«CAVI E HI-TECH PRYSMIAN CERCA PREDE NEGLI STATI UNITI E ANCHE IN ASIA»
«Abbiamo stretto i denti per superare la crisi di fatturato, ora importiamo nel nostro consiglio di amministrazione importanti profili internazionali. L’america è il nostro secondo mercato e lì vogliamo crescere ancora. Ma ci interessa molto anche l’asia»
Quindici anni dopo, Prysmian cambia direzione. L’ex Pirelli Cavi, acquisita dal management all’inizio del secolo è oggi un gruppo che, dai 2 miliardi di euro di fatturato del 2002 è arrivata a 11 miliardi, conquistando un posto tra i grandi del settore a livello mondiale. Gli Stati Uniti, dopo l’acquisizione di General Cable, sono diventati il secondo mercato per volumi, il primo per ricavi. E proprio dall’esperienza americana arriva l’uomo che Valerio Battista, anima insostituibile di questi 15 anni di Prysmian, ha individuato come proprio successore alla guida, Massimo Battaini, che con il nuovo consiglio di amministrazione che si insedierà a maggio acquisirà alcune deleghe operative per il prossimo triennio.
Ingegner Battista, avete completato l’integrazione di General Cable in Usa. Che esperienza è stata?
«Fantastica. Perché il mercato americano è abbastanza diverso da quello europeo. Negli Usa non si cambia il fornitore per lo 0,1 per cento del prezzo. Il mercato americano ha un numero minore di fornitori, i clienti sono in numero minore, tutto è più concentrato, la scala è più grande e non c’è l’ossessione di abbattere il costo riducendo il prezzo d’acquisto come c’è in Europa. È un rapporto molto più basato sulla relazione costruita nel tempo e molto meno sul mordi e fuggi».
Gli Usa contano moltissimo per voi, specialmente ora.
«Oggi in Nordamerica siamo, come dimensioni assolute i numeri 2, quasi al livello del leader che è South Wire. Che è più grossa di noi, ma fa soprattutto building wire, cavi per l’edilizia, meno remunerativi. Con l’acquisizione di General Cable il Nordamerica è diventata la seconda macro regione del gruppo e la prima in termini di risultati, davanti all’europa che pure è un pochino più grande».
Il cambio di presidenza a Washington, con l’arrivo dell’amministrazione Biden, ha risolto dei problemi nel vostro business?
«Ancora nella pratica no. Ma io ho promesso al mio team, che mi chiedeva quando avremo fatto uno stabilimento per i cavi sottomarini negli Stati Uniti, che lo avremo fatto quando cambiava l’amministrazione e la prima off-shore windfarm
su grande scala sarà funzionante. Dobbiamo ancora prendere decisioni operative, ma credo che, tempo cinque anni, saremo negli Stati Uniti. Siamo già impegnati in un progetto importante in Massachussetts, ma era un progetto on hold. Ora sono convinto che nei prossimi mesi si sbloccherà. Per ora, lì utilizzeremo i nostri cavi prodotti in Finlandia, in uno stabilimento che sarà a zero emissioni di Co2».
Covid. Qual è stato l’impatto interno e sui mercati di sbocco. «Come ci si poteva aspettare, anche noi abbiamo registrato un calo dei volumi importante, diciamo in misura del 10% sui business più ciclici. Siamo però riusciti ad attutire con sacrifici l’impatto della perdita sul risultato finale dell’anno, che sarà in linea con quanto comunicato. Ci siamo riusciti facendo sacrifici e tagliando tanto i costi fissi e di conseguenza perdendo solo una parte dell’effetto volume in termine di risultato».
Quando parla di sacrifici, pensa alla cassa integrazione. «Soprattutto alla cassa integrazione per quella parte di lavoratori più colpiti, ma ci sono stati anche zero ritocchi alle retribuzioni per tutto lo staff, per il management e il blocco delle assunzioni all’interno della società. Ma anche zero licenziamenti». E adesso?
«Il 2021 lo vedo ancora come un anno di sofferenza parziale. Perché vedo che la tendenza del primo trimestre è molto simile al primo trimestre dell’anno scorso. Però con un lieve progressivo miglioramento. Spero che nella seconda parte dell’anno si possa vedere un po’ di ripresa. Quando arriverà il vaccino su larga scala dovrebbe arrivare anche la percezione della sicurezza, con effetti positivi sul business. In questo senso le rinnovabili e i criteri Esg dovrebbero beneficiarne».
L’assemblea di Prysmian il 28 aprile rinnoverà il board. Lei si ricandida.
«Io comincio ad avere 64 anni e ho il dovere di costruire progressivamente chi porterà avanti la società nei prossimi venti anni. Lascerò un po’ di deleghe, quelle più operative, a Massimo Battaini, attuale ex ceo di Prysmian Usa, nonché componente del cda che rientrando, dopo aver chiuso l’integrazione con General Cable, viene a prendere una posizione da chief operating officer con responsabilità su una parte del business. Io mi occuperò più della strategia e gli aspetti di lungo respirò e lascerò il day by day a Battaini».
Quindi lei penserà alla prossima acquisizione. Dove sarà?
«Non lo so. Mi piacerebbe una cosa negli Stati Uniti, oppure in Asia».
Il Recovery fund europeo farà bene ai vostri conti?
«Si. Mi aspetto un impatto positivo, perché il Recovery fund europeo porterà a una serie di investimenti in Europa che sono investimenti soprattutto nella parte infrastrutturale, nel rispetto delle direttive Esg. Quindi mi aspetto che i nostri clienti sappiano investire nelle reti di trasmissione, soprattutto per le telecomunicazioni».
Si prospetta un nuovo board.
«Il nostro consiglio di amministrazione sta andando verso cambiamenti abbastanza profondi, fermo restando che il management tendenzialmente non cambia, né il presidente, né l’amministratore delegato, sempre che mi rieleggano. Sarà un board con il 75 per cento di componenti indipendenti. Non credo nessun altro possa dirlo in Italia. Io ho spinto perché entrino nel board ex direttori generali o amministratori delegati di altre aziende. Persone che hanno a che fare con la gestione di una azienda a 360 gradi. Non degli specialisti. Perché gli specialisti portano la specialità settoriale, mentre chi ha guidato una azienda può intervenire e supportare Prysmian in tutte le sue necessità. È per questo che io non ho mai voluto nel board, salvo rarissimi casi, né professori né avvocati. E questo perché portano la discussione all’interno del board troppo su temi specifici, di loro competenza. Qui invece abbiamo bisogno di personaggi di alto livello, con esperienza, che abbiano gestito aziende. Ed è quello che i candidati della nuova lista rappresentano».
Infine il titolo, che in Borsa non va benissimo.
«Il titolo va dove lo mandate voi, dico sempre ai miei azionisti. Siamo arrivati a 30 euro, poi Gianni Tamburi ha deciso di realizzare il grosso della sua partecipazione a un valore significativo e credo sia comprensibile, alla luce di questa vendita, la flessione del titolo. Per di più Tamburi è considerato molto vicino alla società e qualcuno ha interpretato la vendita con il fatto che non ci sia più molto upside
per Prysmian. Io sono invece convinto che ci sia upside e che torneremo a 30 euro. Ne sono convinto. Sennò, cosa ci stiamo a fare qui?».
Massimo Battaini rientrando dagli Usa sarà il nuovo «coo» del gruppo. A lui lascerò alcune deleghe operative per il day by day