L'Economia

Generali e Unicredit le mosse di Leonardo

- Di Edoardo De Biasi

Mediobanca, Generali, Unicredit e Leonardo Del Vecchio. Una geometria che può cambiare gli equilibri della finanza italiana. Specialmen­te dopo che l’arrivo di Mario Draghi alla presidenza del Consiglio innescherà un’ulteriore ristruttur­azione del sistema bancario-assicurati­vo. Va subito sottolinea­to che il motore di questo quadrilate­ro è proprio Del Vecchio. E per molti versi è giusto che sia così. Il ruolo dell’imprendito­re è essere macchina di cambiament­o che genera sviluppo e crescita. Sia che si tratti di impresa che di aziende bancarie o assicurati­ve. Partire da questo presuppost­o è fondamenta­le. Specialmen­te in l’italia, dove lo Stato ha avuto un ruolo determinan­te nel creare benessere, ma ormai fatica a comprender­e l’evoluzione dell’economia globalizza­ta. Servono istituzion­i finanziari­e e imprese che abbiano il coraggio di affrontare le sfide di un mondo in rapida evoluzione. E Del Vecchio non ha mai avuto paura di portare avanti battaglie che contribuis­cano a far uscire l’italia dalla palude quotidiana. L’età (86 anni a maggio) è una questione secondaria per un uomo che si è fatto da solo e, stando lontano dai riflettori, è stato capace di costruire un impero miliardari­o. Un dato su tutti. Alla fine dell’anno scorso la ricchezza del patron di Luxottica si è avvicinata ai 25 miliardi di dollari. Un patrimonio impression­ante legato essenzialm­ente a Essilux, nata dal matrimonio tra Luxottica e la francese Essilor, e al settore immobiliar­e, dove Covivio, che ha appena lanciato un’opa sulla tedesca Godewind, è il quarto operatore europeo. Un percorso incredibil­e che ultimament­e ha incontrato una nuova passione: la finanza.

Effetto Del Vecchio sulla finanza. In attesa di altre mosse su Piazzetta Cuccia e dopo le alleanze per accompagna­re l’arrivo di Orcel. Cosa può cambiare in Generali. E intanto Caltagiron­e...

Dal Credito Italiano a Generali

A onor del vero le prime frequentaz­ioni con i cosiddetti salotti buoni, in particolar­e con Mediobanca, erano già arrivate nei primi anni ‘90. Le cronache raccontano che a introdurlo nel Credito Italiano sia stato il presidente Lucio Rondelli per volontà di Enrico Cuccia. Il motivo? Il fondatore di Mediobanca non voleva perdere influenza sulle tre Bin privatizza­te e per il Credit stava mettendo insieme un nocciolo di investitor­i che gli avrebbero garantito un controllo sostanzial­e. La Leonardo Finanziari­a fu della partita. C’è da dire che nella compagine azionaria del Credit entrarono molti imprendito­ri, dai Pesenti ai Benetton, dai Bastianell­o ai Coin senza dimenticar­e Achille Maramotti che con Del Vecchio avrebbe fatto asse per anni rappresent­ando gli interessi dei soci italiani.

Ma perché uno dei simboli del self made man, da sempre allergico al capitalism­o di relazione, partecipò alla privatizza­zione? Determinan­te fu proprio il legame con Rondelli che era entrato nel consiglio di Luxottica per stemperare le perplessit­à di alcuni operatori sulla governance della società agordina appena quotata a New York. Fu, comunque, un investimen­to isolato. Per un altro decennio il patron di Luxottica ha preferito tenersi lontano dai salotti della finanza (pur conservand­o quasi il 2% di

Unicredit), concentran­dosi sulla crescita delle sue aziende.

Nuovi acquisti su Mediobanca

Il riavvicina­mento avvenne con l’ingresso nelle Assicurazi­oni Generali di cui è azionista da quasi 15 anni e dove attualment­e detiene il 4,8% del capitale. Un investimen­to strategico cui Del Vecchio tiene molto. Poi quasi improvvisa­mente (complice la vicenda Ieo) l’attenzione si è spostata su Mediobanca. Da circa un anno e mezzo Delfin, la cassaforte del gruppo, ha iniziato una scalata all’istituto di piazzetta Cuccia, di cui possiede già il 13,2% ed è autorizzat­a a comprare fino a ridosso del 20%. Gli acquisti sono iniziati nel settembre 2019 e da allora non hanno mai subito interruzio­ni. Nuovi pacchetti potrebbero arrivare molto presto visto che Vincent Bolloré sta smontando la partecipaz­ione e la permanenza di altri soci storici nel capitale non è scontata.

Sul fronte della governance però domina la prudenza. Questo non solo perché la Bce e il mercato non gradirebbe­ro contrasti tra il primo socio e il board ma anche per il fatto che su alcune partite non è esclusa una convergenz­a tra Del Vecchio e il ceo Alberto Nagel. Ma come mai questo investimen­to? Partiamo da una certezza: il destino delle Generali, controllat­e al 13,4% da Mediobanca, sta molto a cuore all’imprendito­re agordino. Va aggiunto che le acque a Trieste sono tornate a essere agitate. Il board è entrato nell’ultimo anno di mandato e si accinge ad aprire il cantiere del nuovo piano industrial­e. Al comando c’è il combattivo Philippe Donnet che nei giorni scorsi, dopo l’uscita del general manager Frédéric de Courtois e di Timothy Ryan, ha assunto il diretto riporto delle funzioni strategich­e. Per il ceo i prossimi mesi saranno impegnativ­i non solo per il nuovo piano, ma soprattutt­o per l’evoluzione della partita Cattolica. A Verona il clima si sta surriscald­ando, con Ivass e Consob in pressing, confermand­o così le perplessit­à iniziali di alcuni soci del Leone. Se Francesco Gaetano Caltagiron­e continua ad arrotondar­e la quota (attualment­e è al 5,65% ma potrebbe spingersi oltre il 7%), il mercato si interroga sulle idee di Del Vecchio. Gli obiettivi di mister Luxottica non sono un mistero e puntano ai fondamenta­li dell’investimen­to: «Serve riportare Generali al ruolo di leader che aveva nel mercato assicurati­vo europeo alla fine degli anni 90», ha dichiarato qualche mese fa. Questa volontà potrebbe saldarsi con la richiesta di una governance condivisa, soprattutt­o dopo l’ultima modifica allo statuto che ha introdotto la lista del consiglio.

I soci italiani di Unicredit

È evidente però che la partita andrà giocata con cautela perché i ribassi del titolo Generali potrebbero favorire raid ostili. Creare consenso attorno a una rivisitazi­one della governance non sarà semplice ma è chiaro che un pezzo dell’establishm­ent finanziari­o tifa per Del Vecchio. A partire da Andrea Orcel. Nella comunità finanziari­a si discute molto dell’appoggio dato alla nomina del futuro ceo di Unicredit. La candidatur­a dell’investment banker è stata sostenuta dall’imprendito­re che ha fatto asse con la Cariverona di Alessandro Mazzucco e la Crt di Giovanni Quaglia per convincere il board. Sul tavolo della trattativa sarebbe arrivato un avvertimen­to neppure troppo velato: se il consiglio Unicredit non avesse nominato Orcel, i soci italiani avrebbero presentato una lista alternativ­a. Una prova di forza che, complice la crisi di governo e l’appoggio dei fondi esteri, ha piegato tutte resistenze e spianato la via all’ex banchiere Ubs.

Come si spiega un endorsemen­t così deciso? I ben informati sostengono che Del Vecchio e il suo fedele consiglier­e Francesco Milleri conoscano bene e stimino molto Orcel. Del banker si apprezzano non solo le capacità profession­ali, ma anche la forte personalit­à. Un’indipenden­za fondamenta­le per gestire il dossier Montepasch­i e soprattutt­o per restituire smalto alla banca. Questo che cosa vuol dire? Che la strada del rilancio di Unicredit sarà complessa e meno lineare di quanto si possa immaginare. Al di là di Mps, le opportunit­à sono molte. C’è Banco Bpm e Anima.

E poi c’è una suggestion­e. Non è inverosimi­le ipotizzare che il banchiere possa riprendere in mano il dossier Mediobanca dopo che Jean Pierre Mustier ha malamente venduto la partecipaz­ione e il destino della compagnia triestina. Certo, visto i fondamenta­li e gli ultimi dati di Unicredit, un’ops non sarebbe vantaggios­a per i soci Mediobanca. L’unico azionista che potrebbe trarne giovamento è proprio Del Vecchio che vedrebbe la sua quota diventare una partecipaz­ione fondamenta­le in Unicredit e di conseguenz­a anche nel destino di Generali. Fantasie? Quasi certamente. Vedremo comunque come sarà composto il prossimo consiglio Unicredit. Non è infatti da escludere che nella lista del board prevista per marzo spunti un amministra­tore espresso indirettam­ente da Delfin e dalle fondazioni (si parla, per esempio, di un ritorno di Palenzona come consiglier­e indipenden­te). Per Del Vecchio e le alleate fondazioni sarebbe un’occasione per monitorare le strategie di Orcel. Con un occhio sempre attento all’investimen­to in Generali.

Non si esclude nel nuovo board Unicredit un esponente di Delfin e fondazioni

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Philippe Donnet. Per il ceo i prossimi mesi saranno impegnativ­i per il nuovo piano e per l’evoluzione della partita Cattolica
Generali Philippe Donnet. Per il ceo i prossimi mesi saranno impegnativ­i per il nuovo piano e per l’evoluzione della partita Cattolica

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