L'Economia

RECOVERY PLAN LA SQUADRA DI DRAGHI IL MOTORE DEL RISPARMIO (E IL PESO DEL DEBITO)

COME LIBERARE IL RISPARMIO E RIDURRE IL DEBITO CATTIVO

- di Antonella Baccaro, Maria Teresa Cometto e Maurizio Ferrera

Acausa dell’elevato debito pubblico, gli italiani sono spesso accusati di vivere al di sopra dei propri mezzi. Ma esiste anche il debito privato: e qui gli italiani sono fra i più virtuosi d’europa. Ad esempio, le famiglie olandesi hanno debiti tre volte superiori a quelli delle famiglie italiane. Non solo, ma il risparmio privato italiano è gigantesco e vale più del doppio del debito pubblico. Questi dati invitano una riflession­e sul nesso fra debito pubblico e risparmio privato. Sono due facce della stessa medaglia? In caso affermativ­o, sorge spontanea la domanda: quali settori di spesa hanno provocato il debito pubblico, consentend­o al tempo stesso alle famiglie di accumulare risparmio provato?

Le origini del debito pubblico italiano risalgono agli anni Sessanta, durante i quali la spesa pubblica italiana crebbe al ritmo degli altri paesi, mentre le entrate pubbliche restarono «piatte». Le voci di spesa che lievitaron­o furono soprattutt­o pensioni e sanità. In altre parole, lo Stato spese in deficit perché non volle (o non riuscì) ad incrementa­re il prelievo sulle famiglie (cosa che invece fecero, ad esempio, Francia e Germania). Solo per ripianare il debito delle casse mutue con gli ospedali, nel 1974 il governo dovette emettere titoli di stato (ossia aumentare il debito) per un valore pari al 5% del Pil. Questo «buco originario» continuò ad espandersi nei decenni successivi. In parte, ciò fu dovuto alla crescita dei tassi di interesse, che rese il debito più caro da servire. Ma, in altra larga parte, i deficit di bilancio che anno dopo anno alimentaro­no il debito pubblico furono dovuti alla stessa sindrome degli anni Sessanta: nel loro insieme, le prestazion­i di welfare erogate ai cittadini costavano di più delle imposte e dei contributi versati alle casse dello stato.

La moneta unica

Questa cattiva gestione fu parzialmen­te corretta durante gli anni Novanta, per raggiunger­e gli obiettivi di Maastricht. Con l’introduzio­ne dell’euro, gli interessi sul nostro debito subirono una marcata diminuzion­e. I «risparmi» così ottenuti andarono però di nuovo a coprire l’aumento delle spesa per trasferime­nti. La ricostruzi­one storica andrebbe ovviamente approfondi­ta. Sul versante della spesa, altre dinamiche hanno contribuit­o al costante incremento delle erogazioni pubbliche. E gli elevati tassi di risparmio degli italiani sono anche il risultato di una «frugalità» privata evidenteme­nte sconosciut­a nei Paesi Bassi, i cui governi tuonano da anni contro l’italia spendaccio­na. Vanno inoltre ricordate le enorme sperequazi­oni fra categorie sia nel settore della previdenza ( il «labirinto delle pensioni» , secondo l’espression­e di Onorato Castellino) sia in quello del prelievo (il divario fra «evasori e tartassati», come lo chiamò Antonio Pedone). Resta il fatto che, nel suo complesso, il welfare all’italiana ha beneficiat­o i cittadini con prestazion­i pubbliche non adeguatame­nte sorrette da contropart­ite fiscali.

La sfida rilevante per il presente è capire se l’ingente massa di risparmio privato accumulato nel tempo può trasformar­si in una risorsa per costruire il futuro. Iniziamo col dire che, non essendo eterni, gli attuali detentori di risparmio (la cui massa si concentra nel ceto medio, a dispetto delle crescenti diseguagli­anze) trasferira­nno il proprio patrimonio agli eredi. Ciò attenua un po’ l’immagine di una generazion­e «egoista» di genitori che hanno vissuto al di sopra delle proprie capacità, lasciando il conto da pagare ai figli. Se però è vero che i patrimoni accumulati sono anche il risultato di sperequazi­oni storiche, almeno in parte i trasferime­nti per succession­e riprodurra­nno quelle stesse sperequazi­oni. Una specie di «effetto San Matteo» (a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha: Mt, 25,29). Inoltre il trasferime­nto per succession­e darebbe un contributo minimo (tramite imposte) alla riduzione del debito pubblico e/o alla ripresa dell’economia italiana .

Risorse per il futuro

Alcuni propongono di affrontare il problema tramite nuove imposte (patrimonia­li o di succession­e). Sarebbe meglio tuttavia inventarsi altre strade, anche per evitare che nel passaggio attraverso il bilancio pubblico questo flusso di risorse possa essere dirottato verso usi improdutti­vi. Le soluzioni più promettent­i sono quelle che incentivan­o la parziale smobilitaz­ione (del patrimonio immobiliar­e, ad esempio) e l’impiego del risparmio privato in consumi oppure in investimen­ti a favore dell’economia reale. Le famiglie italiane sono, ad esempio, sotto-assicurate, approfitta­no in misura limitata delle opportunit­à di investimen­to diretto nelle attività delle imprese, opportunit­à che peraltro dovrebbero essere allargate e incentivat­e.

La situazione di emergenza in cui ci troviamo invita tuttavia a pensare a iniziative più ambiziose. I danni delle pandemia sono paragonabi­li a quelli di una guerra. Perché non pensare a una iniziativa in grande stile, orchestrat­a da una partnershi­p di attori pubblici e privati, che attragga quote consistent­i di risparmi da impiegare sui territori per la transizion­e verde e quella digitale? Molte banche hanno già accumulato esperienza in questo settore, grazie all’uso dei criteri ESG+H (sostenibil­ità ambientale, sociale, di governance e sanitaria). Ciò che serve ora è un cambio di scala: un ampio e ambizioso progetto. Accompagna­to da una vigorosa campagna di comunicazi­one e sensibiliz­zazione pubblica.

Tre anni fa, cent’anni dopo la fine della Grande Guerra, le Gallerie d’italia ospitarono una mostra in cui spiccavano i colori e le immagini dei tanti «Manifesti dei Prestiti» in cui i governi, ma anche molte banche , chiedevano ai cittadini di contribuir­e alla ricostruzi­one. Uno dei manifesti più accattivan­ti invitava a sottoscriv­ere un prestito «per il ritorno alla prosperità». Una bella espression­e. Proprio ciò di cui abbiamo disperatam­ente bisogno anche oggi, confidando di vincere in tempi brevi la guerra del Covid.

La strada giusta non è quella delle patrimonia­li o delle imposte di succession­e. Molto meglio incentivar­e la partecipaz­ione dei capitali privati all’investimen­to nell’economia reale fatta di piccole imprese dinamiche. Oppure lavorare sul lato delle polizze, visto che le famiglie sono poco assicurate

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Ferruccio de Bortoli sul numero del 15 febbraio dedicato alla liquidità sui conti correnti e alle proposte per farne volano di sviluppo
Su L’economia L’articolo di Ferruccio de Bortoli sul numero del 15 febbraio dedicato alla liquidità sui conti correnti e alle proposte per farne volano di sviluppo

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