La «via tedesca» per farle ripartire
Mancano i decreti per sbloccare gli aiuti al settore delle fiere Che spinge perché, come a Berlino, si riconoscano gli aiuti di Stato
straordinari di sostegno, che dispongono complessivamente risarcimenti a fondo perduto per 408 milioni di euro. A queste misure si aggiunge la cassa integrazione Covid, il credito di imposta e altri prestiti per 450 milioni. Quanto disposto dai diversi provvedimenti, spiega però Maurizio Danese, presidente di Aefi, l’associazione esposizioni e fiere, «necessita ancora dei decreti attuativi per lo sblocco di gran parte dei finanziamenti e, soprattutto, è vincolato al regime del de minimis sugli aiuti di Stato previsto dalla normativa europea, che di fatto permette a ciascun organizzatore di ricevere al massimo 1,8 milioni euro. Una cifra irrisoria per i principali quartieri, come Milano, Bologna, Verona e Rimini Vicenza, realtà che lo scorso anno hanno fatturato meno di 200 milioni di euro a fronte dei 700 milioni del 2019».
Le richieste
Per questa ragione Aefi insiste da tempo perché il governo italiano chieda a Bruxelles la deroga per il settore dal regime de minimis, «come d’altronde hanno fatto le autorità tedesche, tanto che il 22 gennaio scorso la Commissione europea ha approvato un aiuto di stato da 642 milioni di euro a copertura dei danni da Covid-19 subito dalle società tedesche attive nel settore fieristico e congressuale».
L’eventuale deroga è possibile, secondo quanto previsto dai trattati europei, quando gli aiuti di stato sono stanziati per risarcire determinate società o settori specifici per i danni causati da eventi eccezionali, «come appunto è stata ed è tuttora l’epidemia da coronavirus. Il governo italiano dovrebbe dunque dichiarare che per il sistema fieristico italiano