Aspi Strada interrotta, stallo su prezzo e garanzie
Tra tutti i dossier strategici su cui il nuovo governo dovrà lavorare, quello dell’acquisto dell’88% di Aspi (Autostrade per l’italia, controllata da Atlantia guidata dal ceo Carlo Bertazzo) da parte del consorzio guidato da Cassa Depositi e Prestiti continua a non registrare progressi significativi. Ed è anche per questo che, a parere degli osservatori, potrebbe essere oggetto di una riscrittura da parte dell’esecutivo Draghi. Si ricorderà che l’intento di acquisire la maggioranza di Autostrade nasce con il governo Conte I, sostenuta dalle rivendicazioni di una parte politica, il M5S, che voleva in questo modo ottenere una riparazione anche simbolica dopo il crollo del ponte Morandi. Ma quella scelta fu anche il frutto di un preciso orientamento ideologico del grillismo, quello che pretendeva il ritorno dello Stato nell’economia e la nazionalizzazione delle concessioni. Al momento la trattativa è all’ennesimo stallo. L’offerta vincolante, depositata alla fine di febbraio dal consorzio guidato da Cdp, valuta il 100% di Aspi 9,1 miliardi, con un margine di modifica di un ulteriore miliardo e mezzo nel caso emergessero responsabilità dell’azienda. Per Cdp l’esborso sarebbe superiore ai 3,5 miliardi. Una proposta che ha lasciato fredda la controparte, la cui valutazione si posiziona invece tra i 10,5 e i 12 miliardi, mentre quella degli azionisti minori è addirittura tra gli 11 e i 12 miliardi. Risultato: offerta respinta e nuovi contatti per trovare un margine da cui far ripartire il negoziato. Il problema però non è soltanto il prezzo ma anche le garanzie che il consorzio rivendica e le clausole legali. In bilico appare la partecipazione del fondo Macquarie, meno disponibile ad alzare ulteriormente il prezzo dell’acquisto. Intanto il cda di Atlantia con una certa lucidità fa avanzare il percorso alternativo: scissione parziale e quotazione in Borsa.
Ma la sensazione generale è che al tavolo della trattativa la melina sia dettata dall’attesa. Come si posizionerà il governo Draghi sul dossier? I ministri alla partita sono Daniele Franco (Economia) e Enrico Giovannini (Infrastrutture), non proprio dei pasdaran dell’interventismo pubblico. Ma l’incognita maggiore resta il premier: se la sua linea dovesse essere in contrasto con l’attuale, su questo dossier potrebbe misurarsi la sua capacità (e volontà) di incidere sulla «carne viva»del M5S, già abbastanza dilaniato dai contrasti interni.