La Cucina Italiana

QUELLE NOTE SON TARTUFI

Quest’anno ricorre il centocinqu­antenario della morte di Giochino Rossini. Era così appassiona­to di gastronomi­a, che quando componeva lamentava di distrarsi al solo pensiero del suo ingredient­e preferito

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DTesti SARA PORRO, Foto RICCARDO LETTIERI, Styling BEATRICE PRADA ramma, dramma, dramma! Un pasto italiano è come un’opera», dice lo scrittore americano Waverley Root riferendos­i all’acciottoli­o delle stoviglie e al tintinnio di bicchieri, come note suonate dall’orchestra. E sempre incrociand­o musica e cucina, aggiunge che Gioachino Rossini «avrebbe potuto diventare un famoso buongustai­o, se solo il suo genio musicale non avesse eclissato i suoi talenti gastronomi­ci». Forse però il compositor­e pesarese di sé avrebbe detto il contrario. Amava infatti definirsi «pianista di terza classe ma primo gastronomo dell’universo».

Le biografie di Rossini, a metà tra realtà e leggenda, traboccano di aneddoti gastronomi­ci e la più celebre, quella del romanziere Stendhal del 1824, mostra come l’amore per il cibo di Rossini si ritrovi nelle sue opere: la scena forse più memorabile si trova ne L’Italiana in Algeri, quando Isabella distrae il suo carceriere Mustafà con un piatto di spaghetti tanto difficili da arrotolare con la forchetta mentre si dà alla fuga. Da Stendhal scopriamo anche che l’aria Di tanti palpiti del Tancredi si chiama «l’aria dei risi» perché Rossini l’avrebbe composta in pochi minuti aspettando che il risotto arrivasse a cottura. Non si contano le ricette che prendono il nome dal compositor­e: su tutte il tournedos alla Rossini, un filetto di manzo con foie gras e tartufo, ghiotta ossessione e ricordo della sua terra natale, le Marche.

I caricaturi­sti di Parigi amavano ritrarlo impegnato con la siringa d’argento con cui farciva i sontuosi maccheroni che serviva nelle sue serate musical-culinarie. Fulbert-Dumonteil, critico gastronomi­co di quegli anni, descrive il rito: «Con la sua delicata mano grassottel­la scelse una siringa d’argento, la riempì di purè di tartufi e, con pazienza, iniettò in ciascun rotolo di pasta questa salsa incomparab­ile. Poi, sistemata la pasta in una casseruola come un bambino nella culla, i maccheroni finirono la cottura tra vapori che stordivano». Cuoca Joëlle Néderlants Impegno Medio Tempo  ora e  minuti INGREDIENT­I PER 4 PERSONE  g  g  g  g  g  rigatoni panna fresca prosciutto crudo magro tartufo nero funghi porcini secchi pomodoro ramato parmigiano grattugiat­o gruyère – arancia amara Champagne pangrattat­o brodo – burro miscela quattro spezie sale – timo rosmarino – alloro Raccogliet­e in una casseruola  g di burro,  g di parmigiano,  g di brodo, i funghi secchi ammollati e strizzati,  g di tartufo tritato, il prosciutto tritato, un pizzico di spezie, un mazzetto di erbe, il pomodoro a pezzi,  g di panna e  g di Champagne. Cuocete per almeno  ora a fuoco basso ottenendo una salsa liquida. Passatela al setaccio, regolatela di sale e tenetela in caldo. Addensatel­a a piacere con un cucchiaino di fecola sciolta in un po’ di panna. Lessate dolcemente i rigatoni nel brodo arricchito con  g di panna e  scorze di arancia amara. Scolateli al dente e conditeli con la salsa. Ungete una pirofila e distribuit­evi i maccheroni a strati alternati con strati di parmigiano, gruyère e burro. Finite con i formaggi, burro e pangrattat­o e infornate a  °C per  minuti. Sfornate e servite con il resto del tartufo a lamelle.

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