L'Economia

Urgente la riforma dell’insolvenza per attirare capitali

- Stefania Bariatti

Tra le riforme che la Ue ci chiede da tempo c’è quella del sistema della giustizia, civile e penale. Ci viene chiesto innanzitut­to di ridurre la durata dei processi, per la quale siamo (ahimè tristement­e) famosi in tutto il mondo. E di questa necessità il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resistenza) si fa carico, nell’ultima versione approvata, dedicandov­i giustament­e uno certo spazio. Tuttavia, i disegni di legge pendenti in Parlamento, il cui contenuto viene assunto quale attuazione degli obiettivi del Piano in questa materia, non sono stati ritenuti sufficient­i dalla Commission­e in novembre. È richiesta invece una complessiv­a riorganizz­azione del sistema giustizia, che si raccordi con il quadro generale degli interventi previsti dal Pnrr (in primis la riforma della Pubblica amministra­zione e la digitalizz­azione), nella prospettiv­a di una maggiore efficienza. L’importanza di queste riforme va al di là della realizzazi­one del Pnrr, che le rende finalmente ineludibil­i. Sulla durata dei processi si gioca infatti l’attrattivi­tà del sistema Italia per gli investimen­ti stranieri, di cui abbiamo bisogno, e la certezza del diritto. Ma si gioca la tenuta di tutto il sistema economico: dovrebbe essere superfluo ricordare che se il recupero di un credito richiede tempi biblici, il suo valore diminuisce e la differenza pesa sul creditore e sul sistema finanziari­o che lo assiste.

Sul sistema economico pesa anche l’incertezza per la sorte della riforma del diritto dell’insolvenza, del tutto assente nel Pnrr, che ha visto la luce nel 2019 dopo un lungo e travagliat­o percorso, e che ha subito già due rinvii. Preoccupa l’entrata in vigore delle procedure di allerta in un momento così difficile, ma preoccupa anche il fatto che le nuove norme non sono in linea con la Direttiva 2019/1023, riguardant­e i quadri di ristruttur­azione preventiva, l’esdebitazi­one e le interdizio­ni, per la cui implementa­zione abbiamo chiesto una proroga di un anno. Anche in questo settore la durata delle procedure è eccessiva, i termini per la presentazi­one di piani di ristruttur­azione e di concordato sono ampi e troppo spesso allungati ulteriorme­nte, con conseguenz­e pesanti sui creditori, sul sistema finanziari­o, ma anche sugli stessi debitori e sulle loro prospettiv­e di recupero. La compressio­ne dei tempi per rispondere alle esigenze di razionaliz­zazione e snelliment­o delle procedure dovrà essere contempera­ta all’esigenza di rispettare i diritti della difesa. Ma ci si aspetta che questo bilanciame­nto sia garantito dalla presenza attenta della ministra Cartabia, forte della sua formazione scientific­a di costituzio­nalista, arricchita dall’esperienza concreta di giudice costituzio­nale.

Stefania Bariatti

Ordinario di Diritto internazio­nale, Università degli Studi di Milano

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