editoriale
Per uno dei banchetti che spesso offriva agli amici, il giurista-gastronomo Anthelme Brillat-Savarin ordinò al suo cuoco una sogliola fritta. Il maestro La Planche, così si chiamava il cuoco, arrivò in tavola con una sogliola “pallida, molle e priva di colore”, che fece storcere il naso a tutti gli illustri convitati. A seguito di questa disgrazia, La Planche fu convocato dal suo padrone che gli impartì una lezione sull’arte del friggere (si può leggere con godimento e vantaggio tra le note culinario-filosofiche del libro Fisiologia del gusto, che uscì nel 1825). Brillat-Savarin gli spiega che “tutto il merito di una buona frittura proviene dalla sorpresa”, e cioè dalla velocità con cui il grasso bollente crea sulla superficie del cibo una crosta rossiccia che lo ripara, lo fa cuocere delicatamente all’interno, e impedisce che si impregni di unto. Accanto alle ragioni e ai modi per sorprendere con massima efficacia una sogliola, Brillat-Savarin accenna anche a un’altra grande dote della frittura: la capacità di mascherare.
Per il Carnevale la nostra cucina tradizionale ha messo a punto decine di ricette in cui pallottole grassocce e fettucce sottili di pasta fatta di poco – farina, uova e latte – ma anche avanzi del giorno prima, tuberi modesti e frattaglie (scoprite a pag. 14 l’origine della
batsuà) si trasformano in pepite d’oro profumate e tentatrici al tocco di bacchetta magica del fritto. Nei giorni in cui il mondo si rovescia e nulla è più quello che sembra, prima dei rigori quaresimali, dal Nord al Sud impazza la festa e scrocchiano in bocca bugie, chiacchiere, crostoli, galani, frappe, cenci, si addentano soffici tortelli, fritole e fritolazze, zeppole e castagnole... Ogni regione ha dato il suo nome ai dolci più popolari di giovedì grasso.
Per una scorpacciata in libertà – bandite le posate, il fritto si mangia con le mani, lo diceva anche Brillat-Savarin – cercate nella sfilata a pag. 58 i vostri preferiti, puntate sul grande fritto misto dolce a pag. 119, abbandonatevi ai panzerotti di pag. 72, uno dei più goduriosi cibi di strada, alle crocchette o al pesce impastellato... “... anche i chiodi sono buoni fritti. Il fritto era come il soggolo delle monache, non abbelliva come quello, ma dava sapore squisito al nulla”. Raccontando la cucina avara del collegio, Dolores Prato, scrittrice poco frequentata del Novecento, ricorda come dentro una pastella croccante sembrava meraviglioso anche un niente, una foglia di borragine appena strappata nell’orto. Figuriamoci se quello che si frigge è un fagottino ripieno di pomodoro e mozzarella o una bignola con incastonate uvette e canditi, scricchiolante di zucchero.