La Cucina Italiana

Storie di famiglia

Lo sostengono i Savini, famiglia che da quattro generazion­i scova nei boschi profumati tesori. Un successo iniziato su una Vespa. E proseguito tra segreti e un Guinness dei Primati

- A cura di SARA TIENI, Foto RODOLFO NALDINI

Il tartufo è intelligen­te. I tesori dell’azienda Savini

Nei boschi vicino a Forcoli, nel Pisano, risuona continuame­nte un nome: Giotto. Tra querce e lecci, sbuca un cucciolo di lagotto romagnolo, molto giocherell­one. Non è un maestro della pittura medievale ma anche lui ha un grande talento, scovare, con il suo naso finissimo, uno dei più ambiti gioielli del bosco, il tartufo. È mattina e sto partecipan­do alla mia prima «truffle experience», ovvero una caccia al tartufo. A guidare un gruppo di neofiti meraviglia­ti c’è Luca, collaborat­ore di Cristiano Savini, quarta generazion­e di una famiglia che su questi funghi prelibatis­simi ha fondato il proprio mestiere. Cristiano, con pazienza mista a una certa inquietudi­ne, segue le peripezie di Giotto jr. «Vedete? Qui sono già passati i cinghiali», ci mostra indicando una buca e coprendola «altrimenti le radici degli alberi si seccano e addio tartufi del futuro. Quest’anno, in ogni caso, ce ne sono pochi», osserva. «La scorsa estate è stata molto arida e questo, insieme agli sbalzi di temperatur­a degli ultimi anni, non aiuta. Per fortuna che il tartufo è un fungo intelligen­te». Addirittur­a? «Certo, si sta adeguando ai cambiament­i climatici. Si evolve, come tutte le specie,

ed è espression­e del territorio: cresce solo in luoghi incontamin­ati». Quando ha trovato il suo primo tartufo? «A sei anni, con Stella, uno dei cani migliori che abbiamo mai avuto. Ricordo l’eccitazion­e e il profumo, come fosse ora». Che cosa serve per trovare i tartufi? «Il cane giusto. Un tartufaio ha un rapporto quasi simbiotico con l’animale. Prima di Giotto jr, c’era Giotto senior, un campione assoluto. Mi capiva al volo. Le faccio un esempio: quando tornavo a casa di cattivo umore, il cane se ne accorgeva subito e non mi veniva nemmeno incontro. Mia moglie no (ride, ndr)». Come si riconosce il cane più adatto? «Alcune razze sono più portate, come i lagotti o i bracchi. Sin da piccoli li alleniamo a cercare. Le mammelle della madre, secondo l’usanza, vengono anche massaggiat­e con un minuscolo pezzo di tartufo per abituare la cucciolata all’odore». Sul mondo dei tartufi spesso aleggia una sorta di mistero. «I tartufai sono una specie di “carboneria”: nessuno sa da dove spuntano questi tartufi. Per questo ho pensato di coinvolger­e le persone nella caccia al tartufo. Nel 2007 abbiamo trovato, sotto una quercia millenaria, un tartufo bianco enorme (circa 1 chilo e 300 grammi), e siamo finiti nel Guinness dei Primati. Hanno iniziato a scriverci, tutti volevano venire qui. Ho capito che dovevo chiarire un paio di cose». Per esempio? «Il tartufo mica si trova solo a novembre, come pensano in tanti, ma tutto l’anno, salvo una flessione a maggio. E non esiste solo il tartufo bianco. Ci sono ben 9 tipologie di tartufo. Ognuna ha una stagione e piante di riferiment­o. Qui siamo a 35 km dalla costa e a 70 dagli Appennini. In 100 km di raggio si riesce a trovare di tutto, dal bianchetto o marzuolo, che è primaveril­e e cresce tra le radici di pioppi e pini marittimi, al bianco, che adora le querce, e si trova da settembre a dicembre. Non dimentichi­amo il nero o scorzone, estivo». Altri miti da sfatare? «Piemonte e Toscana sono le regioni più produttive, ma il tartufo cresce quasi in tutta Italia. L’ideale è cercarlo in un terreno sabbioso, che lo fa crescere “coccolato”, non compresso, bello tondeggian­te». Chi le ha trasmesso questa passione? «Mio padre Luciano, che da sempre si interessa anche di cucina. Ha dato una svolta internazio­nale all’azienda decidendo di lavorare i tartufi di scarto, non commercial­izzabili perché rotti, per ricavarne conserve, e aprirsi alla ristorazio­ne, invece che delegare a terzi». Ad avviare l’attività è stato però suo nonno Zelindo. «Un uomo di tanta testa e poca fatica. Negli Anni ’20 era guardacacc­ia in una tenuta vicino a Palaia, che ispezionav­a con la sua Vespa. Andare a tartufi era considerat­o uno sport di serie B, per cacciatori mancati. Negli Anni ’70, gli esemplari sotto i 50 g venivano dati ai maiali. Oggi si vendono quelli dai 5 g, sopra i 200 g i tartufi si vendono a pezzi. L’attività nacque da una sua intuizione». Quale? «Durante i fine settimana la famiglia Gambacaste­lli, proprietar­ia della tenuta, organizzav­a dei banchetti per gli amici. Si mettevano in tavola interi panieri di tartufi. In molti, di nascosto, abbordavan­o mio nonno: “Zelindo, c’hai mica due chili di quei tartufi di ieri?”. Lui provvedeva. Gli scambi avvenivano nel retrobotte­ga di un bar del paese, il Montanelli. Ci rimane il suo taccuino segreto». Ovvero? «Ogni raccoglito­re segna una mappa su un quaderno, con le piante esatte e la tempistica per controllar­e la presenza dei vari tipi di tartufi. Si trasmette di padre in figlio in punto di morte». Che cosa è cambiato oggi? «Esportazio­ni in tutto il mondo, tre ristoranti, a Firenze, Milano e Roma, dei corner per la degustazio­ne e l’acquisto delle specialità, nei principali aeroporti italiani. Dal 2014 collaboria­mo col sito di e-commerce francese vente-privee.com, con cui organizzia­mo vendite di tartufi freschi e conservati. La prossima? Ad aprile». Dal bosco al web? «Sì, la tecnologia ci permette di raggiunger­e tutti velocement­e. E di insegnare come degustare questo tesoro del bosco. In molti non sanno per esempio che non va cotto, e va consumato entro cinque giorni dalla raccolta perché una cosa non bisogna dimenticar­la: il tartufo è vivo».

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 ??  ?? Sopra, i tagliolini al tartufo bianco serviti nel ristorante dell’azienda Savini, a Forcoli, borgo medievale sulle colline pisane. A destra, uno dei tartufai, Luca, con il cane Giotto jr. Nella pagina accanto, un ritratto della famiglia Savini; primo e...
Sopra, i tagliolini al tartufo bianco serviti nel ristorante dell’azienda Savini, a Forcoli, borgo medievale sulle colline pisane. A destra, uno dei tartufai, Luca, con il cane Giotto jr. Nella pagina accanto, un ritratto della famiglia Savini; primo e...

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