Mutti, il balzo del pomodoro: più estero che Italia
La Mutti cambia passo e, nel periodo della pandemia che ha visto in controtendenza positiva i consumi alimentari, inverte il rapporto fra Italia ed estero nel giro d’affari. Il marchio made in Italy dei sughi si internazionalizza, insomma. E l’azienda familiare spicca il balzo per ricavi e guadagni. «Quest’anno venderemo più all’estero che in Italia», annuncia Francesco Mutti, amministratore delegato, azionista e presidente di Centromarca. La previsione è che il volume di vendite sia nel 2021 per oltre il 50% generato all’estero contro il 48% del 2020.
È la prima volta che i volumi delle vendite oltreconfine dell’azienda superano quelli in patria: «Un passaggio importante, del resto all’estero abbiamo investito molto
— dice Mutti —. Ma l’italia è il nostro centro produttivo e vogliamo che resti un punto di riferimento, il mercato nazionale sarà un “primus inter pares”». L’inversione di tendenza si confronta con un export nazionale che, secondo i dati diffusi a inizio febbraio da Coldiretti, nel 2020 è calato del 10,8% (-9,7% il dato Istat), con l’anomalia del settore agroalimentare al +1,4%, trainato da Germania e Stati Uniti. Il gruppo alimentare di Parma chiuderà il bilancio 2020 con un incremento del fatturato del 23% a 465 milioni, anticipa l’amministratore delegato; e con un margine operativo lordo gestionale che s’impenna del 78% rispetto al 2019, a oltre 45 milioni di euro. L’indebitamento netto è dichiarato «prossimo allo zero».
L’anno scorso, dice l’azienda emiliana, le vendite a marchio in Italia sono cresciute del 14% per un totale di 150 mila tonnellate di prodotto vendute. Ora la sua quota di mercato «è del 32,5 % a valore». Prosegue dunque il piano di assunzioni, che sta viaggiando con incrementi intorno al 10% l’anno: nel 2020 Mutti, che a fine anno contava 365 dipendenti a tempo indeterminato, ha assunto 40 persone e ne prevede altre 49 per questo 2021, con la conferma di un altro migliaio per i 70 giorni della campagna di raccolta stagionale. Un dato «in stabile crescita, a fronte della previsione dei volumi produttivi», dicono.
«Ci aspettavamo un aumento importante dei ricavi nel 2020 dopo anni di semina su diversi mercati — commenta i risultati di bilancio Francesco Mutti —. In Francia, per esempio, abbiamo una leadership consolidata, come nei Paesi nordici. E la Germania ci sta dando risposte superiori al previsto». Dietro l’incremento c’è una domanda di prodotto superiore all’offerta (c’è stato un raccolto più scarso) e una crescita sostenuta delle vendite al dettaglio, «con la riscoperta della cucina casalinga e dei sughi». All’estero invece l’aumento delle vendite è dovuto al food service cioè ai professionisti, i ristoratori, punto d’ingresso nei mercati.
Anche i conti del 2021 sono previsti in forte crescita, ma è chiaro che «sarà rilevante come e quando usciremo dalla pandemia — dice Francesco Mutti —: se fra quattro o cinque mesi riprenderemo il consumo fuori casa oppure no».
Secondo l’imprenditore l’export, in generale, resta la leva per la ripartenza dell’italia, ma vanno sciolti due nodi: la dimensione delle aziende, «ancora troppo piccola nell’agroalimentare per un mercato molto grande»; e la formazione: «Bisogna ragionare sul lungo termine ed è il capitale umano che ci consentirà di essere tra 20 anni un Paese competitivo e non in declino, come siamo», dice Francesco Mutti.