Il gioco dei versamenti
Molti investitori tendono ad essere più avversi al rischio di quanto dovrebbero. L’esempio più eclatante riguarda la previdenza complementare, ovvero l’investimento che può vantare l’orizzonte di riferimento in assoluto più ampio. Quello, cioè, che consentirebbe di far lavorare meglio i mercati finanziari al servizio dei propri investimenti. Il 43% degli iscritti a una forma di previdenza integrativa — dice la Covip — ha scelto un comparto garantito, rassegnandosi a rendimenti netti dello 0,7% annuo negli ultimi cinque, meno di un terzo di quanto abbiano reso le linee bilanciate. «Con un orizzonte di 25 anni, conviene approfittare del fattore tempo, che è anche supportato dal vincolo legale», ricorda Andrea Rocchetti, head of investment advisory di Moneyfarm. Infatti i risparmi destinati alla previdenza complementare sono blindati per i primi otto anni (dopodiché, si può ottenere un anticipo fino al 30%, senza vincolo di destinazione, in percentuali più ampie solo a determinate condizioni).
Per un investitore che andrà in pensione nel 2046, con una media propensione al rischio, Rocchetti suggerisce un portafoglio esposto per circa il 70% alle Borse. «L’investimento previdenziale viene costruito attraverso versamenti successivi: è un motivo in più per aumentare il livello di rischio, a parità di altre condizioni, perché l’ingresso dilazionato contribuisce a mitigare la volatilità del portafoglio», ricorda l’esperto. A mano a mano che ci si avvicina alla scadenza del piano, però, si dovrebbe fare un ribilanciamento, riducendo progressivamente il rischio. Ad esempio, suggerisce Rocchetti, quando mancano 10 anni alla pensione, la componente azionaria potrebbe essere ridotta al 50%, per poi scendere ulteriormente, sotto il 20%, negli ultimi cinque anni della fase di accumulo. Molte forme di previdenza complementare permettono di realizzare questo ribilanciamento in modo automatico. Fondamentale è, però, assicurarsi che non siano previsti onerosi costi di caricamento iniziali .