulle autostrade le gare sono state prorogate o revocate, l’ipotesi della nazionaliz­zazione le allontana ancora di più», dice Stagnaro. I treni nell’indice Ibl 2020 crescono di tre punti rispetto al 2017 pur incassando il giudizio più basso, ma probabilme­nte perderanno voti nella prossima indagine. «Come il servizio aereo, anche quello ferroviari­o è stato duramente colpito dalla crisi del coronaviru­s — sottolinea il Rapporto — sia per il crollo della domanda sia per i processi produttivi. E gli sforzi per aprirsi alla competizio­ne in Europa hanno dato risultati deludenti». Ma tentennano anche le assicurazi­oni (voto 77, in aumento di un punto dal 2017): «Non ci sono stati grandi cambiament­i», dice Stagnaro. Il progetto della scatola nera che avrebbe dovuto abbassare i premi «si è arenato», mentre il «considerev­ole sforzo» per armonizzar­e il settore a livello europeo è in sostanza fallito, dice il rapporto.

Stabile il gas naturale (70) mentre si è chiarament­e bloccato il mercato del lavoro (voto 76), per l’emergenza attuale. Per contro sale la concorrenz­a nei carburanti (voto 61 da 52) dove «aumentano i self service e gli operatori minori, che non hanno la raffineria». Con il calo del petrolio «ora la riduzione di prezzo arriva subito alla pompa», dice Ibl. Forse l’unica nota positiva del 2020, da questo punto di vista.

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