Torna l’inflazione? I fondi per domarla
I migliori specializzati rendono anche il 20% a tre anni Le ricette dei money manager se il costo della vita si accende
L’accelerazione della crescita economica, le prospettive di incentivi fiscali superiori alle attese, la domanda repressa dei consumatori per via dei lockdown, la riorganizzazione delle catene di fornitura industriale e il rimbalzo dei prezzi dell’energia. Tutti questi elementi potrebbero spingere ulteriormente al rialzo le aspettative d’inflazione e portare ad aggiustamenti nell’ambito dei tassi del mercato obbligazionario. Suggerendo una maggior considerazione dei titoli inflation linked, i cui rendimenti sono agganciati all’andamento del costo della vita. Nella tabella i migliori fondi ed Etf: a un anno perdono, ma tre sono in attivo anche del 20%. «Secondo il consensus — sottolinea Alessandro Aspesi, country head Italia di Columbia Threadneedle Investments — non si registrerà un’inflazione significativa né un aumento pronunciato dei rendimenti obbligazionari». Tuttavia, aggiunge il manager, dal momento che la Fed tollererà un livello di inflazione doppio (circa il 4%) nei prossimi anni al fine di riportare al 2% la media a 15 anni, passerà del tempo prima che i tassi aumentino o che la Fed inizi a ridurre il Qe.
Per Antonio Cesarano, Chief global strategist di Intermonte Sim, l’aumento dell’inflazione dovrebbe essere temporaneo, collegato soprattutto alla riapertura dell’economia dopo la compressione. Successivamente i fenomeni strutturali (invecchiamento della popolazione, impatto della tecnologia) dovrebbero di nuovo esercitare un ruolo di calmieratore. Tuttavia, la «gobba» di inflazione potrebbe essere rilevante e persistente per qualche mese. E dunque un portafoglio diversificato di titoli collegati al costo della vita può proteggere. Per la parte azionaria, invece, i settori da preferire sono quelli collegati all’alimentare, i finanziari (beneficano di tassi più alti e curve tassi più ripide) oltre che i titoli collegati alle materie prime. Le obbligazioni inflation linked sono indicate pure da Paolo Mauri Brusa, gestore del team multi asset Italia di Gam (Italia) sgr, da utilizzare al posto di una parte delle emissioni governative classiche. Per un investitore un po’ più sofisticato un’alternativa interessante può essere rappresentata dalle emissioni in valute legate alle materie prime, come corona norvegese o dollaro australiano che, in un contesto di graduale aumento dell’inflazione, tendono a rafforzarsi.
Le variabili in campo
Secondo Mauri Brusa, in Borsa andranno invece privilegiati i settori ciclici: energetici, materie di base e finanziari, che beneficeranno dell’aumento dei prezzi delle materie prime e delle aspettative di rialzo dei tassi d’interesse. Per Ben Popatlal, Multiasset Strategist di Schroders, è importante distinguere tra reflazione e stagflazione. Un contesto reflazionistico sarebbe positivo per gli asset rischiosi e negativo per i bond, via via che l’inflazione si muove verso il target della Fed (2%). Invece, un contesto stagflazionistico (in cui la crescita è contenuta ma l’inflazione è elevata) sarebbe molto meno positivo per gli asset rischiosi e altrettanto negativo per i bond. Al momento, il manager di Schroders propende per uno scenario di reflazione cioè un contesto di inflazione moderata con crescita. Per questo è in sovrappeso sull’azionario e in particolare sul value rispetto al growth e sulle small-cap Usa rispetto alle large-cap, in sottopeso sull’obbligazionario, favorendo i bond inflation linked rispetto alle obbligazioni nominali, e rialzista sulle commodity.
Anche Antonio Amendola, fund manager Equity Italia ed Europa di Acomea Sgr, suggerisce di ruotare dai titoli growth a quelli value. Per beneficiare del ritorno ordinato dell’ inflazione, Amenodola indica anche i titoli industriali, qualche finanziario, le mid e le small cap, e i titoli esposti direttamente o indirettamente alle commodities. Il suo collega Alberto Artoni, portfolio manager US Equity di Acomea, privilegia invece i titoli che beneficeranno della ripresa e quelli a bassa valutazione, che già oggi producono solidi flussi cassa. E l’oro? Vontobel ricorda come il suo prezzo sia riuscito negli ultimi 50 anni a superare l’indice dei prezzi al consumo globale.