Ibrida e internazionale L’italia si rimette in mostra
Fiera Milano investe 125 milioni per diventare hub europeo, Bologna punta sulla Cina per crescere del 20%, Verona si allarga in Giappone. Lo scatto dopo il crollo del 2020
Digitalizzare, accelerare con i piani di internazionalizzazione, aggregarsi per aumentare la competitività sui mercati esteri. Con un auspicio, però: che le attività in presenza riprendano il prima possibile. Dopo un anno che definire orribile è riduttivo, con un fatturato crollato dell’80% rispetto al 2019, i quartieri fieristici italiani si stanno attrezzando per ripartire quando le condizioni sanitarie lo permetteranno e per cogliere così l’onda della ripresa economica. I primi eventi in presenza dovrebbero svolgersi tra maggio e giugno, con il calendario poi operativo a pieno regime a partire da settembre.
Lombardia ed Emilia
Il rafforzamento delle manifestazioni di proprietà, lo sviluppo sui mercati esteri e un modello di business ibrido tra fisico e digitale sono le direttrici dello sviluppo che dovrebbero permettere a Fiera Milano di raggiungere nel 2025 un fatturato compreso tra i 290 e i 310 milioni di euro e un margine operativo lordo tra i 110 e i 120 milioni, risultati superiori a quelli del 2019. Secondo il piano industriale 2021-2025, Fiera Milano «aspira a posizionarsi come hub europeo del settore espositivo potendo contare su un ambizioso piano di investimenti, pari a 115-125 milioni di euro nel periodo», dice l’amministratore delegato e direttore generale, Luca Palermo.
Che il futuro del mondo delle fiere sia necessariamente ibrido era una considerazione diffusa tra gli operatori già prima della pandemia, ora lo è ancora di più. «Il digitale ci permette di mantenere vive tutto l’anno le relazioni tra espositori, buyer e organizzatori che nascono nel corso di un evento fisico, ampliando così i servizi che offriamo ai nostri clienti», dice Palermo. La società sta quindi lavorando «per rafforzare la dimensione internazionale, guardando in particolare al Nord America e all’asia, e per arricchire il portafoglio delle manifestazioni dirette e ospitate». In agenda c’è anche il lancio di nuove manifestazioni e accordi con i grandi organizzatori mondiali di eventi, «per portare a Milano le loro manifestazioni di punta e per esportare i nostri format di successo».
Dopo un 2019 chiuso con ricavi pari a 195 milioni e un utile di dieci milioni, «Bolognafiere conta di tornare a crescere a partire dal 2022 con l’obiettivo di arrivare ad un giro d’affari di 220 milioni di euro entro il 2024», dice Antonio Bruzzone, direttore generale dell’ente. Per ottenere questi risultati, il piano di sviluppo verte sull’aumento delle manifestazioni ospitate nel quartiere e del giro d’affari legato agli eventi di proprietà. «In più potenzieremo l’offerta all’estero — dice Brussone —. Già possiamo contare su un importante calendario internazionale e sul presidio del mercato asiatico con le società di Bolognafiere China». Sana, il salone internazionale del biologico e del naturale, si arricchirà ad esempio già quest’anno di un evento in Italia, Sanatech, e all’estero della China Organic Food Exhibition. Sempre in Cina è atteso il debutto della prima edizione di Marca China.
Dal 2021 Bolognafiere ospiterà anche Mecspe, inoltre amplierà il network di Accadueo e CH4 con nuovi saloni che ne completeranno la filiera (Hese, Dronitaly, Conferenzagnl e Fuels Mobility). «Dovremmo poi finalizzare presto l’acquisizione di un importante operatore europeo del digitale», dice Bruzzone.
Sullo sfondo rimane l’aggregazione con Italian Exhibition Group, un progetto che potrebbe essere formalizzato già nei prossimi mesi, dopo la firma del documento non vincolante tra le due società dello scorso ottobre e alla luce dell’impegno della Regione Emilia-romagna «ad accrescere la propria partecipazione al capitale sociale e a sostenere il progetto industriale di sviluppo della nuova società».
Il Veneto
Il nuovo piano industriale di Gruppo Veronafiere ,dice il direttore generale Giovanni Mantovani, «è stato pensato con un orizzonte temporale che va dal 2020 al 2024, con la consapevolezza che il business del settore potrà tornare ai livelli pre-covid solo a partire dal 2023. Per questa ragione l’abbiamo chiamato il piano della ripartenza». La società intende da un lato rafforzare i suoi prodotti core, dall’altro accelerare sui processi di digitalizzazione e di internazionalizzazione. E qui, sottolinea Mantovani, «Europa, Asia e Americhe rimangono le aree al centro del business del gruppo». L’obiettivo è lo sviluppo delle manifestazioni nel Nord America, «sia nel settore wine food, attraverso la partnership con un operatore statunitense, sia in quello del marmo».
In Asia, dove il gruppo opera già da tempo e con diverse iniziative in Cina, l’intenzione è invece di ampliare la presenza in Giappone, anche alla luce dei risultati positivi ottenuti dall’export italiano.