La Cucina Italiana

editoriale

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Una signora è ancora seduta a letto, appoggiata a soffici cuscini. Due ospiti le fanno compagnia, ciascuno con una graziosa chicchera in mano, il paggio porta su un vassoio una cuccuma d’argento. Si capisce, è mattina, e il giorno si comincia con la cioccolata calda. C’è un’atmosfera di intimità domestica, di dolcezza. Questa scenetta, come tante altre della società veneziana del Settecento, fu dipinta da Pietro Longhi con arguzia di cesellator­e – suo papà era un argentiere – e con spirito da commedia galante, un po’ come avrebbe fatto Carlo Goldoni, che era un suo amico. Allora la cioccolata, che si chiamava anche “brodo indiano” perché era giunta dalle Indie Occidental­i e cioè dall’America, era la bevanda più alla moda. Il filosofo Voltaire, per esempio, ne beveva dodici tazze in mezza giornata. Ma fanatici irriducibi­li, anzi “viziosi”, lo erano diventati già due secoli prima i conquistad­ores, dopo avere scaldato e zuccherato la bevanda amara che gli Aztechi preparavan­o con fave di cacao, acqua fredda e spezie...

Sono passati più di quattro secoli dal suo sbarco in Europa e quasi tre dalla dama del Risveglio mattutino di Longhi, e quell’aroma caldo e dolce continua a esaltarci, a farci sentire come quando ci innamoriam­o (merito della feniletila­mina, una sostanza contenuta nel cacao, che stimola il buon umore). Fino a venti anni fa il cioccolato piaceva e si mangiava senza andare tanto per il sottile. Poi moderni hidalgos hanno preso di nuovo la via delle Americhe per salvare dall’estinzione la specie più preziosa di cacao, e la più delicata, il Criollo, che occupa solo lo 0,01% della produzione mondiale. Oltre il 90% è del rustico e fruttifero Forastero, mentre quel che rimane è del Trinitario, fine incrocio dei primi due. Le varietà sono decine, e tante ancora da conoscere.

Nelle prossime sere, quando sarà di nuovo un piacere restare a casa, scegliete un cioccolato Porcelana o un raro Chuao o un Arriba che profuma di fiori, e dedicatevi all’assaggio. Scoprirete sfumature di sapore straordina­rie, come capita per i migliori “cru” di vino. Annusate, assaporate con lentezza oppure entrate in cucina, accendete il forno e scartate qualche tradiziona­le tavoletta, fondete, impastate, montate... Sentirete quel profumo che saliva dalle tazzine dipinte da Longhi, lo stesso che hanno sparso qui in redazione i dolci al cioccolato che vi aspettano a pag. 62.

Per fare la casa accoglient­e con l’odore di altri buoni mangiari, soffermate­vi sul servizio dedicato alla pasta al forno a pag. 74. Fa venire l’acquolina, e porta conforto, perché anche la pasta ha doti rinfrancan­ti, quasi come il cioccolato. Il magistrato-gastronomo Jean Anthelme Brillat-Savarin raccomanda “cioccolata degli afflitti” a “ogni uomo di spirito che si sentirà temporanea­mente diventato bestia”... Niente di meglio che farsi riaddomest­icare da una crema al gianduia o da un piatto di maccheroni gratinati.

 ??  ?? 2 PRONTI PER VOI 1 La pasta al forno nella versione classica (pag. 74). 2 Fagottini di brioche con ganache al gianduia (pag. 64).
2 PRONTI PER VOI 1 La pasta al forno nella versione classica (pag. 74). 2 Fagottini di brioche con ganache al gianduia (pag. 64).
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