Storie di famiglia
Anche se oggi le donne disinvolte negli incontri di lavoro sono molte, l’invito al ristorante richiede una regia attenta. Per minimizzare i rischi e portare a casa i risultati
Gente di una certa pasta. Barilla
Che l’ospite sia un lui o una lei è irrilevante. L’approccio morbido ad alta preparazione e basso testosterone è quello vincente. Ecco i fondamentali da non dimenticare.
Conosci il tuo pollo
Regola numero uno: non spostare l’ospite dalla sua zona di comfort psicologico. Una telefonata esplorativa alla segretaria, a un comune conoscente o a un collega di lavoro (carriera, sport prediletti, gusti a tavola), oltre a un controllo in rete, eviterà di portare un vegetariano nel ristorante di cacciagione o un ebreo osservante al paradiso del maiale.
L’abito fa la monaca
Capelli lucidi, mani perfette, trucco leggero, niente profumo. Le scollature suggestive, i tacchi vertiginosi, gli orecchini chilometrici sono no-no. Ma lo è anche l’uniforme. New York stila il codice: per finanza e studi legali tailleur e tailleur pantalone con décolletée a tacco alto; per il mondo della moda, cardigan con gonna e stivali bassi scamosciati; per le società informatiche, jeans con giacca firmata e borsa-culto.
Mezzogiorno di cuoco
Il ristorante giusto è vicino all’ufficio e deve soddisfare quattro basilari esigenze: tavoli ben distanziati, trattamento da habitué (tavolo preferenziale d’angolo), menu semplice ma interessante, servizio cortese e veloce. Nei Four Seasons di Milano e Firenze il menu per le colazioni d’affari offre due portate in 45 minuti, tre in 55 (39 e 48 euro). Ma, previa telefonata al maître, si ottiene dovunque la tempistica desiderata.
Alla larga dal coniglio
Se l’ospite ordina caviale non è il caso di posizionarsi su una minestrina nel pur lodevole intento di contenere i costi societari. Se dice faccia lei, mantenersi su piatti neutri: gli inglesi considerano il coniglio un animale di compagnia; i giapponesi non sanno arrotolare gli spaghetti; gli americani inorridiscono di fronte alle interiora. Le portate scandiscono il ritmo della conversazione: antipasto e argomenti piacevoli, piatto centrale e convergenza sul lavoro, caffè e small talk finale. Mai sciorinare materiale dimostrativo, mai cellulare acceso. No iPad in vista.
Il bicchiere giusto
Una buona competenza sui vini è un ottimo strumento di conversazione. Nei paesi anglosassoni a mezzogiorno ci si limita all’acqua (è elegante chiedere quale: Badoit, Evian, San Pellegrino?), ma a cena il vino è di rigore. Se l’ospite è un appassionato, gli si affida il compito, se non lo è, sceglie lei preferendo etichette della zona. Evitare comunque sfoggi di erudizione: inutile chiedere a un cinese se avverte il tipico profumo di violetta del suo Barolo, perché in Cina non esistono le violette.
Il conto
Il modo più elegante è far mandare il conto in azienda. In alternativa si lascia al maître la carta di credito entrando e lo si avverte di tenere pronto il conto alla cassa in modo da poter controllare e firmare allontanandosi brevemente. La frase d’uso è «mi scusi un attimo», che può voler dire che la signora sta andando a far pipì o a espletare altre esigenze socialmente corrette.
Avances. Se capita
Al suo vicino di tavolo alticcio che le sussurrava che l’avrebbe portata a letto volentieri, Margaret Thatcher notoriamente rispose: «La ringrazio, ma dubito che adesso sarebbe in grado di farlo». Trattandosi di un cliente, l’avance va lasciata cadere nel vuoto in modo che il messaggio arrivi senza creare imbarazzi. Se l’insistente non demorde, si declina sorridendo con una frase neutra del genere «ora siamo qui per lavoro…». Ma è un caso limite. La situazione molto più probabile e sgradevole è trovarsi a tavola con uomini che dicono buon appetito e parlano mentre masticano. Anche qui si sorride e si ignora.