Sul lago, tra limoni e carpioni
ULIVI, VIGNE, PESCATORI. LA SPONDA BRESCIANA DEL GARDA È UN ANTICIPO DOLCE E SEGRETO DI MEDITERRANEO. CON LA PROMESSA DI UNA CACCIA AL TESORO TRA PRODOTTI RARI E TESTIMONIANZE COLTE
Arieggiato e in totale relax, l’approccio via acqua alla sponda lombarda del Benaco è sempre ameno, con buona pace della Gardesana, la sinuosa statale 45 bis. Tra un beccheggio e una spallata dello scafo all’imbarcadero, il teatro che fino a poco prima si snodava tra ville sfarzose, lungolago gremiti e florida vegetazione, ci riceve sul suo palcoscenico. È un incontro che svela volti e sapori diversi a mano a mano che ci si addentra tra le sue “quinte” o si percorrono i sedici scali che separano Desenzano da Limone, tra tratti sotto costa e qualche zig zag tra un versante e l’altro.
1 Al genio e al piacere Sull’architrave che conduce alla stanza da letto del Vittoriale, la villa-museo dove Gabriele D’Annunzio trascorse gli ultimi diciassette anni della sua vita, il “vate” aveva fatto incidere le parole latine Genio et voluptati (al genio e al piacere). Una dedica a cui ispirarsi per dare il la a un fine settimana sul lago più grande d’Italia, dove il genio rappresenta il carattere del luogo e il piacere include a pieno titolo i prodotti della tavola locale. Prima di lasciare il Vittoriale, però, ricordatevi di aggiungere un timbro sul Passaporto inLombardia, per mantenere traccia delle visite alle più importanti mete della regione (si può richiedere all’ufficio Teatro, accanto alla biglietteria).
2 Calici con vista A sud di Sirmione, oltre le acque termali della Boiola, le Grotte di Catullo, l’imponente villa romana erroneamente attribuita
a dimora del poeta latino, e la Rocca Scaligera, la vite ha il suo regno. Là, dove quella sottile striscia di terra che si protende tra il golfo di Desenzano e quello di Peschiera si perde sulla terraferma. I terreni morenici e le argille del lago trasformano la pregiata varietà autoctona di trebbiano chiamata turbiana in un vino bianco fresco, sapido e profumato. È il Lugana, che celebra quest’anno il cinquantenario dall’istituzione della Doc. Ma non solo bianco. Lungo le colline bresciane che si affacciano al lago è terra di Valtènesi. Rosso per vocazione, dalle uve di groppello, questo vino si sta affermando nella sua versione rosé, di cui è alfiere il Chiaretto Doc, elegante e oggetto di molte attenzioni da parte del Consorzio, che ha avviato un processo di crescita in collaborazione con il Centre du Rosé di Vidauban (un’inusuale stretta di mano con i vini d’Oltralpe). Da non perdere, dal 2 al 4 giugno al Castello di Moniga del Garda, “Italia in rosa”, la kermesse nazionale dedicata al rosé.
3 Mediterraneo ai piedi delle Alpi
I vigneti, le antiche limonaie di Gargnano e di Limone (un toponimo che però non ha origine dagli agrumi), i capperi dalla Riviera di Salò, lo zafferano di Pozzolengo e gli ulivi; insieme a cipressi, palme e oleandri a pochi chilometri (in linea d’aria) dai massicci dell’Adamello e del Brenta. Latitudini record per queste varietà arboree benedette da un microclima quasi mediterraneo, dovuto alla vasta massa del lago che riduce l’escursione termica. Uno dei fiori all’occhiello del Garda schiude la sua piccola corolla proprio a giugno, quando si trattiene il fiato per l’impollinazione, perché da qui comincia il destino della nuova annata di extravergine. Lo chiamano lo “Champagne dell’olio di oliva” e nasce sulle colline dove ancora affiorano i terrazzamenti disegnati dalla mano
“O Benaco, che gonfi le tue onde e fremi come il mare” Virgilio
dell’uomo fin dal Cinquecento. Un rigoroso disciplinare, che ammette soltanto processi meccanici, regola da vent’anni questa Dop caratterizzata dal sapore delicato, fruttato, con un retrogusto lieve di mandorla.
4 Il lago in cucina “Ghe n’è da tor zo i ussi” (ce n’è da smontare le porte) dicevano i pescatori, dopo una grande retata di alborelle. Le aole, per dirla in dialetto, avrebbero riempito tutti i graticci disponibili, e si sarebbero dovute smontare le porte per stenderle a essiccare. Altri tempi. Ma ancora oggi, grazie anche alle tecniche di ripopolamento, il pesce del lago rimane una grande risorsa, da gustare fresco o in preparazioni che nascono per essere conservate a lungo, come le aole a sisà o più semplicemente il sisàm, piatto tipico della zona del Garda trentino, che richiama le sardele in saor di origine veneziana. Più delicato il persico, più saporito il coregone, grassa al punto giusto la sarda: impanati e fritti, alla brace o in carpione, sono buoni sempre. Merita particolari riguardi il carpione, pregiata specie autoctona dalla polpa rosata e tenera, per la quale Slow Food ha un presidio dedicato alla sua tutela. Nei ristoranti, accanto ad accostamenti innovativi, come “Salmerino marinato ai frutti di bosco e affumicato” dell’Osteria Tirabusù di Salò, si trovano le ricette della tradizione come il luccio in salsa. È uno degli antipasti più richiesti della cucina del Garda, che ripropone l’abbinamento del pesce di lago con le acciughe, come faceva Bartolomeo Stefani, il cuoco dei Gonzaga quando suggeriva di preparare i lucci “nello spiedo lardati con angiove…”.
5 Le vie della terra L’anfiteatro morenico sale veloce dalla riviera ai paesaggi alpini del Parco Alto Garda Bresciano, che fino a 2000 metri custodisce una vegetazione ricchissima e usi rurali del passato. Le mucche brune alpine pascolano tra sentieri apprezzati dagli escursionisti, malghe e panorami mozzafiato. Dal loro latte nascono rarità come il Bagoss, prodotto negli alpeggi e nel fondo valle di Bagolino; particolare per l’aggiunta di zafferano, si prepara ancora in grandi pentoloni di rame, su fuoco di legna, e quando è stagionato si grattugia come un grana. Ci sono la Formaggella della Val Sabbia e quella di Tremosine, una prelibatezza nella versione a latte crudo. C’è il Tombea, prodotto nei comuni di Magasa e di Valvestino, un’altra storica eccellenza d’alpeggio, a latte crudo, che può raggiungere i dieci anni di stagionatura. Il menu di terra si distingue anche per i salumi e per le carni. “Povere” ma ricche di sapore, come la trippa e le cotiche dei
fasoi con le cuisse, stipate in gustosissimi spiè (spiedi), assortiti con parti di maiale, coniglio, volatili, come vuole la tradizione bresciana. La “terra tra i due laghi”, il Garda e l’Idro, chiude il pasto in fragranza e sobrietà con la Torta delle
rose, un impasto lievitato ricco di burro e zucchero con la caratteristica forma di un cesto di rose, e con lo Scalitù, un dolce preparato con farina gialla, fichi e uvetta, tipico di Vestone. Ma la vera dolcezza è stare sulla riva del lago, quel Benaco, con accento sulla “a”, che più di ogni altro ha incantato poeti e viaggiatori di tutto il mondo. E continua a sedurre, con genio e piacere.