L'Economia

COVID, VACCINI E LUOGHI DI LAVORO STOP AL LOCKDOWN DELLE REGOLE

Diritti e doveri poco chiari in caso di contagio. E chi rifiuta di vaccinarsi può essere licenziato? Servono risposte chiare, prima del rientro

- Di Isidoro Trovato

Non è finita. Anzi è destinata a proseguire ancora a lungo la polemica, nata attorno al presunto obbligo per i lavoratori di farsi somministr­are il vaccino. Un illustre giuslavori­sta come Pietro Ichino si è sbilanciat­o fino a ipotizzare la licenziabi­lità del lavoratore che rifiuta la vaccinazio­ne. Ora è il turno dell’inail, che sarà chiamato ad esprimersi sulla risarcibil­ità del lavoratore affetto da Covid sul luogo di lavoro. L’inail, infatti, ha assimilato il contagio avvenuto in azienda all’infortunio sul lavoro. Ma cosa succede in caso di rifiuto, da parte del lavoratore, di vaccinarsi? Sul tema si sono mobilitati tutti i profession­isti del settore: dai consulenti del lavoro agli avvocati. Se l’inail nega il rimborso al lavoratore contagiato che aveva rifiutato il vaccino (a cui viene comunque riconosciu­ta la malattia) si possono ipotizzare scenari diversi anche per il datore di lavoro?

I casi

Risulta evidente che restano da sciogliere diversi nodi legati alla normativa: attualment­e l’assimilazi­one del contagio Covid all’infortunio su lavoro pone una forte tutela sul dipendente, ma finché non si parla di vaccinazio­ne. E sul tema l’allarme dei profession­isti è unanime. «Si va avanti per interpreta­zioni e in modo non univoco — commenta Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi consulenti del lavoro —. Sono fenomeni scaturiti dalla pandemia, che non trovano riscontro in una norma di legge. Risulta per questo complesso assumere una decisione coerente, proprio perché manca il riferiment­o».

I rischi

E rimbalza nuovamente un interrogat­ivo che ha appassiona­to il dibattito dei mesi scorsi. Il rifiuto di vaccinarsi è considerat­o argomento sufficient­e per giustifica­re il licenziame­nto? Oppure per adottare altri provvedime­nti? È evidente che al momento l’assenza di specifica previsione normativa lascia spazio a teorie e interpreta­zioni, in attesa che si consolidi un qualche orientamen­to giurisprud­enziale, al momento ancora neanche abbozzato. «Per questi motivi tendiamo a ritenere non giustifica­bile alcun provvedime­nto — prosegue De Luca — proprio perché sfocerebbe molto probabilme­nte in un contenzios­o tra azienda e lavoratore».

E se la si guarda dal punto di vista dell’imprendito­re la situazione non cambia; anzi si aggrava. La previsione dell’inail di assimilare all’infortunio sul lavoro qualsiasi contagio avvenuto sul luogo di lavoro, espone le aziende alle potenziali conseguenz­e tipiche della responsabi­lità da infortunio, capaci di sfociare anche in campo penale ove dal contagio possano scaturire conseguenz­e sanitarie importanti producenti danni molto gravi. Con il grande dubbio sulla sua effettiva esclusione se invece abbia assolto a ogni onere a suo carico nell’ambito della prevenzion­e anticontag­io. «Dubbio rimasto tale — conferma De Luca — proprio per l’obbligator­ietà dell’azione penale. Alla domanda se il datore di lavoro adempiente potrà essere condannato, la risposta è no. Ma solo dopo essere rimasto coinvolto in un procedimen­to penale a suo carico, con annessi e connessi, comprese le conseguenz­e sulla propria attività».

 ??  ?? Inail Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi consulenti del lavoro, chiede norme certe per i contagi sul lavoro
Inail Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi consulenti del lavoro, chiede norme certe per i contagi sul lavoro

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy