La Cucina Italiana

L’alchimista

Dalle formule ai lieviti. Dall’università alla bottega. Storia di una panificatr­ice millennial che a Milano ha trovato il suo luogo «perfetto». Conquistat­o un quartiere. E vinto la sfida con (certi) elementi

-

Aurora Zancanaro e il suo micropanif­icio Le Polveri

GRicette AURORA ZANCANARO, Testi SARA TIENI, Foto RICCARDO LETTIERI uardo le braccia esili e muscolose di Aurora Zancanaro impastare il pane e cado in trance. Siamo nella sua bottega artigianal­e, Le Polveri, e sembra di assistere a un rito iniziatico più che alla produzione di lievitati. Lo spazio è stato inaugurato quattro mesi fa in via Ausonio 7, quartiere centrale con eleganti palazzi in stile vecchia Milano. L’iniziativa rientra in una tendenza molto in auge: quella dei micropanif­ici. Spazi minuscoli (quello di Aurora misura in tutto 50 metri quadrati), che stanno facendo rifiorire un’antica arte, diventata una delle ultime ossessioni culinarie, ovvero prodursi il miglior pane possibile. Il merito di questa trentunenn­e trevigiana è proprio quello di rendere contempora­neo un mestiere faticoso e quotidiano come quello del panettiere, con una certa eleganza e un certo appeal intellettu­ale. Lei, una laurea in chimica a Ca’ Foscari a Venezia, cinque anni spesi come ricercatri­ce in concia delle pelli, ci scherza su e condensa tutta la sua storia da millennial virtuosa con poche misurate parole. «Con l’università ho chiuso quando ho capito che non avrei avuto futuro. Così ho ripiegato sull’altra mia grande passione: fare il pane. Alla fine, creare una nuova ricetta o assemblare un lievito madre richiede la stessa voglia di sperimenta­zione impiegata per una formula chimica. So come reagiscono gli ingredient­i, così un po’ li sfido». Un’attenzione, la sua, prima di tutto per le farine. Tanto da battezzare il suo spazio ad hoc: in gergo culinario infatti per «polveri» si intendono le farine. «Sono la base da cui tutto ha inizio», spiega. «Giro molto per scoprire le migliori. Quella di segale, per esempio, la prendo in Val di Gesso, dove hanno una grande tradizione di mulini. Quella usata per alcune focacce viene dal Vicentino». Il pane costa circa 8 euro il chilo. Le chiedo se i clienti non lo trovino esagerato. «No, quando capiscono il lavoro e la qualità che c’è dietro. Si fidano e chiedono consigli». Un lessico, il suo, del tutto familiare. «Mia madre Emanuela faceva il pane in casa. Ricordo però che aveva un cattivo sapore. Troppi batteri acetici», scherza la figlia irriconosc­ente mentre la panificatr­ice ispirata divide un impasto per baguette con una spatola ereditata dalla mamma. Sulle pareti spicca il menu della settimana. «Ogni giorno propongo due pani fissi, un pane farcito con ingredient­i di stagione e uno con vari grani e semi, più una focaccia o pizza in pala, un impasto tipico della tradizione romana, e le mie baguette». I gesti rituali del lavoro e la lievitazio­ne scandiscon­o le ore. «Il pane viene impastato il pomeriggio del giorno prima per essere sfornato la mattina dopo». Il sabato è il giorno delle novità. Una tradizione presa dal mondo anglosasso­ne, racconta, «dove il pane si compera, di una certa qualità, solo il weekend». Un’osservazio­ne sul campo avvenuta a Londra. «Lì ho trascorso un periodo come responsabi­le del negozio di Molino Vigevano». Per il resto Aurora ha un curriculum superconde­nsato, che inizia solo nel 2015. ➝

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy