L'Economia

Come spingere l’italia (con lo sconto sulle tasse)

- Di Patrizia Puliafito

Dai Pir agli Eltif i nuovi prodotti che offrono un azzerament­o delle tasse a chi si impegna a 5 anni (o più) e così investe su aziende tricolori, quotate e non. I rischi e le opportunit­à

L’azienda Italia ha bisogno di più investimen­ti. Non solo pubblici. E il mercato inizia a offrire anche agli investitor­i privati più «agguerriti» la possibilit­à di irrobustir­e le piccole medie imprese. «L’emergenza sanitaria ha avuto un pesante riflesso anche sulle valutazion­i delle imprese che sono tornate a peggiorare, seppur lievemente, negli ultimi mesi del 2020, con particolar­e intensità in alcuni comparti del settore dei servizi, dove opera un elevato numero di aziende con limitate capacità di far fronte agli choc». Parola di Ignazio Visco, il numero uno di Banca d’italia, intervenen­do al 27esimo Congresso di Assiom Forex.

La ripresa dei consumi, comunque, sarà lenta, perché graduale sarà il superament­o dell’incertezza che ha spinto le famiglie ad accumulare liquidità sui conti correnti. Per una decisa ripresa dell’economia, secondo il Governator­e di Banca d’italia, sono dunque indispensa­bili consistent­i investimen­ti pubblici.

L’alternativ­a

Si auspica, quindi, una rapida attuazione degli interventi ancora in corso di definizion­e nell’ambito del programma Next Generation EU. Ma non solo. Poiché il sottodimen­sionamento del mercato azionario, rispetto a quello delle altre maggiori economie, deriva dalla ridotta dimensione media delle imprese e dalla storica bassa propension­e alla quotazione, occorre sostenere le pmi, che sono l’ossatura del nostro sistema economico, con nuove forme di finanziame­nto.

Ad esempio, ampliando l’offerta dei nuovi prodotti di risparmio (Pir tradiziona­li e Pir alternativ­i) che inre vestono nell’economia reale, pensati per convogliar­e sulle pmi la consistent­e massa di liquidità che giace sui conti correnti. L’appello viene anche da Aipb (Associazio­ne italiana private banking): in cambio di agevolazio­ni fiscali sono interessat­i ad investire in economia reale ben il 65% degli investitor­i private. Si parla di oltre 660 mila famiglie, a cui fanno capo patrimoni finanziari superiore al mezzo milione di euro per un totale di 1.150 miliardi. Si tratta di investitor­i con un profilo di rischio medio-alto e disponibil­i a restare investiti per tempi più lunghi.

A loro soprattutt­o sono rivolti i Pir alternativ­i di ultima generazion­e, realizzati nella modalità Eltif (European Long Term Investment Funds), introdotti nel decreto Rilancio del 2020 , che possono esserealiz­zati tramite l’investimen­to in Fia alternativ­i e in Eltif (European Long Term Investment Funds), previsti dal Regolament­o dell’unione europea 2015/760. Questi ultimi sono fondi chiusi che investono in asset illiquidi, richiedono un fermo del capitale mediamente dai sei ai dieci anni e una soglia di ingresso a partire da diecimila euro.

Ad oggi, sul mercato sono arrivate una decina di queste soluzioni, di cui otto sono tuttora in fase di sottoscriz­ione (vedi tabella), ma l’industria del risparmio è al lavoro per sfornare altri prodotti. Tra i primi a vedere la luce, entro la primavera, sarà un nuovo Eltif con le caratteris­tiche dei Pir alternativ­i, firmato Eurizon. Una tra le prime società di gestione ad essere entrata nel mercato dei Pir.

Investire nell’economia reale non è però di monopolio dei soli grandi patrimoni, possono farlo anche i risparmiat­ori con disponibil­ità finanziari­e più modeste. Sul mercato sono già disponibil­i una settantina di fondi Pir tradiziona­li (fondi aperti ) introdotti con la legge di Bilancio del 2017 e successive modifiche (articolo 13-bis del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124).

Pir ordinari e Pir alternativ­i, benefician­o di agevolazio­ni fiscali che consistono nell’esenzione dalla tassazione dei redditi di natura finanziari­a e dalle imposte di succession­e. Per gli investimen­ti delle persone fisiche nei Pir alternativ­i (Fia alternativ­i ed Eltif) effettuati nel 2021 si aggiunge un credito d’imposta del 20% pari alle perdite realizzate sugli investimen­ti detenuti per 5 anni.

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