«Il pane è pura magia. Quello buono si riconosce dal profumo. E dal rumore inconfondibile che fa la crosta quando si spezza»
Ex allieva dell’Accademia del Pane di Molino Quaglia (piccola istituzione del settore), non si è ancora diplomata quando la mettono a gestire la panetteria Mamapetra al Mercato Metropolitano, «ipercinetica esperienza durante l’Expo». Lì si innamora due volte. Della città e di un uomo, l’attuale fidanzato, esperto di caffè. La città se la imprime sulla pelle (sull’avambraccio, un Duomo stilizzato), il compagno anche. «Io e lui abbiamo dei tatuaggi identici: una chiave e un lucchetto». Un’esperienza da Davide Longoni, panificatore di culto milanese, convince del tutto Aurora a scegliere Milano, «la città delle possibilità», e ad aprire qui il suo negozio. Lavora per 12 ore al giorno (dalle 7 alle 19). Per compagni, un’impastatrice del 1986, sua coetanea «perché quelle moderne sono brutte», un forno e una cella di lievitazione. Nel poco spazio rimanente una mini libreria dedicata al pane, da cui anche i clienti possono attingere. Guardandosi attorno si notano altri dettagli. Il bancone, per esempio, ha una grata, sotto il tagliere, dove raccogliere le briciole: «odio averle in giro. Negli Stati Uniti invece sono di moda e le riciclano per condirci il pane». Sul soffitto resti di un affresco scrostato dove ancora si distinguono filoni e michette. «Qui alla fine dell’800 c’era già un panificio», racconta. Un destino che si incastra perfettamente nelle pieghe del suo inusuale percorso. «Tempo libero? Il lunedì, giorno di chiusura. Dormo, faccio yoga, giro per le enoteche dove l’attenzione per il pane è alta, gli abbinamenti sofisticati». Come le sue creazioni, pani ruvidi all’aspetto ma colti. Con un’alveolatura perfetta, una diversa dall’altra «perché fatti a mano». Accanto a quelli classici, i pani antichi, di Altamura o di grano arso «che una volta si faceva con i chicchi bruciati rimasti sui campi». In molti le chiedono di insegnare la sua arte. Oppure di avere un pezzetto di pasta madre: «Nessun problema», dice. «Non sono credente ma una cosa ho imparato da quando ho tenuto dei corsi al Refettorio Ambrosiano di Milano (la mensa ideata dallo chef Massimo Bottura per le persone in difficoltà, ndr): il senso ultimo del pane. E sa qual è? La condivisione».