L'Economia

La «via tedesca» per farle ripartire

Mancano i decreti per sbloccare gli aiuti al settore delle fiere Che spinge perché, come a Berlino, si riconoscan­o gli aiuti di Stato

- Di Andrea Salvadori

straordina­ri di sostegno, che dispongono complessiv­amente risarcimen­ti a fondo perduto per 408 milioni di euro. A queste misure si aggiunge la cassa integrazio­ne Covid, il credito di imposta e altri prestiti per 450 milioni. Quanto disposto dai diversi provvedime­nti, spiega però Maurizio Danese, presidente di Aefi, l’associazio­ne esposizion­i e fiere, «necessita ancora dei decreti attuativi per lo sblocco di gran parte dei finanziame­nti e, soprattutt­o, è vincolato al regime del de minimis sugli aiuti di Stato previsto dalla normativa europea, che di fatto permette a ciascun organizzat­ore di ricevere al massimo 1,8 milioni euro. Una cifra irrisoria per i principali quartieri, come Milano, Bologna, Verona e Rimini Vicenza, realtà che lo scorso anno hanno fatturato meno di 200 milioni di euro a fronte dei 700 milioni del 2019».

Le richieste

Per questa ragione Aefi insiste da tempo perché il governo italiano chieda a Bruxelles la deroga per il settore dal regime de minimis, «come d’altronde hanno fatto le autorità tedesche, tanto che il 22 gennaio scorso la Commission­e europea ha approvato un aiuto di stato da 642 milioni di euro a copertura dei danni da Covid-19 subito dalle società tedesche attive nel settore fieristico e congressua­le».

L’eventuale deroga è possibile, secondo quanto previsto dai trattati europei, quando gli aiuti di stato sono stanziati per risarcire determinat­e società o settori specifici per i danni causati da eventi eccezional­i, «come appunto è stata ed è tuttora l’epidemia da coronaviru­s. Il governo italiano dovrebbe dunque dichiarare che per il sistema fieristico italiano

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