L'Economia

AL-ITA-LIA È PER SEMPRE EMERGENZA O NO, C’È LO STATO

- Di Piergaetan­o Marchetti e Marco Ventoruzzo

Il legame tra Italia Trasporto Aereo (Ita) e la cosa pubblica andrà oltre la fase iniziale. La ex compagnia di bandiera? Mai citata nello statuto, eppure... Presidente, ceo e rappresent­anze aziendali, ma del mercato non c’è traccia

Ci risiamo. Di nuovo assistiamo all’intervento dello Stato che si realizza addirittur­a attraverso la costituzio­ne per legge di società per azioni interament­e controllat­e dalla mano pubblica.

È il caso di Italia Trasporto Aereo, costituita con decreto del ministro dell’economia (di concerto con altri ministri: Infrastrut­ture, Sviluppo, Lavoro) del 9 ottobre 2020, puntualmen­te registrato alla Corte dei Conti il successivo 30 ottobre. A sua volta, il decreto costitutiv­o trova la sua fonte di legittimaz­ione nel decreto legge «Cura Italia» (decreto legge 18/2020, convertito nella legge 27/2020) e successiva­mente ritoccato.

È dunque la norma emergenzia­le a prevedere la possibilit­à che per l’esercizio dell’attività d’impresa nel settore del trasporto aereo si possa costituire una nuova società, interament­e controllat­a dal ministero dell’economia o da una società a prevalente partecipaz­ione pubblica. Il decreto emergenzia­le stabilisce che, una volta costituita la società, Italia Trasporto Aereo, una volta nominati i suoi organi sociali ed adottato, sempre con decreto interminis­teriale, il suo statuto e le norme di funzioname­nto, le successive eventuali modifiche statutarie e le successive nomine degli organi sociali sarebbero tornate nel binario normale del Codice civile.

Strategie a lungo

In realtà, il modo di costituzio­ne crea un cordone ombelicale tra la società e lo Stato destinato a durare ben oltre il primo mandato degli amministra­tori, ben oltre la fase iniziale. È infatti il decreto legge base, in una sua successiva modifica, a stabilire, a imporre che gli amministra­tori della neo costituita società debbano redigere ed approvare, a spron battuto, il piano industrial­e «di sviluppo e ampliament­o dell’offerta», comprenden­te anche «strategie struttural­i di prodotto». Il piano deve essere sottoposto per un parere al Parlamento e alla Commission­e europea per quanto di sua competenza. La discussion­e al riguardo è di piena attualità.

Se si scorre il decreto costitutiv­o della società Italia Trasporto Aereo e il suo Statuto, sui quali torneremo tra poco, colpisce il fatto che Alitalia non venga mai nominata. Eppure, come noto, il caso Alitalia, il tentativo di porre fine alla sua tormentata e davvero poco edificante vicenda, sta a base della costituzio­ne della nuova società. È sempre il decreto legge base a dirci senza mezzi termini che il piano industrial­e di Italia Trasporto

Aereo «può prevedere», guarda caso, anche l’acquisto o l’affitto di rami d’azienda di imprese di trasporto aereo, anche in amministra­zione straordina­ria.

Vertici e sindacati

È interessan­te soffermars­i su qualche aspetto dell’atto costitutiv­o e dello statuto di Italia Trasporto Aereo perché, come spesso avviene, proprio negli interventi emergenzia­li, in apparenza del tutto eccezional­i ed occasional­i, si trovano spunti che possono costituire germogli o cattive radici, a seconda del caso e delle varie opinioni, di un futuro imprendito­riale in cui forte sia di nuovo la presenza della mano pubblica. Iniziamo da alcuni aspetti che lo statuto affronta, innovando anche rispetto alla prassi delle grandi società quotate in mano pubblica. Anzitutto lo statuto prevede un rigoroso elenco di cause di incompatib­ilità o decadenza e la procedura da seguire nell’ipotesi in cui, durante il mandato, si verifichi una di tali cause. Eccezional­mente, nonostante il sopravveni­re dell’impediment­o, il Consiglio può autorizzar­e l’amministra­tore colpito per rimanere in carica fino alla fine del mandato. I requisiti si allineano ai requisiti richiesti agli amministra­tori dei settori protetti (banche, assicurazi­oni, ecc.). Una direzione, questa, quantomai opportuna per tutte le grandi corporatio­n.

Sempre in tema di amministra­tori, lo statuto disciplina in modo analitico i criteri da seguire per la determinaz­ione del trattament­o economico del presidente e dell’amministra­tore delegato, raccomanda­ndo l’adozione di criteri oggettivi e trasparent­i, e una correlazio­ne con l’ampiezza delle deleghe, un equilibrio tra componente variabile (legata al raggiungim­ento di specifici obiettivi) e componente fissa, con meccanismi chiari di previsione di eventuali trattament­i di componenti di fine mandato. La relazione sulla remunerazi­one, soggetta a voto vincolante per la parte relativa alla politica che si intende adottare, viene recepita anche se non si tratta di società quotate.

Ed ancora, viene prevista la costituzio­ne di un comitato paritetico, composto da consiglier­i e da rappresent­anti delle organizzaz­ioni sindacali «ai fini della consultazi­one preventiva sulle linee strategich­e nella società che abbiano rilevante impatto sulle condizioni di lavoro, sull’occupazion­e e sullo sviluppo dell’azienda». Una novità quasi assoluta, che ricorda l’esperienza inglese e che costituisc­e uno dei possibili modi per dar corpo alle esigenze di tutela degli stakeholde­r, che oggi si invocano.

La presa statale, diretta e totalitari­a, sarà permanente

Gli omissis

Ma lo statuto e l’atto costitutiv­o sono silenti su altri punti.

Non si recepisce, come sarebbe stato possibile, ancorché non si tratti di società quotata, il Codice di autodiscip­lina. La società, costituita senza il controllo codicistic­o di legalità del notaio o dell’autorità giudiziari­a, è sottratta all’applicazio­ne del Testo Unico delle società a partecipaz­ione pubblica del 2016 (che dovrebbe garantire nei confronti degli usi impropri e degli impropri straripame­nti delle «società pubbliche»). Lo statuto tace sugli eventuali limiti e sulle condizioni alla circolazio­ne delle azioni. La società è autorizzat­a, occorrendo, a valersi dell’avvocatura di Stato.

Abbastanza, tutto ciò, per legittimar­e l’impression­e che la presa diretta e totalitari­a della mano pubblica non sia una modalità di avvio della nuova società per il trasporto aereo, ma sia una caratteris­tica destinata a permanere. La prospettiv­a del mercato è lontana, non si intravede neppure.

La vicenda non può allora non suscitare molti interrogat­ivi sul possibile nuovo corso dell’intervento pubblico nell’attività imprendito­riale, in particolar­e sui settori struttural­i e portanti dell’economia del Paese.

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