RECOVERY PLAN LA SQUADRA DI DRAGHI IL MOTORE DEL RISPARMIO (E IL PESO DEL DEBITO)
COME LIBERARE IL RISPARMIO E RIDURRE IL DEBITO CATTIVO
Acausa dell’elevato debito pubblico, gli italiani sono spesso accusati di vivere al di sopra dei propri mezzi. Ma esiste anche il debito privato: e qui gli italiani sono fra i più virtuosi d’europa. Ad esempio, le famiglie olandesi hanno debiti tre volte superiori a quelli delle famiglie italiane. Non solo, ma il risparmio privato italiano è gigantesco e vale più del doppio del debito pubblico. Questi dati invitano una riflessione sul nesso fra debito pubblico e risparmio privato. Sono due facce della stessa medaglia? In caso affermativo, sorge spontanea la domanda: quali settori di spesa hanno provocato il debito pubblico, consentendo al tempo stesso alle famiglie di accumulare risparmio provato?
Le origini del debito pubblico italiano risalgono agli anni Sessanta, durante i quali la spesa pubblica italiana crebbe al ritmo degli altri paesi, mentre le entrate pubbliche restarono «piatte». Le voci di spesa che lievitarono furono soprattutto pensioni e sanità. In altre parole, lo Stato spese in deficit perché non volle (o non riuscì) ad incrementare il prelievo sulle famiglie (cosa che invece fecero, ad esempio, Francia e Germania). Solo per ripianare il debito delle casse mutue con gli ospedali, nel 1974 il governo dovette emettere titoli di stato (ossia aumentare il debito) per un valore pari al 5% del Pil. Questo «buco originario» continuò ad espandersi nei decenni successivi. In parte, ciò fu dovuto alla crescita dei tassi di interesse, che rese il debito più caro da servire. Ma, in altra larga parte, i deficit di bilancio che anno dopo anno alimentarono il debito pubblico furono dovuti alla stessa sindrome degli anni Sessanta: nel loro insieme, le prestazioni di welfare erogate ai cittadini costavano di più delle imposte e dei contributi versati alle casse dello stato.
La moneta unica
Questa cattiva gestione fu parzialmente corretta durante gli anni Novanta, per raggiungere gli obiettivi di Maastricht. Con l’introduzione dell’euro, gli interessi sul nostro debito subirono una marcata diminuzione. I «risparmi» così ottenuti andarono però di nuovo a coprire l’aumento delle spesa per trasferimenti. La ricostruzione storica andrebbe ovviamente approfondita. Sul versante della spesa, altre dinamiche hanno contribuito al costante incremento delle erogazioni pubbliche. E gli elevati tassi di risparmio degli italiani sono anche il risultato di una «frugalità» privata evidentemente sconosciuta nei Paesi Bassi, i cui governi tuonano da anni contro l’italia spendacciona. Vanno inoltre ricordate le enorme sperequazioni fra categorie sia nel settore della previdenza ( il «labirinto delle pensioni» , secondo l’espressione di Onorato Castellino) sia in quello del prelievo (il divario fra «evasori e tartassati», come lo chiamò Antonio Pedone). Resta il fatto che, nel suo complesso, il welfare all’italiana ha beneficiato i cittadini con prestazioni pubbliche non adeguatamente sorrette da contropartite fiscali.
La sfida rilevante per il presente è capire se l’ingente massa di risparmio privato accumulato nel tempo può trasformarsi in una risorsa per costruire il futuro. Iniziamo col dire che, non essendo eterni, gli attuali detentori di risparmio (la cui massa si concentra nel ceto medio, a dispetto delle crescenti diseguaglianze) trasferiranno il proprio patrimonio agli eredi. Ciò attenua un po’ l’immagine di una generazione «egoista» di genitori che hanno vissuto al di sopra delle proprie capacità, lasciando il conto da pagare ai figli. Se però è vero che i patrimoni accumulati sono anche il risultato di sperequazioni storiche, almeno in parte i trasferimenti per successione riprodurranno quelle stesse sperequazioni. Una specie di «effetto San Matteo» (a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha: Mt, 25,29). Inoltre il trasferimento per successione darebbe un contributo minimo (tramite imposte) alla riduzione del debito pubblico e/o alla ripresa dell’economia italiana .
Risorse per il futuro
Alcuni propongono di affrontare il problema tramite nuove imposte (patrimoniali o di successione). Sarebbe meglio tuttavia inventarsi altre strade, anche per evitare che nel passaggio attraverso il bilancio pubblico questo flusso di risorse possa essere dirottato verso usi improduttivi. Le soluzioni più promettenti sono quelle che incentivano la parziale smobilitazione (del patrimonio immobiliare, ad esempio) e l’impiego del risparmio privato in consumi oppure in investimenti a favore dell’economia reale. Le famiglie italiane sono, ad esempio, sotto-assicurate, approfittano in misura limitata delle opportunità di investimento diretto nelle attività delle imprese, opportunità che peraltro dovrebbero essere allargate e incentivate.
La situazione di emergenza in cui ci troviamo invita tuttavia a pensare a iniziative più ambiziose. I danni delle pandemia sono paragonabili a quelli di una guerra. Perché non pensare a una iniziativa in grande stile, orchestrata da una partnership di attori pubblici e privati, che attragga quote consistenti di risparmi da impiegare sui territori per la transizione verde e quella digitale? Molte banche hanno già accumulato esperienza in questo settore, grazie all’uso dei criteri ESG+H (sostenibilità ambientale, sociale, di governance e sanitaria). Ciò che serve ora è un cambio di scala: un ampio e ambizioso progetto. Accompagnato da una vigorosa campagna di comunicazione e sensibilizzazione pubblica.
Tre anni fa, cent’anni dopo la fine della Grande Guerra, le Gallerie d’italia ospitarono una mostra in cui spiccavano i colori e le immagini dei tanti «Manifesti dei Prestiti» in cui i governi, ma anche molte banche , chiedevano ai cittadini di contribuire alla ricostruzione. Uno dei manifesti più accattivanti invitava a sottoscrivere un prestito «per il ritorno alla prosperità». Una bella espressione. Proprio ciò di cui abbiamo disperatamente bisogno anche oggi, confidando di vincere in tempi brevi la guerra del Covid.
La strada giusta non è quella delle patrimoniali o delle imposte di successione. Molto meglio incentivare la partecipazione dei capitali privati all’investimento nell’economia reale fatta di piccole imprese dinamiche. Oppure lavorare sul lato delle polizze, visto che le famiglie sono poco assicurate