ECCO LE PROVE: A CUTRO FU STRAGE DI STATO. I COLPEVOLI SONO LA DESTRA E IL GOVERNO DRAGHI
Sull’immigrazione si sta consumando una inarrestabile campagna che punta ad aggiungere odio e ad alimentare la cultura dell’emergenza. Di fronte a tutto ciò non dobbiamo giocare in difesa
C’è una mail, scovata dalla redazione de”Il Cavallo e La Torre” - la trasmissione di Marco Damilano sulla Rai - che impone alla Guardia Costiera di limitare al minimo gli interventi di salvataggio in mare dei naufraghi. In questo ordine di servizio, che viola il diritto internazionali e anche il codice penale italiano, si stabilisce che ad intervenire nelle situazioni critiche deve essere la Guardia di Finanza, che ha compiti di polizia, di respingimento e di cattura, e che non ha i mezzi per salvataggi impegnativi.
È stato sulla base di questa mail, firmata da un capitano di vascello - il quale spiega di aver preparato il documento sulla base di indicazioni politiche - che si è impedito alla guardia costiera di intervenire, il 26 febbraio dell’anno scorso, in occasione del naufragio di Cutro. La Guardia costiera avrebbe potuto agevolmente impedire il naufragio. Ne aveva i mezzi e le capacità. Non le fu permesso di uscire in mare. Uscirono due motovedette della Finanza che fecero quasi subito rientro in porto perché il mare era troppo forte. Cioè nella consapevolezza che la barca dei profughi che era stata segnalata in pericolo, era ancora di più in pericolo perché il mare si era alzato.
Il risultato di quella mail - che fino all’altro giorno è restata segreta - sono stati più di cento morti. Moltissimi bambini. Uno dei più gravi disastri in mare degli ultimi trent’anni.
Chi e perché ha fatto partire quella mail? Perché per più di un anno non si è saputo niente? La Procura che sta indagando sul disastro di Cutro sapeva di questa mail? La direttiva è stata emanata nel giunto del 2022. Ministro Giovannini, tecnico, indipendente, vicino al Pd. Il ministro sapeva? Ha dato lui indicazioni? O, se non sapeva, come mai non sapeva? Come funzionano le cose al ministero dei trasporti? E il ministro (Lamorgese) dell’Interno era al corrente? Oppure nessun ministro conosceva questa follia? E nessun viceministro e nessun sottosegretario? Se nessuno era a conoscenza, e dunque nel nostro paese un ufficiale di marina può decidere che si sospendano i soccorsi in mare, la cosa è molto preoccupante. Vuol dire che c’è una falla gravissima nella struttura. E vuol dire che i ministri non hanno grandi doti amministrative. In ogni caso la strage c’è stata. Il colpevole della strage, ora senza più nessun dubbio, è lo stato italiano. “Il riformista” (del quale all’epoca era direttore) titolò: “Strage di Stato” (come La Stampa diretta da Giannini). La cosa creò molte polemiche. Ci attaccarono aspramente. Soprattutto da destra. Avevamo ragione noi: quello era il titolo giusto. Non ci fa piacere. Però ora bisogna che qualcuno risponda. È vero, non erano” italiani” i morti. Ma erano quasi dieci volte di più delle vittime di piazza Fontana. Non chiediamo retorica, no, non serve. Però un briciolo di rigore. Devono rispondere i politici che sono responsabili di quella disposizione, e anche i ministri dell’epoca della strage, che non si accorsero che la Guardia Costiera era bloccata da una direttiva demenziale. O che se ne accorsero e fecero finta che le cose andavano bene così. Deve occuparsene il Parlamento. Deve rispondere il governo.
Diciamocela tutta: sull’immigrazione si sta consumando una silenziosa e inarrestabile campagna che punta ad aggiungere odio e a far crescere l’idea della cultura dell’emergenza come unica strada effettivamente percorribile. Altrimenti non si spiegherebbero le scelte di questi anni e di questi mesi. Ciò si è materializzato in modo straordinariamente esplicito attraverso l’operazione Cutro. Lo abbiamo dichiarato sul luogo di quella strage - terribilmente rimossa – con Elly Schlein alcune settimane fa, e lo ribadiamo ora: da quel momento è avvenuto tutto quel che non doveva accadere dal punto di vista delle scelte operate e delle parole espresse.
Del resto, se intitoli, con ancora negli occhi le immagini delle piccole bare bianche, ad una strage di stato avvenuta per omesso soccorso, misure per ostacolare il salvataggio in mare e l’accoglienza di qualità stai dando volutamente un messaggio. Stai dicendo “l’immigrazione è e sarà sempre una questione di invasione da cui proteggersi, al di là della vita vera”, nient’altro. Ovviamente ciò non è accaduto in questi mesi per la prima volta, la destra, quella peggiore, da tempo usa il tema migratorio per fomentare la sensazione di insicurezza.
La strada, bisogna dirselo, se l’è pure spesso trovata spianata, in ragione di una discreta ambiguità dei “progressisti” in Italia e in Europa, sulla questione sociale e la sua centralità. Ciò, nei decenni passati, ha favorito il discorso della destra nazionalista e ha visto il saldarsi di “razzisti” e parte degli “impauriti socialmente”. L’insicurezza sociale ha inevitabilmente arricchito il fiume della paura. E la destra ha cavalcato con sapienza tutto ciò.
Anche per questo oltre che in “sé” è indispensabile rilanciare, come il PD sta provando a fare, un discorso di promozione e riscatto delle persone (peraltro se il PD non lo fa è in crisi la sua stessa funzione “storica”). Ma c’è dell’altro. Si deve anche chiamare con il loro nome quel che le destre nazionaliste producono in termini di linguaggio e pratica dell’intolleranza istituzionale. Dalla condizione dei minori non accompagnati alla totale deresponsabilizzazione del soccorso in mare (pratica purtroppo accettata in alcuni casi perfino dal centrosinistra), dalla limitazione delle azioni riguardanti l’accoglienza alla totale assenza di canali d’accesso sicure per favorire l’arrivo regolare dei migranti gli esempi sono molti.
E raccontano di una pratica istituzionale che mira scientemente a non “risolvere” in modo razionale la pratica della gestione migratoria. Colpisce che questo pensiero abbia finito per drogare totalmente il dibattito pubblico sull’immigrazione, diventando, dobbiamo dircelo, spesso assolutamente “egemone”. Di fronte a un contesto simile l’unica cosa che la sinistra non deve fare è giocare in difesa. Per queste ragioni non solo stiamo ribadendo alcune convinzioni con nettezza (ad esempio il fatto che non imboccheremo mai più strade come quelle che hanno portato all’istituzione dei campi libici) ma riteniamo che si debba fare un bel salto di qualità sul piano delle regole e dell’impianto legislativo.
In tal senso ha lavorato un gruppo di parlamentari democratici e in particolare il Senatore Delrio, al fine di presentare modifiche di legge che ci permettano di superare la “Bossi-Fini”, una legge che ha alimentato gli arrivi irregolari.
E in fondo per le stesse ragioni al Parlamento europeo i nostri eurodeputati non hanno accettato la filosofia del “Patto Immigrazione Asilo”, quello che si configura come una straordinaria occasione persa e che non investe in alcun modo sul potenziamento e lo sviluppo dei canali d’accesso legali. Di fronte all’odio istituzionalizzato e alla cultura dell’eterna emergenza è infatti il potenziamento delle vie d’accesso legali l’unica risposta possibile.
Ciò in nome della necessità di gestire, anche, perché no, “regolare e controllare” i flussi, e poi in nome di un bisogno totalmente rimosso dalla stessa opinione pubblica che è quello di operare per favorire processi di inclusione, integrazione, formazione e avviamento professionale.
Quel che intendo dire è che i progressisti devono coniugare il valore del rispetto dei diritti umani, irrinunciabile e da riaffermare, con scelte che permettano un’azione di concreta gestione diversa dei flussi e con un nuovo progetto sull’accoglienza diffusa e di qualità.
Sono tutte battaglie complicate ma vanno assolutamente portate avanti altrimenti l’unico discorso pubblico capace di restare in campo sarà quello di chi - perfino a prescindere dalla realtà dei numeri ad esempio sul tema demografico o in relazione alle necessità del mondo produttivo – racconterà la storia dell’eterna invasione da cui proteggersi, magari moltiplicando i CPR e certamente non ostacolando, nel cuore del Mar Mediterraneo, nuove stragi senza nome.
*Responsabile immigrazione del Pd
“Non prenderemo mai più strade come quelle che hanno portato all’istituzione dei campi libici. Serve un salto di qualità sul piano delle regole: stop Bossi-Fini ”