«ANCHE NEI PROFUMI LEADERSHIP GLOBALE DEL MADE IN ITALY: RIPARTIRE È POSSIBILE BISOGNA SEMPLIFICARE E AGEVOLARE GLI IMPRENDITORI»
La casa dei profumi di lusso, da oltre quarant’anni, si trova allo stesso indirizzo: Cavenago di Brianza, a pochi chilometri da Milano, nel cuore della beauty valley lombarda. È qui che ha sede Euroitalia, che firma, ovvero crea e distribuisce, alcune delle fragranze più note e vendute in tutto il mondo: Versace, Moschino, Missoni, Dsquared2, insieme a Naj Oleari Beauty, Reporter e agli ultimi entrati in famiglia, con un’acquisizione portata a termine proprio nei mesi della pandemia, i brand Atkinsons e I Coloniali. «Siamo i primi sostenitori dell’arte della profumeria italiana nel mondo e siamo convinti che possa continuare a crescere, anche in un contesto difficile come quello attuale», dice Giovanni Sgariboldi, 77 anni, che di quella casa ha posto le fondamenta quando l’ha creata nel 1978, già allora spinto dalla medesima certezza: il made in Italy è destinato a vincere, anche nelle fragranze.
Con questa determinazione ha portato Euroitalia a vendere 32 milioni di pezzi all’anno in 157 Paesi, attraverso una rete distributiva diretta, partner locali di fiducia e duty free. Primo player italiano del settore con 448 milioni di euro di ricavi, di cui il 94% realizzati all’estero, cosa di cui Sgariboldi va molto fiero. Ma, ancor più fiero, il patron va del fatto di produrre tutto nel suo distretto del profumo: dall’ideazione alla scelta della fragranza, dallo studio del packaging alla produzione industriale. Una supply chain a kilometro zero per prodotti che poi fanno bella mostra nelle profumerie e nei duty free, da Singapore a Dubai.
Crescere, in famiglia
Con 448 milioni di ricavi ed export pari al 94%, la società ha come primo mercato gli Usa. La Cina segna il più 40% nell’ecommerce
Euroitalia dalla Brianza crea e distribuisce i grandi marchi, da Versace a Missoni. Acquisizioni, nuovi prodotti e la spinta green. Il fondatore Sgariboldi: «Devoti alla crescita. Il made in Italy? Una responsabilità»
«Mio padre ci ha trasmesso la passione e l’approccio “all’attacco” che guida da sempre le nostre strategie e grazie al quale abbiamo iniziato il 2021 con una domanda in crescita, perché abbiamo saputo fidelizzare i clienti anche nel lockdown», gli fa eco il figlio Davide, general manager dell’azienda dove sono attivi anche i fratelli Matteo, business development manager, e Andrea, export manager. Euroitalia sta puntando su nuovi prodotti, sulla sostenibilità della produzione, sull’imprescindibile ecommerce, senza escludere altre acquisizioni. Perché, come dice Giovanni, con l’energia di uno startupper e la sicurezza di un imprenditore con radici e visioni solide, «siamo devoti alla crescita e ci piace cogliere le opportunità». Dopo un 2020 certamente complesso, cosa aspettarsi quest’anno? Giovanni: «Sui mercati domestici l’economia ha tenuto. C’è stato invece un calo sui duty free. Pensiamo comunque di chiudere il 2020 con una riduzione molto limitata sull’anno precedente. Nel 2021 non guarderemo indietro, ma affronteremo i mercati nel miglior modo possibile, anche se questo comporterà avere una redditività inferiore. Da quest’anno, infatti, sarà quanto mai importante avere una volontà ferrea, senza precludersi niente. Ci sono aree osservate speciali come l’asia, dove l’ecommerce è cresciuto del 40%, in Medio Oriente vedo continuità e scommetterei sulla ripresa Usa. Vendiamo in diversi Paesi africani, con ottimi risultati in Sudafrica, e stiamo esplorando nuove possibilità di sviluppo».
Davide: «Nel 2020 abbiamo dato impulso al mercato per bilanciare il calo della domanda con il lancio di due nuovi prodotti, un Versace femminile e un Missoni maschile, e siamo riusciti a incrementare la nostra quota di mercato. Non abbiamo ridotto gli investimenti, la sede si è ingrandita, abbiamo assunto, soprattutto giovani under 30, nel marketing, e abbiamo agevolato il credito commerciale di alcuni clienti meritevoli. La filiera per noi è importante quanto i nostri clienti».
Potrebbe essere un altro anno favorevole per nuove acquisizioni? Che cosa pianificate per i due nuovi brand?
Giovanni: «Siamo aperti ad altre operazioni e siamo nelle condizioni di poterle fare, abbiamo la volontà di crescere ancora. Ci piace essere aggregatori». Davide: «Per Atkinsons e i Coloniali abbiamo lavorato su rebranding e riposizionamento dei marchi, oltre che su una selezione esclusiva dei prodotti che costituiranno le fondamenta dalle quali ripartire. Per questi brand di proprietà (così come Naj Oleari Beauty) attiveremo un ecommerce dedicato, come abbiamo già fatto per alcuni marchi di novorevole stra gestione, strategia che ha premiato nelle vendite».
Il vostro primo bilancio di sostenibilità conta 180 pagine. È la fotografia della Euroitalia di domani?
Davide: «Il bilancio è il punto di arrivo, la sistematizzazione di una serie di azioni virtuose che l’azienda ha nel suo dna. Ad esempio a Cavenago e Monza tutta l’energia che utilizziamo è già green, abbiamo creato una black list degli ingredienti e delle materie prime e i nostri cofanetti regalo sono al 100% plastic free nel packaging. Ma stabiliamo anche alcuni obiettivi raggiungibili nel breve termine: fragranze biodegradabili fino al 95% (l’ultima prodotta Turquoise, lo è all’85%), il 100% del packaging certificato FSC contro la deforestazione, una filiera sostenibile a chilometro zero. Per noi sostenibilità è anche supportare le giovani generazioni rendendo sempre più florido il nostro distretto del profumo».
Avete ricavi importanti e conti in ordine. La Borsa è un’opzione?
Giovanni: «In questo momento una quotazione è prematura, ma non vuol dire che le cose non cambieranno. Certamente la borsa è un cambio generazionale per un’azienda al 100% a conduzione famigliare. Ci penseranno i miei figli!».
Davide: «Siamo già nella piena compliance di revisione internazionale contabile, ma dobbiamo ancora migliorare sul fronte internazionalizzazione e digitalizzazione, sia interna che verso il consumatore. A ogni modo, nessuna urgenza, le attuali font idi finanziamento interno sono adeguate a ogni ti podi crescita, e non ricorriamo a finanziamenti esterni strutturali, tranne l’ultimo accordo con Cassa depositi e Prestiti per un sostegno dello sviluppo commerciale di breve termine».
Siete imprenditori di lungo corso: che cosa serve al Paese per ripartire? Davide: «Un sistema economico più faall’imprenditoria, una politica fiscale più competitiva. Bisogna restituire l’entusiasmo alle persone, alle aziende».
Giovanni: «Ci vorranno un paio di anni per uscire dalla crisi, meno se saremo molto bravi. Una cosa è certa: niente sarà più come prima e le aziende devono prepararsi. Ma il made in Italy sarà sempre straordinariamente richiesto ed è una responsabilità da portare avanti con orgoglio e visione».