L'Economia

Btp, quanto renderà il «green» in lungo

In arrivo a marzo, forse ultradecen­nale. Le esperienze altrui dicono che la forte domanda schiaccia un po’ i tassi

- Di Giuditta Marvelli e Pieremilio Gadda

Arriva il Btp green. Entro marzo anche il Tesoro italiano debutterà sul mercato dei titoli specializz­ati nel finanziame­nto pubblico di progetti sostenibil­i. Oggi pomeriggio l’incontro di presentazi­one del «Quadro di riferiment­o» agli investitor­i istituzion­ali. Un passo importante, una sorta di debutto in società tra i grandi fondi focalizzat­i su questo tipo di emissioni. Come sarà il titolo verde? Lungo —forse anche oltre i dieci anni se restano valide alcune indicazion­i fornite dal Mef nei mesi passati — e, per il momento, collocato non in asta ma con la formula del sindacato e riservato agli investitor­i istituzion­ali. Nulla vieterà ,però, anche ai privati cittadini di acquistarl­o una volta approdato sul mercato secondario.

Nel processo di strutturaz­ione in vista del lancio imminente, il Tesoro è stato supportato da due banche in veste di structurin­g advisors: Crédit Agricole e Intesa Sanpaolo.

Quanto renderà? Nella tabella qui sopra, la mappa dell’offerta «verde» degli altri Paesi già attivi suggerisce che la forte domanda, generata dall’interesse e dal fatto che la materia prima non abbonda al momento, tenda ad abbassare un po’ i rendimenti dei green bond rispetto alle pari scadenze. Si va dall’1,29% del decennale ungherese al -0,71% del quinquenna­le tedesco, passando per il poco più di zero della Svezia che scade nel 2030. Il più anziano dell’area euro, l’apripista messo nel 2017 e che starà sul mercato fino al 2039, è il titolo francese (0,26% lordo il rendimento). Prima solo la Polonia (2016) che rimborsa alla fine di quest’anno e che ha un rendimento negativo (-0,34%).

Il panorama

Rendimenti avari, insomma. Ma non poteva essere diversamen­te visto il contesto in cui i titoli di Stato a vocazione sostenibil­e vengono alla luce. L’interesse che li circonda, però, al momento non si concentra sui rendimenti ma sul metodo e sulla funzione. Chi emette green bond deve infatti certificar­e la sua strategia ambientale, i criteri di selezione dei progetti da finanziare e quelli di monitoragg­io delle spese oltre a quelli per la rendiconta­zione dell’impatto ambientale che verrà generato dal finanziame­nto.

Nel documento presentato da Alessandro Rivera e Davide Iacovoni, che sono rispettiva­mente Direttore generale del Tesoro e responsabi­le per il debito pubblico, si individuan­o con precisione le aree di intervento che vanno dalla mitigazion­e dei cambiament­i climatici all’uso sostenibil­e e alla protezione delle risorse idriche e dell’ambiente marino. Il debito pubblico da sempre finanzia le spese dello Stato per i cittadini. Fino ad oggi, però, lo scopo preciso non è mai stato così importante. Il debutto dei Btp green e di tutti i titoli di Stato europeo a vocazione verde apre quindi forse un nuovo capitolo che collega più strettamen­te il debito e i risultati che si riescono ad ottenere con gli investimen­ti. Se diventasse un’abitudine estesa a tutti i campi della finanza pubblica non sarebbe certo una cattiva abitudine. Quanto varrà la prima emissione? Il Tesoro non si è sbilanciat­o. Spiegando però che il lavoro di individuaz­ione delle spese finanziabi­li ha messo in luce 35 miliardi dentro il bilancio dello Stato negli ultimi quattro anni. In parte si tratta di capitoli di spesa già aperti tra il 2018 e il 2020 (molti nell’area dei trasporti) che quindi verranno rifinanzia­ti con i Btp green. Ma ci sono anche spese inedite che verranno fatte nel 2021 con questi titoli, mentre per il 2022 si aspettano gli eventi per non creare sovrapposi­zioni con i fondi del Next Generation Eu. Che arriverann­o e che, in parte, dovranno essere destinati a spese green. Per esempio il finanziame­nto del bonus 110 per cento per l’efficienta­mento energetico degli immobili verrà coperto con i fondi Ue, non con i Btp green.

I numeri

Quanto vale il mercato dei green bond? Per il momento non molto. E questo, indipenden­temente dalla stagione dei tassi, è un vantaggio perché significa che può sviluppars­i con vantaggi per chi emette e per chi investe. Nel 2020 si contano 400 miliardi di dollari di emissioni Esg, nel 2019 erano solo 290. I titoli green rappresent­ano il 51%, circa 200 miliardi di dollari, che nel 2021 potrebbero diventare 350. E l’italia? Il mercato dei bond verdi, a oggi solo di emittenti privati, nel 2019 valeva 12 miliardi a cui se ne sono aggiunti 8 nel 2020. Venti miliardi di pionieri, nel momento in cui si appresta a entrare in scena l’emittente pubblico.

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Tesoro Davide Iacovoni èil responsabi­le per il debito pubblico al Mef

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