L'Economia

Borse, dal tech ai titoli green Chi rischia una correzione

- Di Gabriele Petruccian­i

Èarrivato il momento di ruotare il proprio portafogli­o. I parallelis­mi con la crisi del 2000 sono sempre più evidenti e il rischio di una correzione è dietro l’angolo». Ne è convito Luca Riboldi, cio di Banor Sim, che invita ad alleggerir­e le proprie posizioni, con selettivit­à, su quei settori che oggi presentano multipli troppi elevati, per concentrar­si invece maggiormen­te sui comparti rimasti indietro e che potrebbero trarre beneficio da una ripresa dell’economia.

«È arrivato il momento di approcciar­e con maggiore cautela le azioni ad alta crescita di fatturato, con debiti elevati e in perdita; queste società, che sono salite moltissimo negli ultimi 18-24 mesi, sono prezzate per la perfezione. Basterebbe­ro piccole delusioni sulla crescita per farle calare del 20-30% in un giorno», avverte.

«Esattament­e come nel 2000, ci sono tanti titoli oggi che presentano valutazion­i estremamen­te tirate — argomenta Riboldi —. Inoltre, vediamo situazioni che potremmo definire anomale, come per esempio Spac che valgono in Borsa più della liquidità che hanno raccolto, e senza ancora avere una società target da acquisire. Che dire poi delle Ipo: sul mercato americano stanno facendo registrare rialzi anche del 100% rispetto al prezzo di collocamen­to, per raggiunger­e valutazion­i di 30-40 volte il fatturato».

Insomma, le similitudi­ni con la bolla delle dot.com sono tante. E poi ci sono i campanelli d’allarme lanciati da alcuni indicatori, «come il call/put ratio, che è ai massimi degli ultimi 20 anni — puntualizz­a l’esperto di Banor Sim —. Il che denota una positività molto forte tra gli investitor­i. Un altro indicatore da monitorare è il livello di cash in portafogli­o, che si aggira intorno al 3% contro una media storica del 6-7% circa».

D’altronde, a differenza di 20 anni fa, oggi non ci sono molte alternativ­e al mercato azionario. Nel 2000, la Fed stava alzando i tassi di interesse già da un po’ e si poteva investire nel reddito fisso americano a 10 anni con rendimenti del 6% (il 4% in Europa). Oggi, invece, in America si viaggia su rendimenti obbligazio­nari intorno all’1%, mentre in Europa siamo praticamen­te a zero (la Germania è addirittur­a negativa). «A questi livelli, l’investimen­to obbligazio­nario ha veramente poco senso — puntualizz­a Riboldi —. Il rapporto rischio-rendimento è nettamente a favore delle azioni».

Il motivo

È per questo che gli investitor­i continuano a puntare sull’equity, senza neanche provare a coprirsi dal rischio di eventuali correzioni. Una situazione che ha portato alla formazione di sacche di bolla in diversi settori, in particolar­e in tutti quei trend che hanno accelerato durante la pandemia, quindi e-commerce, auto elettriche, telemedici­na e videoconfe­renze.

«Anche nel mondo delle rinnovabil­i ci sono valutazion­i estremamen­te alte — fa notare ancora Riboldi —. I forti flussi sugli Etf che investono sulle energie rinnovabil­i hanno spinto le quotazioni di molte aziende a livelli irrealisti­ci. Inoltre, i ritorni sui nuovi investimen­ti stanno crollando. Qualche anno fa, l’irr (tasso interno di rendimento, ndr) dei progetti nel solare e nell’eolico era del 16%; oggi, invece, è del 6% circa».

In questo scenario, il rischio di una forte correzione è molto alto, con potenziali downside (rischio di ribasso) su alcuni titoli anche del 50 per cento.

«La buona notizia è che all’orizzonte c’è una ripresa economica in arrivo — aggiunge Riboldi —. Entro l’estate, gran parte della popolazion­e sarà vaccinata contro il coronaviru­s e questo porterà a un deciso aumento dei consumi. Uno scenario che ci spinge a essere positivi sui settori più correlati al ciclo economico. Comparti come quello finanziari­o e assicurati­vo, che negli ultimi 5 anni hanno sofferto moltissimo, ora potrebbero prendersi la loro rivincita. Ma anche i titoli legati alle materie prime, ai viaggi e al turismo in generale rappresent­ano delle occasioni d’acquisto. E poi ci sono società a bassa crescita, come i titoli farmaceuti­ci, che crescono poco ma che hanno p/e molto bassi (circa 11) e dividend yield molto interessan­ti, nell’ordine del 3-4%». L’ora della rotazione, dunque, è arrivata.

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 ??  ?? Analisi Luca Riboldi, Cio di Banor Sim: alleggerir­e le posizioni su quei settori che oggi presentano multipli troppi elevati
Analisi Luca Riboldi, Cio di Banor Sim: alleggerir­e le posizioni su quei settori che oggi presentano multipli troppi elevati

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