DOVE L’ERBA SA DI MARE
Dai pascoli di altura e dalle gelide acque dell’oceano arrivano prodotti di eccellenza assoluta. Che la nuova cucina irlandese, trainata dalla rivoluzione dei «gastropub», valorizza con originalità e freschezza. Facendo sembrare preistoria una tradizione
Si diceva che gli irlandesi, così come gli inglesi, a tavola non andavano oltre patate, roast-beef e stew, l’ottimo stufato di manzo. Oggi (per fortuna) le cose non stanno più così nell’isola che ha adottato il leggiadro shamrock, il trifoglio, come suo simbolo. Finalmente consci delle proprie ricchezze naturali – la pioggia per un giorno su tre all’anno, l’erba dei pascoli in altura, l’abbondanza e la qualità della fauna ittica, il clima mite per la Corrente del Golfo – hanno cominciato a trasformare in cucina i prodotti freschi della loro terra e del loro mare, sconvolgendo abitudini alimentari di secoli.
Quasi due terzi della superficie dell’Irlanda oggi sono destinati all’agricoltura, l’80 per cento dei quali coltivati a erbaggi e il 55 per cento della produzione si fonda su allevamenti bovini e ovini.
L’oro bianco della contea di Waterford
In una delle regioni più colpite dalla terribile carestia del 1848, la rivincita ha il sapore del latte, dei formaggi a latte crudo, della carne, ma soprattutto il profumo dell’erba bagnata. Il segreto della loro bontà infatti sta tutto nei magnifici pascoli.
Per capire che cosa mangiano gli irlandesi partiamo da Waterford. Nella più antica città dell’isola, fondata dai Vichinghi sulla costa sudorientale, Slow Food organizza tutti gli anni ai primi di settembre il Waterford Harvest Festival, un grande mercato di prodotti tipici della contea, condito con dimostrazioni culinarie, visite guidate ai produttori, spettacoli di strada e degustazioni. Ogni sabato però ce n’è un assaggio al mercato degli agricoltori in Jenkins Lane. Qui si può trovare il blaa, uno speciale panino molto soffice, prodotto in uno dei quattro forni storici della città. La ricetta è segreta e la Commissione Europea ha attribuito al blaa il marchio di Indicazione Geografica Protetta (Igp).
Usciamo dalla città in direzione del mare e della Copper Coast, 25 chilometri di scogliere, insenature, spiagge e faraglioni, eletti nel 2004 dall’Unesco a Geoparco Globale. Arrivati sulla costa, superiamo le belle spiagge di Tramore e proseguendo verso sudovest raggiungiamo il porticciolo di Boastrand Pier. Sul molo ha sede la Dunabrattin Fishermen & Community, una comunità locale di pescatori molto attiva, che tiene anche corsi di cucina.
Proseguiamo per Dungarvan, dove troviamo la Dungarvan Shellfish, una delle più rinomate oyster farm irlandesi. Un assaggio di ostriche in uno dei pub del paese è doveroso. Lungo tutte le coste dell’isola proliferano anche gli allevamenti di salmone bio e di mitili, e si raccolgono il carrageen e il dillisk di Sligo, due alghe molto richieste dai ristoranti.
Dalle spettacolari coste ci inoltriamo nell’interno e risaliamo le montagne di Knockanore, paradiso di mandrie e greggi al pascolo brado. Qui, alla fine degli anni ’70, un’associazione di casari ha reintrodotto la lavorazione dei formaggi su piccola scala. Poi, con il sostegno di Slow Food Ireland, ha preso coraggio, aumentando negli anni la produzione a latte crudo, come si usava in passato. Nella Valle di Knockanore, in gaelico Cnoc an Óir, la Collina ➝
«Acciottolio di gusci sui nostri piatti. La mia lingua era un estuario in piena, il palato era acceso di stelle» – dalla poesia Ostriche di Séamus Heaney –
dell’Oro, Eamonn e Patricia Lonergan fanno un formaggio con il latte ricco e cremoso di un centinaio di vacche Frisone, utilizzando la tradizionale tecnica del cheddaring, cioè il taglio della cagliata in piccoli pezzi per drenare il siero prima di impilare le forme. Forti di un latte eccellente e di un gran lavoro di ricerca, i cheddar di Knockanore Irish Farmhouse Cheese sono oggi esportati in tutto il mondo.
Un po’ più a nord facciamo tappa a Cappoquin per comprare il pane nella Barron’s Bakery & Coffee House. Esther Barron e suo marito Joe mandano avanti con passione quello che, con ogni probabilità, è il più antico panificio d’Irlanda, fondato dal nonno John nel 1887. Esther panifica con maestria in due forni di mattoni installati da suo padre negli anni ’40, che danno alle pagnotte un sapore e un profumo unici e una crosta particolarmente croccante. «Forni come questi richiedono tempi di cottura piuttosto lunghi, ma il mio slow bread è magnifico». Salutiamo Esther e saliamo sulle montagne di Knockmealdown, linea di confine naturale tra la contea di Waterford e quella di Tipperary. Qui ci aspettano Joe ed Eileen Condon, che allevano allo stato brado bovini da carne Galloway, un’antichissima razza scozzese a pelo lungo da altura. La carne, certificata bio, si fregia anche della denominazione Omega Beef, che ne attesta l’alto valore nutritivo.
Rivoluzione in cucina
La nuova cucina irlandese è nata intorno agli anni ’80 del secolo scorso, nel momento in cui la varietà e la qualità dei prodotti alimentari del paese raggiungevano i massimi livelli. Si cominciò allora a riscoprire i sapori locali originari, a valorizzarli e ad accostarli per ottenere risultati inediti. Oggi, una generazione di giovani cuochi continua ad applicare con successo questa idea culinaria nei locali gourmet contemporanei.
A Dublino la torta se la sono spartita i ristoranti stellati e i nuovi «gastropub», dove con la birra si mangiano piatti di alta cucina. Scegliendo questa formula Michael Foggarty, Colin Hession e Seaneen Sullivan nel 2010 hanno comprato il L. Mulligan Grocer, un antico pub dello storico quartiere di Stoneybatter, a nord del fiume Liffey, con l’intenzione dichiarata di puntare molto sul cibo. Il menu, infilato tra le pagine di vecchi libri a cui dare un’occhiata in attesa dell’ordinazione, è stagionale e cambia ogni settimana. Nella sua nuova versione da gastropub propone piatti della cucina tradizionale irlandese rivisitata, accompagnati da ottime birre artigianali che non comprendono la famigerata Guinness. Per il dessert l’abbinamento proposto è con una vasta selezione di whiskey irlandesi. Le specialità del locale sono il Black Pudding, sanguinaccio, e lo Scotch Egg, un uovo bollito riempito di carne di maiale tritata e arricchita con cumino, sale e pepe di Cayenna, impanata con pangrattato, salvia e parmigiano (una vera bomba!). Il locale mantiene l’atmosfera e l’arredamento di un pub irlandese, con qualche simpatica eccezione. Tipo le lettere dello Scarabeo utilizzate come segnaposti sui tavoli di legno massello.
Mi sposto in Lower Pembroke street, nel cuore della Dublino georgiana, per sperimentare un gastropub quasi tutto ➝
Ogni sabato mattina, a Dublino, si apre il Temple Bar Food Market, dove aziende agroalimentari locali e coltivatori diretti vendono i loro prodotti biologici
dedicato ai prodotti di mare: Matt The Thresher, il locale di proprietà di Jimmy e Charlotte Lyons, con Stephen Caviston come chef, serve il miglior fish & chips della città, e anche le fantastiche ostriche di Carlingford Lough, nel Nordest dell’isola. Nel 2011, durante la visita in Irlanda del presidente Obama, Michelle volle visitare questo gastropub proprio per i nobili molluschi. Abbiamo anche noi avuto l’onore dell’assaggio: la tappa è imperdibile, garantito.
Volendo provare poi un vero ristorante, quasi all’unanimità mi consigliano Mickael Viljanen, lo chef stellato del ristorante The Greenhouse. Nato a Stoccolma e cresciuto in Finlandia, si è affermato molto giovane in Irlanda, con il suo riuscito mix di sapori irlandesi e nordici. Dal 2012 è a Dublino nel ristorante di Eamonn O’Reilly, dove esprime tutta la sua creatività partendo da una buona base di prodotti tradizionali. Il ristorante si trova in Dawson Street, a due passi dalla National Gallery of Ireland. Mickael ama i contrasti estremi: forte acidità alternata a improvvise dolcezze. Come nel Foie gras reale, con mela, noce caramellata e anguilla affumicata o nelle Madeleine al latte, sedano, cetriolo, aneto, finocchio e polline di mimosa. Nel 2016 ha ottenuto la prima stella Michelin.
In Shelbourne Road al numero 2, in un ex pub che per anni ha spillato fiumi di birra dopo le partite di rugby del vicino Aviva Stadium, dal dicembre 2009 c’è The Chop House. È il tempio della carne irlandese, dove Kevin Arundel, il titolare, e Kevin Gallagher offrono i tagli più pregiati di manzo Hereford o di Angus in piatti molto ben costruiti.
Mi rendo conto che è sabato e che alle dieci di mattina, in Meeting House Square, nel famoso quartiere «gastromusicale» di Temple Bar, si apre il Temple Bar Food Market, un mercatino biologico di prodotti provenienti dalle fattorie intorno a Dublino. Ci vado e mi sembra di riconoscere tra i venditori allevatori, coltivatori e pescatori che avevo incontrato nella contea di Waterford. A questo punto il cerchio è chiuso e, soddisfatto, mi concedo una mezza dozzina di ostriche, bagnate da una pinta di Guinness. INDIRIZZI Barron’s Bakery & Coffee House, Cappoquin, barronsbakery.ie – Knockanore Irish Farmhouse Cheese, Ballyneety, Knockanore, knockanorecheese.com – The Apple Farm, Moorstown, Cahir, theapplefarm.com – Omega Beef, Clashavaugha, Ballymacarbry, Clonmel, omegabeefdirect.ie L. Mulligan Grocer, Dublino, lmulligangrocer.com Matt The Thresher, Dublino, mattthethresher.ie – The Greenhouse, Dublino, thegreenhouserestaurant.ie – The Chop House, Dublino, thechophouse.ie – Chapter One, Dublino, chapteronerestaurant.com INFORMAZIONI PRATICHE Come arrivare: si vola da Milano e da Roma a Dublino andata e ritorno con Aer Lingus (aerlingus. com), da Bergamo e da Roma con Ryanair (ryanair.com/it).
Dove dormire: a Dublino, Riu Plaza The Gresham Dublin, doppia con colazione 185 euro (riu.com); oppure Academy Plaza Hotel, doppia da 118 euro (academyplazahotel.ie). A Waterford, Waterford Castle, doppia con colazione 218 euro (waterfordcastle.com). A Dunmore East, poco fuori Waterford, The Strand Inn, doppia con colazione 130 euro (thestrandinn.com).