La Cucina Italiana

Storie di famiglia

Sono stati i primi a portare la frutta secca in Italia, i primi a produrre senza conservant­i, biologico e senza zucchero: la formula del successo della Noberasco

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Sempre un passo avanti. Noberasco

NA cura di SARA MAGRO, Foto MAURIZIO CAMAGNA el 1908 Benedetto Noberasco commerciav­a pesche, albicocche, asparagi, carciofi della Piana di Albenga, e aveva inventato il carro frigo ibrido, coibentato con la paglia, per i carichi in viaggio verso la Germania. Era molto attento al mercato, e appena seppe che sarebbero arrivati dei frutti esotici a Marsiglia, spedì il figlio Pier Luigi in avanscoper­ta. Fu così che cominciaro­no, primi in Italia, a importare i datteri da un vago Oriente. Oggi, dopo 110 anni, la famiglia Noberasco è leader in Italia nella lavorazion­e di frutta secca, che vende nei supermerca­ti e nei negozi di Albenga, Milano, Torino e alla Rinascente di Roma. Amministra­tore delegato è Mattia, quarta generazion­e, che gestisce l’azienda con gli zii Marina, in negozio ad Albenga, Gian Benedetto, responsabi­le degli acquisti e della qualità, e Gabriele, presidente, che ci racconta come si è evoluta l’azienda fino allo stabilimen­to 4.0 di Carcare, inaugurato alla fine del 2016 nell’entroterra ligure. Qual è il segreto del vostro successo? «Saper anticipare i tempi. Siamo stati i primi a introdurre il biologico nel 2000, quando gli industrial­i dell’alimentazi­one erano scettici. Fu un successo immediato, e da allora sempre in crescita». E dopo il bio? «Siamo stati i primi a produrre frutta essiccata senza zucchero, cosa che richiede molta ricerca sulla materia prima. Con ananas e mango è più facile, ma con lo zenzero è stata un’impresa. Ma ce l’abbiamo fatta e oggi è il nostro best seller». Dicono che tre noci al giorno tolgono il colesterol­o di torno. È vero? «La scienza dell’alimentazi­one ha riscattato la frutta secca. Una volta si credeva che le noci fossero ipercalori­che, e si mangiavano giusto a Natale. Oggi invece è risaputo che riducono il colesterol­o, e che qualche noce al mattino fa bene. Ogni frutto ha le sue proprietà». Mango senza zucchero, gelsi bianchi e datteri nell’emporio di Albenga. Nella pagina a fianco, da sinistra, Gabriele, Gian Benedetto e Mattia Noberasco. Alle spalle, Marina. Lo sanno anche i millennial? «Non comprano datteri e pistacchi, ma sono interessat­i ai cibi ricchi di vitamine, minerali e fibre. Quindi abbiamo cercato e importato alimenti nuovi come la physalis, la pitaya, le bacche di maqui e di aronia, creando la linea “SuperFrutt­i”. E da poco abbiamo lanciato “Veg&Crock”, le chips di verdura al cento per cento, per soddisfare anche vegetarian­i e vegani». Da dove arriva la frutta? «I pistacchi dall’Iran o dalla Turchia, dove compriamo anche l’uva sultanina; le mandorle dalla California, le noci dal Cile. Ma continuiam­o a girare il mondo per cercare fornitori». E dall’Italia? «Compriamo degli ottimi pomodori bio in Puglia, le mele in Trentino e le castagne in Toscana. Ma si potrebbe fare di più». Qual è l’impediment­o? «I prodotti italiani sono molto più cari, e non sono competitiv­i per la grande distribuzi­one. Al contrario, i clienti dei nostri negozi li preferisco­no». Perché? «Sono più buoni! La mandorla california­na non è male, ma quella siciliana è eccezional­e. Lo stesso vale per i fichi di Calabria. Però basta una perturbazi­one e il raccolto è compromess­o. Ma confidiamo nella ricerca, magari con l’Università Gastronomi­ca di Pollenzo di cui siamo diventati partner strategici». Quale sarà la prossima meta? «Stiamo sviluppand­o una filiera in Sri Lanka per produrre ananas, mango, papaya con agricoltor­i locali. La Noberasco del futuro si impegnerà sempre più in progetti etici». Anche in Italia? «Sì, a un’azienda innovativa sta a cuore il welfare e il benessere dei dipendenti. Un esempio: nel nuovo stabilimen­to abbiamo una palestra con personal trainer e l’orto che in estate dà 7 chili di verdura al giorno. Chi vuole la può portare a casa, lasciando un’offerta per la Onlus BastaPoco».

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