AUTO, CASA, LAUREA PENSIONE: LE RICETTE PER COSTRUIRSI UN TESORETTO
Dalla vettura nuova al finanziamento degli studi, dall’integrazione pensionistica alla gestione dei soldi dopo l’addio alla professione: ecco le ricette per differenziare gli investimenti in base ai progetti futuri. Per sfruttare al meglio la «macchina de
Sogni di viaggio (appena ci faranno uscire) e di futuro per i figli. Ma anche per noi (quando saremo a riposo). Metterli tutti in un portafoglio non basta. Se esistono più scopi espliciti – qui ne analizziamo quattro: l’acquisto di un’automobile, l’università dei figli, una pensione integrativa, pianificare gli investimenti dopo l’uscita dal mondo del lavoro – allora, ogni progetto dovrebbe avere idealmente un investimento specifico, calibrato su un preciso orizzonte temporale. Quindi con una diversa allocazione dei risparmi, tra le varie classi di attivo. Nella pagina a fianco, trovate quattro soluzioni ipotizzate con l’aiuto di Euclidea, Adviseonly, Moneyfarm e Capital Group. «Nell’approccio tradizionale, con un solo portafoglio, si dovrebbe cercare una sintesi tra i vari obiettivi finanziari. — osserva Raffaele Zenti, responsabile delle strategie di Adviseonly e cofondatore di Virtual B —. Ma il modello basato su singoli obiettivi d’investimento, è più facile da seguire in ottica di pianificazione: chi si lega, psicologicamente ed emotivamente, a un traguardo preciso, infatti, tende a essere più disciplinato rispetto a coloro che inseguono uno scopo generico e astratto».
Il legame
Meglio ancora se il legame tra obiettivi e investimenti è esplicito: perché ogni progetto è associato a una diversa soluzione d’investimento dedicata — potrebbe essere una gestione patrimoniale, un fondo, o un piccolo portafoglio costruito in autonomia con fondi attivi o passivi — o perché il consulente finanziario, in fase di rendicontazione e monitoraggio delle posizioni, aiuta a mettere in evidenza i singoli sotto-portafogli, coerenti con le diverse finalità indicate. Questo approccio migliora la messa a fuoco dei corretti orizzonti di riferimento per ciascun traguardo e quindi consente di ottimizzare l’asset allocation e il potenziale ritorno dell’investimento. «Il fattore tempo è un alleato prezioso, perché è proprio su orizzonti di più ampio respiro che i mercati finanziari possono esprimere al meglio il proprio potenziale di crescita», ricorda Andrea Rocchetti, head of investment advisory di Moneyfarm. Quanto possono rendere le azioni e i bond? I conti li ha fatti per l’economia Raffaele Zenti, prendendo in esame le performance realizzate da borse (5,2%), obbligazioni globali (2%) e titoli governativi a breve termine (0,8%) negli ultimi 120 anni, calcolate dagli economisti della London Business School per Credit Suisse in termini reali. Se questi valori fossero confermati — la statistica, del resto, è uno dei pochi strumenti che abbiamo – allora potremmo aspettarci un rendimento cumulato del 100% in 10 anni per le azioni globali: equivarrebbe a raddoppiare il capitale investito, al netto dell’inflazione (ma bisognerebbe considerare i costi degli strumenti, che non sono stati inclusi in questo esercizio). Su un arco decennale, a loro volta, le obbligazioni hanno reso il 48% e titoli governativi a breve termine il 31,8%.
Più si allunga la finestra temporale, più si amplificano i risultati attesi . «Questo è quello che insegna una storia ultrasecolare. Ma non è una profezia — avverte Zenti —. Oggi, per esempio, la liquidità rende zero. Nei prossimi cinque anni le performance delle attività monetarie saranno verosimilmente più basse rispetto al passato». Detto questo, non c’è dubbio che i rendimenti attesi dell’azionario siano più elevati, a fronte di una volatilità più accentuata. Significa che questa componente, all’interno dei portafogli, può aiutare a realizzare più velocemente gli obiettivi d’investimento. O portare, nello stesso tempo, a risultati più ambiziosi. Se si sa per certo che le somme investite non dovranno essere liquidate in anticipo rispetto alle tempistiche ipotizzate, allora probabilmente è un errore limitare l’esposizione azionaria, per il timore che la volatilità possa generare delle perdite lungo il percorso. «Bisogna guardare da una prospettiva più ampia al concetto di rischio, che non riguarda solo la volatilità — spiega Matteo Astolfi, managing director di Capital Group Italia — ma anche la possibilità che l’investitore fallisca il raggiungimento dei suoi obiettivi, perché ha un portafoglio inadeguato».