MATTEO STORCHI UN POLO DELLA MECCANICA? NOI CI SIAMO
Il presidente e ceo di Comer Industries: «Vogliamo fare da aggregatori, cresciamo e stiamo assumendo giovani. L’atelier con Reggio Children per far conoscere il mondo degli ingranaggi»
Sarà inaugurato nelle prossime settimane a Reggio Emilia, Covid permettendo, un atelier per spiegare come funziona «dal di dentro» quella che è una delle caratteristiche del territorio: la meccanica. Passione che ha dato vita ad alcune delle più importanti aziende al mondo. Si chiama «I linguaggi degli ingranaggi» e racconterà il moto dei corpi e i numerosi principi fisici che lo governano. Ci saranno pezzi, componenti e materiali differenti da montare e smontare, misurare, assemblare, in un luogo di sperimentazione e ricerca per adulti e bambini. «L’atelier si andrà ad aggiungere agli altri già realizzati da Reggio Children, allestiti al Centro Internazionale Loris Malaguzzi — racconta Matteo Storchi, 45 anni, presidente e amministratore delegato di Comer Industries, che ha voluto questa iniziativa —. I nostri ingegneri, molti dei quali con figli, hanno messo a disposizione le loro competenze per rendere comprensibili i fenomeni della meccanica anche ai più piccoli. Quindi, anche per spiegare ai propri figli, e a tutti, di che cosa si occupa l’azienda. La meccanica è una materia sottovalutata, nonostante coinvolga la vita di tutte le persone».
Per Comer Industries quello passato è stato «un anno ovviamente molto sfidante come per tante altre aziende, ci siamo trovati di fronte a situazioni che nessuno aveva mai affrontato, passando attraverso varie fasi. Quella dell’emergenza vera e propria, in cui nessuno sapeva cosa sarebbe potuto succedere e durante la quale abbiamo dovuto prendere decisioni, e modificare quelle stesse decisioni, in tempo reale. E quella della ripresa, partita dopo l’estate e divenuta via via sempre più consistente, che abbiamo affrontato cercando di fare in modo che tutta la nostra filiera fosse in grado di seguirci, che avesse mezzi e risorse per fronteggiare la crescita. Siamo stati avvantaggiati dall’avere una sede in Cina, che ci ha permesso di concludere l’anno con un fatturato equivalente a quello del 2019 e un miglioramento della redditività». È stato grazie ai risultati della Cina che Comer pagherà il 100% della parte variabile dello stipendio dei dipendenti.
Ottimismo
Il gruppo guidato da Storchi è il prinma cipale attore globale nella progettazione e produzione di sistemi avanzati di ingegneria e soluzioni di meccatronica per la trasmissione di potenza. Quotato in Borsa, opera nelle macchine per l’agricoltura, nell’attrezzatura edile e per la selvicoltura, per l’energia e l’industria. Da inizio novembre il titolo è salito di oltre il 35% grazie ai buoni risultati. Previsioni? «Direi positive. Almeno nella priparte dell’anno saremo in crescita, poi dipenderà da una serie di fattori aleatori, ma fa parte di questo nuovo modo di lavorare: dovremo abituarci agli “apri e chiudi”, a crescita e decrescita... dovremo essere tutti molto più flessibili. Abbiamo comunque progetti di espansione e stiamo assumendo. Dal primo luglio — prosegue — abbiamo scelto di non fare più cassa integrazione, un po’ perché i volumi ci hanno dato una mano, un po’ perché era giusto tornare al lavoro». Eppure, in giugno la decisione di trasferire gli operai dallo stabilimento di Cavriago a Reggiolo aveva provocato un momento di forte tensione con il sindacato, e scioperi tra i dipendenti, poi l’accordo è stato trovato. «Penso che la soluzione sia di soddisfazione reciproca, abbiamo aumentato l’occupazione e mantenuto tutto quanto avevamo promesso». Da settembre sono state assunte una ventina di persone e qui si vede uno dei cambiamenti prodotti dalla pandemia: «Chi ha meno di 30 anni ci chiede di poter venire in azienda e di non stare in smart working perché ha vissuto il lavoro a distanza come una esperienza negativa. Al contrario, i dipendenti oltre i 50 anni, che inizialmente erano i più contrari allo smart working, adesso ne apprezzano i benefici, e senza distinzione tra uomini e donne. Penso che la pandemia abbia sconfitto una serie di stereotipi e di luoghi comuni che ciascuno di noi esprimeva».
Sul fronte familiare, Matteo Storchi
Tensioni in famiglia? Superate. Siamo usciti da Unindustria per concentrarci sullo sviluppo della nostra impresa
assicura che le tensioni emerse nel passato con lo zio Fabio, a lungo alla guida della stessa Comer Industries (mantiene un 8% mentre il 71,7% è oggi in capo a Matteo, a suo fratello Marco e a i due cugini Cristian e Annalisa) si sono appianate, «i risultati e il tempo — dice — aggiustano qualsiasi cosa». Eppure la società è uscita da Unindustria Reggio Emilia, presieduta proprio da suo zio, che è stato anche presidente di Federmeccanica. Molti hanno letto questa scelta come un problema personale. «Sbagliando, perché si tratta di una decisione che non ha nulla a che vedere con la famiglia — risponde —. Semplicemente, vogliamo concentrarci sul business, sullo sviluppo della nostra impresa, allontanandoci dalla politica e dal mondo connesso alle istituzioni confindustriali».
Ci si deve aspettare anche nella meccanica un ulteriore consolidamento del mercato? «A mio modo di vedere è abbastanza indispensabile. Nel nostro settore la dimensione rimane importante e la situazione che stiamo vivendo può dare delle accelerazioni, spingendo per esempio imprenditori di una certa età a prendere decisioni diverse da quelle che fino a questo momento non avevano valutato». In che veste vi vedete come Comer? «Come aggregatori».