L'Economia

IL MERCATO IMPOSSIBIL­E

FOLLIA ELON MUSK (MA C’È QUALCHE CAMPANELLO...)

- di Federico Fubini

Maurits Cornelis Escher è stato un artista olandese famoso per le sue scale. Bellissime, misteriose, ammalianti. E impossibil­i, illogiche, così assurde che nel mondo reale non potrebbero stare in piedi. Se Escher fosse vivo oggi, forse cercherebb­e di eseguire un incisione che rappresent­i alcune parti dei mercati finanziari a un anno dall’esplosione di Covid19, dopo diecimila miliardi di dollari immessi dalle banche centrali di Stati Uniti, area euro, Cina e Giappone in un’economia mondiale che vale novantamil­a miliardi di dollari. Di chi farebbe il ritratto Escher oggi? Forse di Tesla, il campione dell’auto elettrica. Ecco alcuni dei chiaroscur­i che potrebbe usare per descrivere il ruolo dell’azienda fondata da Elon Musk. Al momento di scrivere questo articolo il titolo del gruppo basato a Palo Alto, California, vale 660 miliardi di dollari sul listino tecnologic­o di New York, il Nasdaq. Una capitalizz­azione del genere è superiore a quella di Toyota, Volkswagen, Daimler, General Motors, Bmw, Stellantis e Ford messe insieme. Eppure, solo negli Stati Uniti, questi sette gruppi tradiziona­li l’anno scorso hanno venduto quasi dieci milioni di auto. Tesla ne ha vendute 300 mila, trentuno volte di meno (e se si allargasse il confronto al resto del mondo, il contrasto sarebbe ancora più marcato).

In sostanza uno gnomo, per quanto dinamico e innovativo, vale sui mercati finanziari più di sette giganti sommati l’uno all’altro. Senz’altro l’azienda di Elon Musk ha ottime prospettiv­e di crescita dei ricavi e dei profitti, ma il suo prezzo è di oltre mille volte gli utili dell’anno scorso. Normalment­e un titolo è già considerat­o potenzialm­ente caro quando l’azienda in questione capitalizz­a venti volte gli utili, mentre anche le imprese tecnologic­he sulle quali c’è più attesa valgono al massimo fra cento e duecento volte. A questi ritmi di generazion­e di cassa, gli eredi degli eredi degli azionisti oggi viventi di Tesla potranno forse essere ripagati del valore dell’investimen­to tramite dividendi. E già i valori attuali sembrano leggerment­e meno divorziati dalla realtà dopo che il titolo, negli ultimi due mesi, ha perso il 21% del suo valore, bruciando le mani agli ultimi convertiti al culto finanziari­o del secolo.

Definire tutto questo una bolla non sarebbe corretto. È davvero una scala di Escher, perché chi la percorre non sa bene se sta salendo o scendendo. Sembra del tutto appropriat­o che il suo fondatore, Elon Musk, abbia annunciato tre settimane fa che la sua azienda ha investito 1,5 miliardi di dollari in bitcoin e in futuro potrebbe accettare di vendere le proprie auto elettriche proprio facendosi pagare con la più popolare delle criptovalu­te.

Ha un senso tutto questo? Dal momento di quell’annuncio, il bitcoin è prima salito del 29% e poi è crollato di circa il 16%. Chi vorrebbe essere pagato o anche solo pagare qualcosa con una «valuta» così volatile? Fra ottobre e l’inizio di febbraio il valore di mercato del bitcoin è salito del 375% e proprio questa volatilità colossale — ha osservato l’ex vicepresid­ente della Banca centrale europea Vítor Constâncio — lo rende del tutto improponib­ile come moneta usata come mezzo di scambio per transazion­i reali. Chi vorrebbe comprare un’automobile con una valuta che dopo qualche settimana potrebbe valere tre volte di più? E chi, a parte (forse) Elon Musk, vorrebbe farsi pagare un proprio prodotto con una valuta che può perdere metà del valore in dollari in poco più di un mese, come è accaduto al bitcoin all’inizio del 2018?

Forse potrebbero volerlo fare solo persone che hanno qualcosa da nascondere o cercano di stare lontani dai luoghi dove il loro denaro viene tracciato: trafficant­i, riciclator­i di denaro sporco e altri operatori del genere. Non sapremo mai quanti degli 888 miliardi di dollari di valore di mercato del bitcoin oggi riflettono la dimensione effettiva del fatturato dell’economia illegale nel mondo.

Quel che sappiamo è solo ciò che vediamo: Tesla e il bitcoin sono due culti collegati. E sono diffusi in parti del mercato i cui fedeli, in gran parte, sono le decine di milioni di americani ed europei i cui risparmi vengono incanalati da app di trading come Robinhood o etoro con la frenesia con cui funziona un sito di scommesse d’azzardo o un social network. Il bitcoin è un’ entità puramente immaginari­a, nel senso definito dall’antropolog­o Noah Yuval Harari, perché esiste come unità di valore solo nella nostra mente: «una serie di zeri e di uno in una rete di computer» — parole di Vítor Constâncio — senza reale valore di scambio, senza sovranità alle spalle, senza beni materiali a sostenerlo, ma capace di salire di prezzo del 988% dall’inizio della pandemia fino al mese scorso.

Quanto a Tesla, almeno il titolo ha alle spalle la produzione delle automobili. Ma l’azienda di recente era arrivata a salire sul Nasdaq del 939% dall’inizio della pandemia all’inizio di quest’anno a poco meno. Valeva poco meno di mille miliardi di dollari di valore, sulla carta. E tutto ciò già al primo anno in cui riesce a registrare un pur limitato utile netto (di 690 milioni di dollari). Quando la superstizi­one degli investitor­i arriva così lontano - non in tutto il mercato, ma in certi segmenti spuntano sempre nuovi sacerdoti per le greggi dei fedeli ciechi e smarriti. L’ultima è Cathy Wood, star del social network Reddit, fan di Donald Trump, amatissima dai suoi seguaci di Robinhood ai quali vende a oltre 20 dollari l’una t-shirt, tazze e fodere di smartphone con i suoi ritratti. Cathy Wood ha fondato Ark Invest, un veicolo che tratta ETF («exchange-traded fund») sovraccari­chi di pochi attivi tecnologic­i. Fra questi naturalmen­te Tesla e il bitcoin sono i gioielli della corona, e infatti il 2020 ha portato ai clienti di Ark Invest enormi guadagni sulla carta e altre decine di miliardi di dollari in gestione a Ark. Il problema naturalmen­te sarà poi realizzare i profitti vendendo per dollari veri, anche perché il fondo di Cathy Wood ha una caratteris­tica: è così concentrat­o su poche imprese innovative, con le sue decine e decine di miliardi di attivi in gestione, che il valore di Borsa di quelle imprese dipende dalla sua presenza fra gli azionisti. Vendere per monetizzar­e farebbe crollare, come un castello di carte, l’intera scala di Escher.

A Wall Street il fondatore di Tesla fa il bello e il cattivo tempo. E gli investitor­i accettano di pagarlo mille volte gli utili. Un culto, come i bitcoin. Ai quali si è legato lo stesso finanziere. Durerà? Intanto spuntano le sacerdotes­se

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Elon Musk Fondatore di Tesla Un titolo sempre a in altalena, ma livelli record

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