ATTO SECONDO: 12-18
raccogliere i ciuffi di salicornia, minutina, levistico, acetosa, elicriso, liquerizia, che crescono tra i lidi e le barene. Era un dedalo quasi dimenticato prima di essere recuperato da facoltosi benefattori innamorati del suo fascino. Tra questi i Bisol, produttori di Prosecco, che sull’isoletta di Mazzorbo, congiunta a Burano da un ponte, hanno creato Venissa ristrutturando una vecchia casa per ricavarne qualche camera, una trattoria e un ristorante di charme. In cucina Francesco Brutto fa parte della nuova generazione di cuochi a caccia di sapori amarognoli, aromatici, vegetali. La laguna gli ha offerto un formidabile campo di esercitazione per dimostrare che partendo da saòr e baccalà si può approdare alle Mazzancolle scottate con radice di acetosella o ai Carciofi e tuorlo marinato con semi di ambretta. Insieme, sorseggiate un bicchiere di Venissa, il vino sapido e dorato che nasce dalla dorona, il vitigno pressoché scomparso, un tempo prediletto dai dogi, che i Bisol hanno recuperato. Un giocattolo di pochi ettari, come altri sull’isola di Santa Cristina dove si produce il Venusa e una birra all’artemisia marittima. Non mancano altre stranezze, suggerite dalla magia del luogo. Per esempio, a Sant’Erasmo, Michel Thoulouze, manager francese e viticoltore snob, produce poche bottiglie di Orto, un bianco con i profumi della Malvasia istriana che si può assaggiare sul posto. A PRANZO MA SUL SERIO Sedersi a tavola a Venezia è una faccenda delicata. Perché in una città di 60mila abitanti e 25 milioni di visitatori all’anno, districarsi fra bufale e vecchie glorie non è facile. La bella notizia è che esiste una nuova generazione di ristoratori, spesso figli d’arte, che ha abbandonato la greve cucina di maniera per approdare a sapori puliti e brillanti. IL LOCAL Seguendo il doppio orologio dell’appetito e della marea, col canale che occhieggia a filo delle finestre, c’è il Local. Nessuna polverosa paccottiglia, spazi chiari, ariosi, con due giovani proprietari fan del bio. Ma niente paura, qui non ci sono da temere piatti eticamente corretti e gustativamente slavati. Nella cucina a vista c’è Matteo Tagliapietra, buranello di origine, veneziano per formazione, planetario per esperienze tra Nobu, a Londra, e Noma, a Copenaghen. Com’è giusto per un cuoco che vuole riportare in cucina lo spirito cosmopolita di Venezia. Dal menù: Risotto di gò, alga nori e katsuobushi; Linguine alla bùsara di canocie; Anguilla, mango, miso e puntarelle. IL RIDOTTO Siete al Castello. Ridotto o Aciugheta? Tavola ricercata o un’interpretazione contemporanea del bàcaro, con banco in travertino persiano e un’ambiziosa selezione di ombre ed etichette? È solo questione di mood, perché i due locali affacciano sullo stesso campo, il proprietario è lo stesso, la garanzia di qualità anche. In compenso il Ridotto lo è davvero, nel senso che ci sono nove tavoli e i fornelli stanno in un armadio. Ma Gianni Bonaccorsi, oste e patron, è uno dei primi ad avere avuto il coraggio di abbandonare la cucina veneziana di maniera. Gli spaghetti al nero stanno insieme ai ricci, al peperone candito, ai friggitelli; le sardelle diventano un sandwich chic sulla panzanella con verdure e capperi canditi; l’astice incontra l’Aperol; la triglia è ripiena di gamberi. Ed è bello ➝